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Alcol: un'arma in più contro la dipendenza

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Alcol: un'arma in più contro la dipendenza
La dipendenza da alcol è una vera e propria malattia, con le sue cause psichiche e fisiologiche, i suoi fattori di rischio, ambientali e

genetici, le sue fasi e la sua cura. Se ne è parlato a Roma, nel corso di una conferenza organizzata dall'azienda farmaceutica Merck Serono,

produttrice di un nuovo medicinale contro la "alcol addiction". Il farmaco, basato sul principio attivo acamprosato, è un neuromodulatore

indicato nel mantenimento dell'astinenza nel paziente alcodipendente ed è già in uso in 40 Paesi da più di 20 anni.
Al dibattito, moderato dal giornalista Alessio Vinci, hanno preso parte Mauro Ceccanti, responsabile del centro di Riferimento Alcologico

della Regione Lazio, che ha parlato delle scelte terapeutiche a disposizione; ed Alfio Lucchini, psichiatra e direttore del Dipartimento

Dipendenze ASL Milano 2 e presidente nazionale FeDerSerD (Federazione Italiana degli Operatori dei Dipartimenti e dei Servizi delle

Dipendenze), che ha presentato la situazione epidemiologica dell'alcolismo in Italia, soffermandosi sull'importanza del trattamento

farmacologico a sostegno della psicoterapia.
L'abuso di alcol coinvolge oggi un milione e mezzo di persone in Italia ed è causa di 30mila morti annui (2 milioni e mezzo nel mondo!),

soprattutto fra i giovani sotto i 26 anni, oltre che di un omicidio su quattro (per comportamenti violenti legati al consumo) e di un

suicidio su sei. Ma se la diffusione dell'abuso e della dipendenza da alcol è ben nota all'opinione pubblica, che la descrive infatti come

una "epidemia sociale", la percezione dello spaccato del fenomeno è ancora condizionata da una visione parziale. "Il senso comune è abituato a pensare a chi fa abuso di alcol come ad individui senza fissa dimora o al popolo delle discoteche, anche a causa dell'immagine, reale, ma non esaustiva, diffusa dai mass media", ha fatto notare Ceccanti. La dipendenza da alcol, continua il professore, è una vera e propria patologia, cronica e recidivante, di tipo fasico, che vede fattori ambientali, psicologici e biologici partecipare alla genesi del cosiddetto "alcolista".
La dipendenza da alcol si sviluppa in tre momenti principali - spiega Ceccanti - distinti per capacità di controllo sul desiderio/bisogno di

assumere bevande alcoliche: ad una prima fase di tipo "sociale", in cui l'utilizzo delle sostanze è stimolato dai fattori ambientali e

caratterizzato dalla produzione di dopamina (neurotrasmettitore dall'effetto gratificate che gioca un ruolo fondamentale nella formazione

delle dipendenze); segue una seconda fase in cui, per via della diminuzione del rilascio di dopamina e della sua sostituzione con il

glutammato, si attivano circuiti di tipo "negativo" che innescano la dipendenza. Con l'abuso reiterato di alcol, questa seconda fase, in cui

la dipendenza è ancora controllabile dalla volontà, cede il passo ad un terzo stato "compulsivo" in cui l'impulso non è più controllabile. È

il cosidetto "carving", ovvero un bisogno incoercibile di bere. La seconda e la terza fase sono caratterizzate dalla crescente produzione

dell'amminoacido glutammato, il principale neurotrasmettitore eccitatorio nel sistema nervoso centrale, il cui eccesso provoca gravi danni

alle cellule celebrali. È in queste due fasi che l'acamprosato può essere utilizzato con successo, in associazione alla terapia di tipo

psicologico, grazie all'azione normalizzante sull'equilibrio glutammatergico, diminuendo l'incidenza, la severità e la frequenza delle

ricadute, che mettono a rischio il successo del percorso terapeutico dell'alcolista.
Ma se l'immissione del farmaco in Italia, in commercio dal 13 maggio, ha arricchito l'arsenale di "armi" contro la dipendenza da alcol - e

dunque contro mortalità, morbilità (patologie associate come cardiopatie, tumori, cirrosi epatica, ecc.), spese sociali (perdita di

produttività, assenteismo, disoccupazione) e costi sanitari (53 miliardi di euro l'anno: il 3,5% del PIL) dovuti all'abuso di alcol - c'è

ancora un gap molto importante fra gli individui che avrebbero bisogno di una cura - il milione e mezzo di alcodipendenti sui 4 milioni di

consumatori di alcol - e quelli che seguono una terapia, la cui stima è limitata alle 100mila unità. Di queste persone in trattamento,

inoltre - sottolinea Alfio Lucchini - solo 23mila assumono una cura farmacologica.
L'informazione mirata a sensibilizzare le figure professionali coinvolte dal fenomeno alcol, che interessa diversi abiti dell'assistenza

sanitaria (medici ed équipe di approccio psicosociale, socio riabilitativo, comunitario, ecc.), dovrà sottolineare la necessità di una

convergenza fra scienza medica e psicoterapica, necessaria ad abbattere gli ostacoli che ancora limitano l'accesso dei pazienti alla terapia

più adeguata al loro caso. In particolare, la difficoltà prescrittoria da parte degli specialisti che, soprattutto in caso di terapie a medio

e lungo termine, hanno avuto un ventaglio di scelte farmacologiche da associare al percorso psicoterapico finora limitate alle due opzioni

tradizionali. Parliamo dei farmaci che sfruttano il meccanismo "emulatorio" (riproducendo l'effetto dell'alcol, si sostituiscono ad esso, per

poi essere via via eliminati) e di quelli basati invece su un meccanismo "punitivo" (associati all'alcol, provocano un malessere tale da

renderne il consumo sgradito). Due scelte ancora valide, a seconda dei casi, a cui l'acamprosanto si affianca costituendo un'alternativa

efficace e ben tollerata per il mantenimento dell'astinenza, con notevoli benefici non solo per il bevitore, ma anche per le famiglie e per

il contesto allargato in cui vive.
Giulia Volpe