Mio padre è morto vittima di un omicidio, avvenuto sotto i miei occhi quando avevo solo nove anni.
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2013-06-25 Mio padre è morto vittima di un omicidio, avvenuto sotto i miei occhi quando avevo solo nove anni.
La mia vita è una testimonianza di un vissuto travagliato, composto da alti e bassi, una vita iniziata nell'orrore della violenza più inaudita. Partiamo dunque dal principio. Mi chiamo L. e ho superato i cinquanta. Con la mia famiglia ci siamo trasferiti dal Sud quando avevo solo cinque anni, una delle migliaia di famiglie che abbandonano il Sud Italia per cercare miglior vita al Nord.
Mio padre è morto pochi anni dopo vittima di un omicidio, avvenuto sotto i miei occhi quando avevo solo nove anni. Uno dei molti assassinii frutto di una guerra fra bande rivali. Inutile dire che quell'avvenimento segnò per sempre la mia esistenza...una madre incapace di mostrare amore e due sorelle iper-protettive fecero il resto.
All'età di quattordici anni ho provato il carcere per la prima volta, una detenzione breve che diede il via ad una "carriera" ben più consistente. Con l'appoggio dei miei zii e dei vecchi compagni di mio padre, a soli diciassette anni avevo già una mia zona di competenza: furti, rapine, spaccio ed estorsioni erano il mio pane quotidiano. Tutto questo era tanto, forse troppo per un ragazzo tanto giovane e oggi, con il senno di poi, mi rendo conto che quello fu certamente uno dei motivi che mi spinsero a utilizzare le sostanze, cocaina per caricarmi e assolvere ai miei doveri, eroina per riuscire a riposare qualche ora al giorno.
La mia è stata una gioventù segnata dalla violenza, subita qualche volta, elargita generosamente il più dei giorni. Del resto era l'unico modo che conoscevo per gestire il potere conquistato duramente e che difendevo con qualunque mezzo. Quanta cattiveria per essere solo un ragazzo, quanti pochi sorrisi, quanta tristezza nel ricordare quei giorni.
Mi sono sposato molto giovane, mi sentivo pronto e realizzato, in grado di metter su famiglia senza problemi. Del mio matrimonio ho pochi ricordi a dire il vero, è stata un'esperienza ricca solo di lunghi periodi di assenza dovuti a lunghe detenzioni. Due figli che non ho visto crescere, una convivenza serena ma priva di grandi emozioni, una fine dettata dalla stanchezza, mia e di mia moglie. Gli anni sono passati veloci, in un alternarsi di momenti di grande benessere e altri segnati dalla sofferenza, questo fino al giorno della mia separazione. Poi il tempo sembra aver rallentato la sua corsa, quasi per darmi modo di percepire completamente ciò che mi sarebbe accaduto.
Avevo deciso di cambiare vita, svolgevo un'attività che amavo e avevo trovato un mio equilibrio, quando, a causa di un incidente motociclistico, mio figlio perse la vita. Una sciagura inaccettabile, mi sentii come se mi avessero strappato un arto e ciò che più mi distruggeva era la terribile consapevolezza che la vita mi aveva tolto una parte di me che mai più avrei potuto riavere. Mi sono sentito perso, tutta la mia vita divenne un enorme fallimento. Ero stato incapace di fare ciò che per un genitore dovrebbe essere naturale, proteggere i propri figli dai pericoli.
Per circa due anni vissi in uno stato catatonico, persi il lavoro, fui incapace di qualunque reazione e, dando fondo ai risparmi di una vita, mi rifugiai in un mondo solo mio. Alcol, droga e solitudine erano il mio cielo, la mia terra, il mio mare. Tutto il resto era superfluo. Dopo oltre due anni di quella "non vita" inizia un percorso di risalita, forse per istinto di sopravvivenza o forse fu solo la disperazione stessa a stimolare i miei sensi. Ripresi a lavorare, imparai a mie spese che i sensi di colpa erano solo una scusa per giustificare la mia debolezza, un rifugio per conigli.
La mia vita sembrò prendere la giusta piega: un lavoro, una casa a pochi metri dal mare, una donna di cui mi innamorai perdutamente. Avevo bisogno di lei... divenne il mio filo di collegamento con la vita. Una relazione che sembrava perfetta, i molti interessi comuni fecero di noi una coppia forte, capace di diventare, nei momenti di difficoltà, un'unica unità vivente. Con lei decisi di condividere davvero tutto, anche le immersioni in mare, che erano sempre state un momento solo mio, di assoluta intimità con me stesso, con lei divennero momenti di estasi. Avevo il mare con i suoi colori e il suo silenzio, avevo lei incastonata in quel gioiello, avevo il cuore gonfio del più puro e sano dei sentimenti. Avevo tutto ciò che un uomo può desiderare. La fine della relazione, avvenuta nel modo peggiore, fu l'ennesima mazzata. Mi ritrovai senza una compagna, nuovamente solo, senza un lavoro, privo di una casa. Persi anche i vestiti, non avevo più nulla, anche la voglia di lottare venne meno.
Arrivò l'inevitabile ricaduta, un periodo breve che però mi diede modo di constatare quanto avevo imparato con il tempo.
Mi resi subito conto di aver bisogno di aiuto, finalmente, dopo decenni di autodistruzione, avevo la precisa consapevolezza di ciò che ero diventato. Un uomo depresso, asociale, diffidente e rabbioso. Da solo non sarei arrivato in nessun luogo.
Oggi, dopo un travagliato percorso comunitario, riesco almeno a riconoscere i miei limiti, non temo più i demoni del passato e, consapevole di non poter cancellare ciò che è stato, concentro le mie energie sul presente. Tento con discreto successo di costruire relazioni sane e guardo al futuro come ad un sentiero che, pur essendo in salita, si può percorrere a piccoli passi.