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Antidolorifici come droghe: i rischi per gli adolescenti

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Uno studio condotto dal dott. Yong Zhang della Rockefeller University di New York (Usa), pubblicato oggi su

'Neuropsychopharmacology', ha messo in guardia tutti sull'uso dell'ossicodone, un antidolorifico oppiaceo.
Specialmente in America del Nord, molti fra gli adolescenti consumano questa sostanza, acquistabile a poco prezzo, al posto

degli stupefacenti "classici" come eroina o cocaina. L'ossicodone provoca infatti nei ragazzi uno "sballo" assimilabile a

quello delle droghe tradizionali e, come quest'ultime, è in grado di creare dipendenza.
La ricerca è stata realizzata su un modello animale, e ha messo a confronto le reazioni di esemplari adolescenti e adulti

all'oppioide, il cui abuso fra i giovani rappresenta un problema e un rischio crescenti, specie negli Stati Uniti. Si tratta

di un fenomeno che inizia spesso nei primi anni dell'adolescenza o subito dopo, e sembra aver aver in parte rimpiazzato -

almeno negli States - il ricorso ad altre sostanze stupefacenti. Se infatti fra i giovani americani l'uso di droghe fuori

legge è sceso del 24% negli ultimi anni, l'abuso di farmaci da prescrizione (come quelli a base di idrocodone e ossicodone)

si è moltiplicato: il 10% degli alunni più grandi dei licei statunitensi ammette di farne uso, in cerca di sballo.
Benché ormai sia noto che l'abuso di ossicodone spesso inizia proprio sui banchi di scuola, finora si sapeva poco sugli

effetti di questa sostanza per il cervello in fase di sviluppo degli adolescenti. Ora il gruppo di Zhang ha scoperto che i

topolini 'adolescenti' tendono ad autosomministrarsi meno ossicodone rispetto agli animali adulti, indizio dell'aumentata

sensibilità al farmaco dei giovani animali. Non solo: i topi esposti alla molecola durante l'adolescenza sono anche più

sensibili alla droga se vengono riesposti a questa sostanza una volta adulti.
Questi risultati, spiegano gli studiosi, suggeriscono che l'ossicodone scatena modificazioni funzionali nel cervello degli

adolescenti, che si conservano molto a lungo. Una migliore comprensione di queste alterazioni, che alla fine portano alla

dipendenza, potrà aiutare a mettere a punto nuove terapie per quanti già sono schiavi di questo antidolorifico.