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University of California: considerazioni sui danni del tabacco

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Sigarette radioattive: Big Tobacco sapeva

L'analisi dei documenti ha consentito ai ricercatori di affermare che "l'industria era ben consapevole della presenza di sostanze radioattive

nel tabacco già prima del 1959". Ed era anche preoccupata. Al punto da condurre per decenni studi che valutassero l'effetto dell'isotopo

radioattivo sui fumatori, compresi "calcoli radiobiologici per stimare l'assorbimento a lungo termine nei polmoni delle particelle alfa

emesse dal fumo di sigaretta".
Non basta: "abbiamo dimostrato che l'industria ha usato comunicazioni ingannevoli per confondere le acque sul rischio di particelle

ionizzanti che raggiungono i polmoni dei fumatori e - cosa più importante - ha impedito tutte le pubblicazioni sulla radioattività del fumo",

ha affermato il primo autore dello studio, Hrayr S. Karagueuzian, professore di Cardiologia alla University of California Los Angeles (UCLA).
Nel frattempo, però, è diventato sempre più chiaro come il polonio-210 potesse dare il via allo sviluppo di tumori polmonari.
Le particelle radioattive, hanno spiegato gli autori, si accumulano nelle biforcazioni bronchiali, formando dei «punti caldi» da cui poi di

disperdono nei polmoni. Diverse ricerche hanno evidenziato come i tumori polmonari si espandano proprio dalle biforcazioni bronchiali dove si trovano questi «punti caldi». "Siamo abituati a pensare che soltanto le sostanze chimiche contenute nelle sigarette possano causare il cancro ai polmoni", ha aggiunto Karagueuzian. "Ma il caso di questi «punti caldi», conosciuti dall'industria così come dall'Accademia, rafforzano

l'idea che esista la possibilità di sviluppo nel lungo termine a partire dalle particelle alfa. In pratica, se siamo fortunati, le cellule

irradiate dalle particelle alfa muoiono. Se non lo siamo, possono mutare e diventare cancerose".
Due volte colpevoli
Ad aggravare la posizione di Big Tobacco, per i ricercatori, c'è un altro elemento. Benché consapevoli dei rischi dell'esposizione al

polonio-210, non ha messo in atto nessuna contromisura. E ciò, nonostante le aziende disponessero fin dal 1959 delle tecniche per eliminare dalle foglie di tabacco i residui di materiale radioattivo. Tecniche ulteriormente perfezionate nel 1980 con la messa a punto del lavaggio

acido.
Perché non usarle, allora? L'industria ha spesso addotto tra le ragioni l'aumento dei costi o l'impatto ambientale dell'impiego di queste

tecniche, ma la spiegazione data dai ricercatori è un'altra. "L'industria era preoccupata che il lavaggio acido ionizzasse la nicotina,

rendendo più difficile il suo assorbimento a livello cerebrale e privando i fumatori del piacere connesso alla nicotina essenziale per

alimentare la dipendenza", ha spiegato Karagueuzian.


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)