Gli stupri e le feste: una nuova emergenza
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Lo stupro è una violenza insopportabile che nell'immaginario collettivo ha caratteristiche precise: c'è una vittima, una donna, e uno sconosciuto, un predatore, un uomo. La violenza sessuale ha attraversato la storia del genere umano, le donne si tramandano da generazioni, quasi geneticamente, comportamenti di allerta se si trovano in situazioni che possono richiamare il pericolo, se sono sole, se è buio, se le strade sono deserte. Quello che le donne non raccontano e non insegnano alle loro figlie, quello che le donne tacciono da sempre è che lo stupro peggiore non arriva da fuori, non è un estraneo a strappare il piacere dal corpo delle donne, ma un parente, un amico, un conoscente. E quasi sempre le donne si vergognano a parlarne, si sentono comunque colpevoli.
In Italia, secondo l'ultimo rapporto Istat, il sommerso è elevatissimo, nel caso degli stupri la quasi totalità non è denunciata (91,6%). È consistente la quota di donne che non parla con nessuno delle violenze subite (33,9% per quelle subite dal partner e 24% per quelle da non partner). In realtà la maggioranza degli stupri denunciati è quella ad opera di sconosciuti. Le vittime sono giovani dai 16 ai 24 anni (16,3%) e dai 25 ai 24 anni (7,9%). Il 69,7% degli stupri, è opera di partner, il 17,4% di un conoscente. Solo il 6,2% è stato opera di estranei.
Negli ultimi mesi la cronaca ci costringe ad una riflessione drammatica, perché gli stupri da prima pagina hanno caratteristiche diverse da quelle del marito violento, dello zio e dell'amico di famiglia depravato o dello straniero. Sono amici, conoscenti e spesso è una situazione di festa, di divertimento condivisa con altri coetanei:lo stupro di Capodanno a Roma, lo stupro sulla spiaggia intorno al falò, lo stupro a casa per la festa di compleanno in Sicilia, il presunto stupro di Rovigo o quello di Riccione sulla spiaggia.
In America lo chiamano "Date Rape" o "Acquaintance Rape", la traduzione letterale non aiuta a capire il fenomeno, "stupro su appuntamento" o "Stupro di un conoscente", ma il fenomeno dall'altra parte dell'oceano è seguito da anni. Nei fatti si tratta di atti sessuali non consensuali , ovvero compiuti senza il permesso "consapevole" della vittima e qualche volta senza "consapevolezza" neppure dell'autore dello stupro, tra persone che si conoscono o si incontrano in situazioni sociali: feste, cene, discoteche. Contesti ludici, di svago e di alcol, tanto alcol, quando va bene. Nella realtà giovanile contemporanea al momento di festa si associa sempre più spesso anche il consumo di sostanze psicoattive illegali come la cannabis o la grande famiglia delle "Club Drugs": amfetamine, meta-amfetamine, Ghb, ketamine. Il Ghb, acido gammaidrossibutirrico, un sale sodico incolore e insapore, è diventato particolarmente famoso come "droga dello stupro". È un farmaco ad azione sedativa utilizzato per il trattamento dell'alcolismo, ne potenzia gli effetti se assunto contemporaneamente. Quali effetti? Rilassamento, disinibizione, euforia e rallentamento dei tempi di reazione, alterazione delle funzioni cognitive di attenzione e memoria: sotto l'effetto del farmaco/droga il ricordo delle esperienze vissuto è difficilmente recuperabile, spesso emergono frammenti molto confusi. Gli effetti durano 4-6 ore, può essere rilevato nel sangue e nella saliva fino a 5 ore dopo l'assunzione e 12 ore dopo nelle urine.
Difficile che 24 ore dopo si possa ricostruire cosa è successo, ma anche senza Ghb, l'alcol è un considerata un delle droghe da stupro per eccellenza, disinibisce, altera la percezione, facilita comportamenti violenti e contemporaneamente rende meno capaci di reazioni. Così nelle notte dei divertimenti dei giovani italiani il fenomeno cammina di pari passi con la tendenza al Binge-Drinking del sabato sera, bere fino a stordirsi e, sempre più spesso, fino a consumare del sesso senza consenso e senza volontà o senza potersi difendere. "Date Rape" è stupro comunque, ma è un'altra emergenza sociale trascurata al punto da non avere un nome ufficiale, clinico, legale e condiviso con cui tradurre il fenomeno in italiano. Non avere un nome significa non esistere.