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News di Alcologia

Le dipendenze fra aggregazione e identificazione

Le dipendenze fra aggregazione e identificazione

Le dipendenze fra aggregazione e identificazione


Dott.ssa Valentina Carretta

In queste righe vorrei provare a riprendere il tema osservandolo mediante altre due parole chiave: aggregazione e identificazione.

L’imperativo sociale contemporaneo pare essere diventato “Godi!”, “Divertiti!”, “Perché no?!”, mentre, ai tempi di Freud, ma anche in tempi non così lontani, il programma della civiltà che orientava il vivere comunitario era quello morale del “dovere”, della “rinuncia” a parte della propria pulsionalità, per poter stare nel contesto sociale. La contemporaneità non sembra affatto continuare ad esigere questa rinuncia, ma anzi, pare incentivare il soddisfacimento immediato e quasi richiederlo. Ci troviamo quindi in una condizione per cui l’imperativo del dover godere a tutti i costi sembra orientare la nostra condotta.

Le nuove dipendenze, l’aumento delle patologie connesse ai fenomeni di dipendenza, sembrano rispecchiare un contesto socio-culturale caratterizzato dal declino di quella che potremmo chiamare “funzione paterna” (alcuni accenni al tema sono presenti nell’articolo ““Forza figliolo andiamo” Due note sulla funzione paterna”) – funzione deputata non solamente ai padri familiari, ma anche ai padri istituzionali – dal declino del senso del limite e delle istituzioni che fungevano da punto di riferimento ideale-simbolico (scuola, stato, chiesa…) e che, pian piano, stanno venendo a perdere la loro centralità e importanza.

    Dipendenze e aggregazione: il contesto nel quale ci muoviamo oggi porta con sé un utilizzo diverso delle bevande alcoliche e di alcune tipologie di droghe. L’uso contemporaneo, in alcuni contesti, si caratterizza per essere un uso di tipo sociale. Osserviamo quindi un cambiamento di prospettiva importante rispetto all’epoca in cui sono cresciuti i nostri nonni e i nostri genitori. L’alcool non porta più all’isolamento e all’emarginazione di un soggetto, ma anzi è proprio ciò che facilita la sua inclusione nel gruppo, il legame sociale, e, paradossalmente, la mancanza di risposta affermativa di fronte all’invito ad alzare il gomito, all’appello del discorso sociale di cui fa parte il gruppo, può portare all’emarginazione e all’esclusione. La bottiglia, così come la droga, fanno da mediatori, da carta di accesso al gruppo. In alcune circostanze l’assunzione di alcool o sostanze ha un effetto ansiolitico rispetto all’apprensione che possono generare determinate relazioni o incontri sociali.
    Questi soggetti utilizzano alcool e droga quasi esclusivamente in momenti di aggregazione, ad esempio nei fine settimana e, generalmente, l’assunzione della sostanza o la ricerca di essa non invade la vita settimanale.

Osservando questo comportamento, ancora una volta, possiamo notare come il quadro delle dipendenze sia articolato e complesso. In un simile quadro notiamo come tossicomania, alcolismo e disturbi alimentari, ad esempio, non facciano sintomo, ovvero non creino questione e problema al soggetto (questo punto è stato messo in luce anche nell’articolo “Anoressia, bulimia e obesità: breve introduzione ai più diffusi disturbi del comportamento alimentare”), ma anzi possano essere funzionali in quanto permettono il legame sociale e l’aggregazione. Non ultimo, soprattutto nella fase dell’adolescenza in cui il soggetto è alla ricerca della propria identità, offrono un’identità ben definita e connotata precisamente: “sono un alcolista”, “sono un’anoressica”. L’identificazione è così forte che non è infrequente incontrare in seduta ragazzi e ragazze che dicono questo di sé prima, o anziché dire, “Sono Andrea”, “Sono Monica”.

    Dipendenze e identificazione: in questo caso, diverso dal precedente, notiamo come il soggetto scompaia. Ci troviamo ora di fronte ad un soggetto che ha imparato a nominarsi attraverso il sintomo, che si identifica al sintomo, e senza il sintomo scompare, non sa dire cosa sia, per sé e per gli altri. Guardando alle dipendenze da questo punto di vista è possibile comprendere più facilmente come queste persone non presentino affatto una domanda di cura e non si rivolgano spontaneamente ad un professionista, nonostante le evidenze che spesso vengono rimarcate da chi vive attorno a loro (familiari e amici innanzitutto). Nei casi in cui, invece, la persona decida di rivolgersi ad un professionista si incontrano comunque delle importanti difficoltà nel trattamento legate alla particolarità di questi sintomi che sono, innanzitutto, una soluzione per il soggetto. Non dobbiamo mai dimenticare, infatti, che il sintomo ha un senso e un valore intrinseco.

Le dipendenze possono quindi essere interpretate come un messaggio, un segnale prezioso, che il soggetto invia all’altro, un messaggio criptato – criptato per lo stesso soggetto – che necessita una chiave per essere decifrato.

 La persona pone una domanda che passa attraverso il corpo perché non riesce a trovare espressione mediante la parola.
Se osserviamo trasversalmente i fenomeni di dipendenza possiamo notare come le tossicomanie e l’alcolismo si situino maggiormente sul versante maschile e siano connesse al tema della legge, mentre invece i disturbi alimentari siano prevalentemente sul versante femminile e connesse al tema dell’immagine. La loro radice è tuttavia comune e infatti, in tutti i casi, parliamo di dipendenze e la clinica ci mostra come non siano infrequenti fenomeni di comorbidità, ovvero di polidipendenze.

Utilizzare la sostanza (cibo, alcool, droga) è un tentativo di fornire una risposta a un problema, ma nessun oggetto riuscirà, fino in fondo, a soddisfare una domanda che non è sul piano del bisogno (“ho fame di cibo”), ma sul piano del desiderio (“ho fame di amore”).

 

(...omissis...)


copia integrale del testo si può trovare al seguente link:
http://disturbialimentari.dottoressacarretta.it/articolo-21-dipendenze/

 

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)