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Getting to zero: verso la prevenzione dell'AIDS

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Quarantenni senza freni: «Aids, contagio con il sesso»

«Getting to zero», ovvero zero nuove infezioni, zero discriminazioni e zero morti Aids correlate. È lo slogan coniato per il "world Aids

day", giornata mondiale dedicata all'Aids (in calendario il primo dicembre), infezione virale che nel mondo - dal 1981, anno del suo esordio

- ha contagiato oltre 34 milioni di individui; più di 10.000 nella nostra regione.
Spenti i riflettori (e le invettive, ricordate? È la punizione di Dio, si diceva) dopo le morti famose di Rock Hudson e Freddie Mercury, di

Aids e sieropositività si è via via parlato sempre meno nelle case, a scuola e sui giornali, ma l'infezione ha continuato a diffondersi. Nei

paesi africani, soprattutto, dove le costose terapie antiretrovirali sono un sogno e quindi i decessi legati all'Aids più numerosi. Le stime

indicano in 1,8 milioni i decessi nel 2010 per patologie correlate all'Aids.
DALL'AGO AL SESSO. C'è un file rouge a unire i malati africani ai nostri. Se trent'anni fa il principale veicolo di contagio era la siringa

che i tossicodipendenti si scambiavano durante il rito del buco, oggi ci si infetta a causa del sesso non protetto. Conferma il dottor

Maurizio Gomma, responsabile del Dipartimento delle dipendenze dell'Ulss 20, sito in via Germania 20: «Negli ultimi anni la scoperta di nuove

persone sieropositive, su base regionale e nazionale, non accenna a diminuire. Si stima che in Italia le persone con infezione da Hiv siano

140.000. Il dato più significativo è che un sieropositivo su quattro non sa di essere infetto. Significa che nel Veneto, dove la platea di

soggetti sieropositivi è di 13.190 unità, altri 2.000 non sanno di esserlo».
COMPORTAMENTI A RISCHIO. «I dati in nostro possesso», conferma il dottor Oliviero Bosco, coordinatore del Centro di medicina comunitaria, «dicono che nell'ultimo quinquennio la popolazione complessiva dei nuovi sieropositivi risulta composta per oltre il 40% da persone che

riferiscono come comportamento a rischio i rapporti eterosessuali. Per le donne tale comportamento a rischio rappresenta addirittura il 72%

dei casi, mentre nei maschi viene indicato dal 34%. Riassumendo, il rapporto eterosessuale è responsabile del 44% delle infezioni, quello

omosessuale del 27%».
A proposito di omosessuali, annota il dottor Gomma: «Anche i gay hanno purtroppo disimparato a usare il condom, in particolare i più giovani.

Quelli più avanti con l'età, che negli anni Novanta hanno visto morire molti loro amici, per fortuna continuano a proteggersi».
IL RUOLO DELLE DROGHE. Il dottor Gomma non usa mezze parole. «Un ulteriore impulso alla nuova ondata di infezioni», ammonisce, «è da attribuire alla sempre maggiore diffusione di droghe tra i giovani, droghe che portano spesso a incrementare un'attività sessuale promiscua,

non protetta e in condizioni di disinibizione. Come reagire? Promuovendo attivamente l'offerta del test Hiv nei servizi sanitari e per le

dipendenze laddove si rilevi l'esistenza di comportamenti a rischio di contagio».