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"iDisorder": una nuova generazione di dipendenze

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Dipendenza dai videogiochi. Come combatterla?

Si comincia fin da piccoli. Prima un giochino elettronico, poi un altro e poi ancora. Ci si lascia affascinare da videogiochi sempre più sofisticati e seducenti. Fino a cadere nella trappola del consumo ossessivo, della vera e propria dipendenza patologica. E’ un passaggio graduale che non sempre si riesce a percepire dall’esterno. Oggi i ragazzi con il pc fanno di tutto: studiano, ascoltano musica, dialogano con gli amici. Un tempo non era così e risultava più facile – pur con qualche intoppo – controllare i propri figli, monitorandone le fasi di crescita e correggendone gli errori passo dopo passo. Poi è arrivata la PS, la PS portable e a ruota tutti gli altri videogiochi online.
Quanti genitori si trovano a dover combattere contro questo nuovo nemico? Con i figli ore ed ore rinchiusi in una stanza o alla tv con stretto in mano il fedele joystick. Presi dall’ossessione dei videogiochi, isolati dal mondo e nevrotici. Inseparabili dai loro oggettini anche quando sono in compagnia, al mare, al ristorante, in gita. Poco avvezzi alla socializzazione. Il video li attrae come una calamita, li rapisce. Qual è la sua forza? Lo spiega bene lo psicologo Larry Rosen - colui che ha coniato il termine ’iDisorder’ per indicare i disturbi compulsivi legati all’uso delle nuove tecnologie – quando dice: “I videogiochi stimolano la produzione di alti livelli di dopamina nel cervello, che il nostro cervello interpreta come piacere e ci spinge a volerne sempre di più”. Una droga.
E allora, quali armi abbiamo noi genitori per opporci a questa dipendenza? Non è facile trovare la strada maestra e l’esasperazione ha spinto qualche genitore a fare le cose più bizzarre. In Cina, il signor Feng – padre di un giovane di 23 anni senza lavoro che lasciava trascorrere le sue giornate davanti ad una consolle, manifestando evidenti disturbi del comportamento – ha ingaggiato alcuni killer digitali per far eliminare il suo avatar, cioè l’identità digitale con cui si gioca in rete. Commettendo un ‘omicidio virtuale’. Un gesto simbolico e nulla più. Tra l’altro, non è trascorso molto tempo prima che suo figlio se ne accorgesse e la sua reazione non è stata delle migliori. I due hanno litigato aspramente e solo dopo tempo sembra che si siano riappacificati. Il caso di Feng, certo, è particolare. Di fatto, questa ossessione può insinuarsi a qualsiasi età, anche nei ragazzini ancora immaturi. Il fenomeno è in crescita allarmante proprio tra i più piccoli. Ecco perchè forse l’unico valido strumento per noi genitori resta quello d’intervenire con insistenza per riportare i nostri figli ad un più equilibrato contatto con il mondo esterno, con le relazioni interpersonali. Perchè, se secondo l’esperto di gambling (gioco d’azzado online) Mark Griffiths la dipendenza da videogiochi si misura dalle conseguenze che provoca sulla propria esistenza e non dalle ore passate davanti al pc – per cui il problema sarebbe meno grave per chi non ha un lavoro o una famiglia propria con figli nè alcuna responsabilità – resta il fatto che gli eccessi sono sempre da evitare perchè forieri di conseguenze negative e che il soggetto dipendente deve essere aiutato da chi gli sta intorno, non essendo lui consapevole del baratro in cui è sprofondato.

 

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)