Solo l'educazione disintossica
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"Iniziative utili, perché possono creare una certa mentalità, al contrario di altre: però bisogna andare oltre". Don Tonino Lasconi, esperto di questioni giovanili, commenta in questi termini il divieto di vendere alcolici ai minori di 16 anni su tutto il territorio della città di Milano, introdotto dal sindaco Letizia Moratti. "Il rischio - spiega Lasconi - è che tutto si risolva in una trovata pubblicitaria, magari con un testimonial famoso per la pubblicità in tv. In questo modo, ci si scarica la coscienza, demandando poi ad altri il compito di risolvere il problema". Il "grosso equivoco", commenta Lasconi, sta nel non comprendere che "iniziative del genere servono a farci stare tranquilli, ma corrono il rischio di rivelarsi inutili. Se si continuano a dare ai giovani indicazioni di un tipo di vita che porta allo stordimento e allo sballo, non ci si deve poi sorprendere del fatto che i giovani siano tentati di aggirare l'ostacolo, magari mandando un amico che abbia compiuto i 16 anni a comprare l'alcol". È quella che Lasconi definisce "la soluzione della pasticca", in base alla quale "si cura il sintomo, non la causa". Gli adulti, invece, "devono capire che non si può curare con le cose tutto quello che non fa parte del mondo delle cose". E devono cominciare a "impegnarsi realmente sul piano educativo".
"Si tratta di un passo avanti perché stiamo superando la logica dell'abbandonare l'adolescente a se stesso", ma "andrebbe integrata con la promozione di progetti di educazione tra pari" commenta a sua volta Tonino Cantelmi, psichiatra e presidente dell'Associazione psicologi e psichiatri cattolici (Aippc). Lo psicologo osserva quindi che il provvedimento "si muove nella logica per la quale l'adulto (la famiglia destinataria di multa in caso di trasgressione) non può esimersi dall'essere in qualche modo presente nelle scelte dei ragazzi e attenta ai loro comportamenti, e introduce un divieto, ossia un limite che di per sé è molto pedagogico". Aspetti che l'esperto giudica "positivi anche se andrebbero integrati con un ulteriore elemento: l'educazione tra pari valorizzando la scuola, le associazioni, gli oratori e le parrocchie". Tipica dell'adolescenza, spiega Cantelmi, "è infatti la messa in discussione dei modelli adulti: per questo va favorita l'educazione tra pari avviando dei progetti in tale senso. Occorre cioè pensare a contesti e formule in cui gli adolescenti che hanno fatto scelte responsabili di vita buona possano testimoniarle ai coetanei: la trasmissione di esperienze positive da giovani ad altri giovani ha un notevole impatto emotivo sull'adolescente e pertanto costituisce una via con molte più probabilità di successo".
A chi valuta il provvedimento in senso negativo e sventola lo spauracchio del proibizionismo e della repressione, Cantelmi replica: "Questa posizione rispecchia il convincimento, ormai superato, che l'adolescente sia capace di autoresponsabilizzazione e autoregolamentazione. Tutti i dati più recenti a nostra disposizione dimostrano viceversa che non è così. La regolazione di sentimenti, emozioni e comportamenti è frutto di una interazione adulto-bambino, adulto-ragazzo, adulto-adolescente". Il presidente Aippc invita a fare attenzione anche al linguaggio: "Non si può parlare di repressione - avverte - per due motivi. Anzitutto perché in questo caso non si tratta di reprimere qualcuno che sarebbe in grado di autoregolarsi e quindi di scegliere in maniera consapevole; in secondo luogo perché la repressione vieta l'esercizio di un diritto quale certamente non è quello allo sballo (da alcol o qualsiasi altra sostanza)". Ampliando il discorso Cantelmi osserva: "Chi ritiene che fare un'esperienza, anche negativa, possa essere utile perché aiuta a crescere, è in grave errore: l'esperienza negativa lascia sempre tracce negative. Non esiste pertanto il diritto a perdere il controllo di se stessi, fare uso di sostanze, alterare lo stato di coscienza, perché ciò determina distorsioni e fenomeni di crescita alterati. L'importante non è fare esperienze, bensì fare esperienze sane".
"Il bambino, l'adolescente ha bisogno di regole, di regole poste con autorevolezza e con amore, e di qualcuno che aiuti a riconoscere e a condividere queste regole". È quanto scrive infine Evaristo Campomori, direttore del settimanale diocesano di Imola Il nuovo Diario messaggero, commentando l'ordinanza del Comune di Milano che prevede il divieto di vendita e consumo di alcolici per i minori di 16 anni; iniziativa che sta suscitando l'interesse di molti altri Comuni della Penisola. Nel dibattito attuale, afferma Campomori, potrebbe essere "un discorso motivato quello di chi sostiene che la repressione non è la medicina più adatta per chi ha problemi esistenziali o più semplicemente per chi resta prigioniero di questa ‘moda' fatta propria dal gruppo dei coetanei". Per Campomori, "se il fine di una istituzione è la ricerca del bene comune, come si fa ad accettare un simile fenomeno? Ci vuole il coraggio di dire che lo sballo è un male sociale e che, come tale, va classificato e combattuto anche a livello normativo. E ciò in parallelo con un grande sforzo educativo che coinvolga anche genitori, scuola, associazioni".