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Australia: legge shock anti fumo

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Australia no Smoking

Fino a una ventina di anni fa, un australiano su tre, sopra i 14 anni, era un fumatore. Oggi, con l'ascesa del fitness e del salutismo come retorica di massa, fuma soltanto un abitante su sei. Ottima notizia. Ma ancora non basta.
Così il governo laburista ha messo a punto la proposta di legge più dura di sempre per tenere la gente lontana dalle sigarette: foto choc dei malati e, soprattutto, pacchetti senza marchio. Di un unico colore. Al vaglio del Parlamento a giugno, il disegno di legge ha già scatenato un mare di polemiche. E non soltanto in Australia.
La proposta di legge antifumo più estrema del mondo Un ingrediente di questa durissima strategia antifumo è noto: piazzare sui pacchetti di sigarette le sconvolgenti fotografie di denti marci, labbra scavate, polmoni devastati dal cancro, persone in ospedale attaccate ai respiratori, inclusi i minori colpiti dal fumo passivo. Insomma: l'intero campionario visivo del male che il fumo può causare alle persone.
SRADICARE IL GLAMOUR DEL FUMO. La prima metà di questa strategia estrema non è dunque una novità. Svariati Paesi del mondo, tra cui il Canada e l'Irlanda, hanno adottato questa controversa modalità di comunicazione, sui pacchetti o nelle campagne pubblicitarie di sensibilizzazione. Ma a preoccupare le aziende del tabacco è la volontà di togliere i marchi dai pacchetti. Idea inedita, mai sperimentata in altri Paesi.
L'asso nella manica è dunque l'ipotesi di introdurre l'obbligo di de-brandizzare i pacchetti. Niente più accattivanti loghi, colori sgargianti e combinazioni glamour, appositamente pensate dai marchi di sigarette per essere identitari e sedurre l'occhio del fumatore, e non soltanto la sua dipendenza.
PACCHETTI COLOR MALATTIA. Nei piani dei legislatori australiani, entro il 2018 il numero dei fumatori dovrà scendere ulteriormente, dal 16 al 10% della popolazione totale. Per farlo, il 75% della superficie frontale dei pacchetti e il 90% del retro verrebbe occupato dalle fotografie.
Non bastasse, Nicola Roxon, ministro della Salute, ha commissionato delle ricerche per identificare il colore meno attraente. Si è così scoperto che un verdino oliva tendente al marrone «è la tonalità associata dai bambini alle malattie. Ed è proprio di questo colore che dovranno essere prodotti i pacchetti di sigarette, perché questo sono: cause di malattie terribili e devastanti che uccidono la gente», ha attaccato l'esponente laburista. «Le fotografie servono invece per ribadire il messaggio. I consumatori ormai si sono abituati alle semplici scritte sui danni provocati dal fumo alla salute, ed è come se non li leggessero nemmeno. Il messaggio deve essere invece chiaro e inaggirabile: morte e sofferenza».
UN FONT PER TUTTE LE MARCHE. Nella proposta di legge, ogni pacchetto sarà inoltre standardizzato e riporterà semplicemente il nome del marchio, a caratteri medio piccoli, dal font anonimo e identico per tutte le diverse marche di sigarette. Specie dopo essere stati banditi dalle pubblicità televisive, i brand hanno puntato forte sul design dei pacchetti, perché è il primo, istintivo e immediato meccanismo di comunicazione di valori e qualità associate a una specifica miscela di tabacco.
Capolavori di semiologia, i pacchetti sono il valore aggiunto di un'efficace strategia di comunicazione diretta. Una tattica potenziata con le continue novità sul fronte del packaging, come le "edizioni speciali", gli accendini e i vari gadget a tema distribuiti nei locali e alle manifestazioni che attraggono le folle. .Proprio l'idea di de-brandizzare i pacchetti, che colpisce al cuore l'appeal delle sigarette, ha scatenato la durissima reazione dei colossi del tabacco, pronti allo scontro frontale e a battagliare con una raffica di azioni legali.
«OPPOSIZIONE AL SOLDO DELLE LOBBY». La linea dei brand è chiara. Non c'è garanzia, sostengono, che il pacchetto "plain" ridurrebbe davvero il numero dei fumatori. E soprattutto, l'oscuramento dei marchi violerebbe la legge internazionale sul copyright e sulla proprietà intellettuale.
All'orizzonte si prospetta uno scontro durissimo, nel Parlamento australiano quanto nei tribunali. Laburisti e Verdi hanno incassato il no di molti esponenti dei liberali, il principale partito dell'opposizione di centrodestra. E hanno rincarato la dose, accusando i colleghi di essere «al soldo delle lobby del tabacco», secondo la definizione senza peli sulla lingua della ministra Roxon.
FUOCO E FIAMME IN TRIBUNALE. Sul fronte delle aziende Scott McIntyre, portavoce della British American Tabacco Australia, ha alzato

ulteriormente i toni, annunciando che il brand è pronto a scatenare l'inferno nei tribunali. «Se si ostinerà su questa linea, il governo

rischierà di spendere milioni e milioni delle tasche dei contribuenti per pagare le spese legali per difendere la propria decisione. Senza

contare i miliardi di dollari che potenzialmente dovrebbe pagare come risarcimento per aver violato il trademark e la nostra proprietà

internazionale del marchio».
Secondo McIntyre, «nessun marchio mondiale di prodotti alcolici o di fast food accetterebbe mai una limitazione del genere. Non vedo perché

dovremmo farlo noi». Il senso delle parole del portavoce è lampante: di certo McDonald's o la Jack Daniel's, per fare due esempi,

affilerebbero le armi al pensiero di dover ricoprire i propri panini e bottiglie di whisky di immagini di malati di cirrosi, tumori e

obesità.
UN PRECEDENTE CAMBIAMONDO. In gioco, ovviamente, non c'è soltanto il mercato australiano. Ricordate il film Thank You for Smoking, il cui

protagonista Aaron Eckhart si occupava della comunicazione e dell'immagine delle aziende del tabacco e a pranzo discuteva delle offensive di governi e associazioni con i colleghi dell'industria dell'alcol e delle armi? Ebbene, i suoi omologhi fuori dallo schermo sono certamente

saltati sulla sedia all'annuncio del governo australiano.
LE LINEE GUIDA DELL'OMS. La creazione di un così clamoroso precedente avrebbe infatti un effetto domino globale. Perché la proposta

australiana non è un fulmine a ciel sereno. Si tratta, invece, della prima del mondo a recepire in pieno le linee guida sulle restrizioni nel

design dei pacchetti proposte nel 2005 dall'Organizzazione mondiale della sanità, secondo cui sarebbero parte integrante del divieto di fare

pubblicità ai marchi di sigarette. Un bando già in vigore, e dunque sdoganato, in decine di nazioni. Ratificate da 170 Paesi, inclusi gli

Stati Uniti, finora queste indicazioni non sono mai state tradotte in legge.
L'Australia punta dunque a fare da apripista mondiale. Un precedente che al tavolo del personaggio di Eckhart, e ai piani alti dei colossi

del tabacco, farebbe gelare il sangue. Come d'altronde anche la crudezza delle "fotografie progresso". E forse chissà, per alcuni pure l'

omologazione dei pacchetti, di sovietico retrogusto che occhieggia al regime dei 20 modelli di scarpe per tutta la popolazione. Il dibattito,

e la guerra legale e politica, è servito