Cuore e droghe: danni importanti ma sottostimati sia nei consumatori abituali che saltuari
Cuore e droghe, danni importanti ma sottostimati sia nei consumatori abituali che saltuari
Tutte le principali droghe conosciute (cocaina, anfetamine, ecstasy, cannabis, oppioidi, droghe “da sballo”, ma anche tante altre sostanze naturali o sintetiche), hanno un effetto cardiotossico e possono determinare o favorire l’insorgenza di ogni tipo di patologia cardiaca, anche grave o mortale come aritmie, infarto miocardico, cardiomiopatie, scompenso cardiaco, endocarditi, edema polmonare, sincope, ipertensione arteriosa e polmonare, trombosi vascolare, dissezione aortica, ictus/emorragia cerebrale e morte improvvisa.
Danneggiano le coronarie favorendo una precoce e accelerata formazione di placche aterosclerotiche con ostruzione del lume vasale, la trombosi spontanea anche su vasi sani, il vasospasmo, la dilatazione patologica e perfino la rottura dei vasi.
Danneggiano inoltre il muscolo cardiaco con morte delle cellule, provocando infiammazione (miocardite), dilatazione (cardiomiopatia dilatativa) o ispessimento (ipertrofia) del cuore. Condizioni che se non diagnosticate e curate, possono portare a scompenso cardiaco.
Agiscono sul sistema nervoso autonomo e sui canali ionici favorendo l’insorgenza di vari tipi di aritmie, a volte letali e favoriscono alterazioni della pressione arteriosa, della coagulazione e delle valvole cardiache. Le malattie cardiache da droghe possono manifestarsi in maniera acuta (generalmente temporalmente associata e proporzionale all’ultima dose assunta) e/o in maniera cronica, quindi, anche i soggetti che non hanno alcuna sintomatologia acuta dopo l’assunzione, se continuano ad assumere droghe, possono sviluppare nel tempo un danno cardiaco.
Fino al 6% di soggetti che arrivano in Pronto soccorso per dolore toracico dopo uso di cocaina ha un infarto cardiaco secondario a tale sostanza.
Sicuramente, il danno cardiaco da droghe è più frequente di quello che riusciamo a dimostrare e spesso sottostimiamo la reale incidenza e prevalenza delle malattie cardiache associate all’uso di sostanze stupefacenti, perché chi richiede un’assistenza medica spesso non informa gli operatori sanitari dell’uso di stupefacenti. È difficile quantificare e prevedere questo rischio, in quanto l’effetto delle droghe può variare da soggetto a soggetto in base a sesso, età, predisposizione genetica, eventuale presenza di altri fattori di rischio cardiovascolari e, nello stesso soggetto, l’effetto è variabile in base a dose, modalità, tempistica, durata di assunzione, tipo, purezza, concentrazione della sostanza e presenza di altri fattori predisponenti. L’assunzione contemporanea di altre sostanze, farmaci, fumo e soprattutto alcool può amplificare gli effetti cardiotossici in particolare delle sostanze psicostimolanti.
Il danno cardiovascolare si può instaurare non solo nel consumatore abituale (che rimane comunque a rischio più alto) ma anche in quello occasionale, a volte indipendentemente dalla quantità di sostanza assunta soprattutto se presente una particolare predisposizione genetica (non sempre nota) o altri fattori contingenti.
La cocaina può favorire l’insorgenza di ogni tipo di patologia cardiaca e aumenta fino al 23% il rischio di infarto miocardico mentre l’uso non medico della cannabis aumenta di 3-5 volte il rischio di infarto del miocardio e il 3% degli assuntori di marijuana sperimenta un’aritmia cardiaca.
L’uso endovenoso di oppioidi (o di altre droghe) aumenta di 100 volte il rischio di infezione delle valvole cardiache (endocardite). Negli Usa l’uso non medico di oppioidi sintetici con effetti antidolorifici come il Fentanyl è un vero e proprio problema di salute sociale. Tali sostanze, magari acquistate per via illegale su internet, hanno infatti aumentato la mortalità per arresto cardiorespiratorio sono stati stimati fino a circa 45-55.000 casi nel 2017 e costituiscono ora una tra le prime cause di morte nei soggetti con età compresa tra 25-65 anni.
(...omissis...)
copia integrale del testo si può trovare al seguente link:
(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.cufrad.it)