Quando mi rimisero in piedi non mi riconoscevo più allo specchio. Avevo perso ventiquattro chili Non riuscivo a reggermi ...
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Il percorso di cura presso il Centro CUFRAD mi ha fatto maturare sotto diversi punti di vista, mi ha dato la possibilità di confrontarmi con ospiti con altre problematiche, arricchendo sempre di più le mie conoscenze sul problema della dipendenza e sulle situazioni disagiate. E' servita a quello che auspicavo: non avvicinarmi mai più ad un bicchiere di alcol! Mi è servito, mi ha fortificato interiormente.
Vorrei condividere con voi parte della mia storia. Ero un bambino molto vivace, ma in confronto agli altri ero anche un bambino molto introverso e non davo molta confidenza. Adoravo molto la mia famiglia. Avevo un fratello più grande di otto anni. Mia madre era casalinga, mio padre aveva un negozio tessile; era molto appassionato di calcio. Ciò nonostante la domenica era sacra. E dopo la Messa andavamo tutti nella casa di campagna con i miei zii e i miei cugini. Verso gli otto anni la prima bugia a mio padre. D'accordo con mia madre e mio fratello, invece di andare agli allenamenti di calcio, andavo a judo dal maestro. Come tutte le bugie, prima o poi vengono scoperte. E mio padre mi chiese: cosa era quel Kimono? Ed io risposi "babbo non è un Kimono ma un Judogi". Mi rispose "sì Riccardo lo sapevo già, ma bastava che me lo dicessi e non te lo avrei impedito" (prima lezione di vita: la verità viene sempre a galla prima o poi). A scuola andavo abbastanza bene ed ero molto aperto con tutti. Poi all'improvviso la prima cotta da ragazzini. Era corrisposta e fu la prima gioia improvvisa. Il giorno dopo raccontai tutto alla mamma e lei mi disse: "sono contenta ma questo non è il vero amore della tua vita. Non devi costruire troppi castelli senza fondamenta. E' importante, non devi tralasciare il tuo sport che ami e il tuo studio. La vita va avanti, se sono rose, fioriranno, lo vedrai con il tempo". Nel frattempo le prime cose brutte della vita. I veri lutti: morirono due miei zii, fratelli di mia madre. E tutta la vita mi sembrò diversa. Mi domandai: ma che senso ha? Cercare di vivere nel migliore dei modi se la morte non ha preferenze? Cominciò a vacillare la mia credenza nella Chiesa ed in Dio. Ma fu solo per un anno, un periodo di crisi che superai riscoprendo la fede. Nel frattempo avevo una prima ragazzina ufficiale a casa. Conquistai la patente e la moto. Lo studio andava avanti ma la ragazzina ufficiale era stata un fuoco fatuo. Nel frattempo conobbi una signorina di nome R.. Mi affascinò subito tanto, al punto che dopo quattro anni mi sposai. Sembrava l'amore completo e più felice del mondo. Io e lei: una persona sola. Poi giunse G. il mio primo figlio. E da allora l'amore era diviso fra noi tre. Dopo qualche anno mia moglie era di nuovo incinta. Sarebbe stata una bambina.... Dopo anni di malattia straziante morì mio padre; mia moglie abortì spontaneamente. Dopo un po' di tempo giunse il mio secondo figlio, G.. Lavoravamo sia io che mia moglie molte ore ma per fortuna sia mia suocera che mio suocero ci davano una mano. Poi nacque il terzo figlio, G.. Un gioia immensa!! Ma povero me, durata troppo poco. Perchè all'improvviso senza nessuno preavviso, io ebbi dei forti dolori al petto e alla testa. Di corsa in ospedale. Operato la mattina dopo. Tre mesi di coma assoluto. Quattro mesi di coma farmacologico. Quando mi rimisero in piedi non potevo essere io. Era un sogno o incubo mi ripetevo. Non mi riconoscevo allo specchio. Avevo perso ventiquattro chili. Non riuscivo a reggermi sulla parte destra del corpo. Non riuscivo neppure a giocare con i miei figli. Nel frattempo, lunghe camminate verso il lago a me più vicino, e mi mettevo a parlare con i pescatori che conoscevo. Loro però fumavano e verso le undici pasteggiavano con un panino e bicchiere di vino. Dopo una settimana anch'io presi il panino e mezzo bicchiere di vino e la prima sigaretta. Subito arrivò inarrestabile la prima crisi epilettica. Sapevo già che non dovevo toccare assolutamente alcolici. Perciò provai indescrivibili sensi di colpa e depressione grave. Dopo il primo episodio accadde altre volte fino a non poterne più fare a meno. Da allora, consigliato dallo staff medico, iniziai a frequentare l'ACAT e colloqui sia individuali che collettivi di psicoterapia molto duri. Nel frattempo io e mia moglie ci stavamo allontanando. Poi il ricovero a Fiesole di circa due mesi. Ma, tornato, dopo circa tre mesi un'altra ricaduta. Mi sentivo veramente solo e deluso dalla vita, con un senso di colpa inimmaginabile. Poi altra clinica a Padova. Rivista tutta la terapia farmacologica e colloqui individuali e collettivi. Mi separai. La mia ex moglie si era già riaccompagnata con un'altra persona. Intestai la casa ai miei figli e andai a vivere da mia madre. Dopo ebbi un periodo di sobrietà assoluta frequentando varie associazioni. Dopo una nuova ricaduta decisi di entrare al CUFRAD. Sono soddisfatto della mia scelta. Il programma terapeutico mi ha reso un uomo più maturo e consapevole. Riccardo adesso è una persona altruista, molto riflessiva e attenta a ciò che lo circonda. Oggi vivo con il desiderio di ritornare da mia madre che è malata, essere per lei una risorsa e non un peso, reintegrarmi nelle associazioni e poter ricominciare un rapporto con i miei figli con sincerità e lealtà, cercando di riconquistarli giorno dopo giorno".