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Distrutto dall'alcol il fratello del presidente Obama

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Distrutto dall'alcol il fratello del presidente Obama

Riemerge periodicamente dal ghetto quando la politica americana si riscalda. ‘Slumdog' presidenziale: un giornalista del britannico Daily Mail è andato a cercare in Kenya George Obama, il fratellastro da parte di padre del presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Lo ha trovato in una baraccopoli di Nairobi chiamata Haruma, travolto da una spirale distruttiva di alcolismo, vittima di un potente liquore al metanolo il cui nome, Chang'aa, significa ‘Uccidimi rapidamente' in swahili. Una bevanda arricchita da fluido da imbalsamatore o acido da batteria.
Un bicchiere costa dieci centesimi e dopo cinque piccoli sorsi anche gli alcolizzati più incalliti non si ricordano più come si chiamano. George, che afferma di non usare droghe pesanti come eroina o cocaina, passa le sue giornate tra tossici e prostitute bevendo il chang'aa "dal momento in cui si sveglia fino a quando non perde i sensi", scrive il giornalista del Mail il quale, una volta introdotto da un intermediario al fratellastro di Obama, "fa l'errore" di invitarlo nel suo albergo.
"Qui George ha passato due giorni cingendo d'assedio il mio minibar, invitando ragazze e comportandosi come una celebrità viziata. Mi chiedeva ripetutamente ‘kitu kidogo', swahili per una mancia e si è indignato quando mi sono rifiutato di pagarlo".
L'esistenza del fratellastro di Obama era venuta alla luce nell'agosto 2008, quando, a pochi mesi dal voto che ha portato alla Casa Bianca il primo presidente di colore, George era stato ‘pescato' da Vanity Fair Italia in uno slum di Nairobi, nella baracca un poster dell'Inter e uno del Milan.

Era stato il preludio sportivo a una storia edificante che lo stesso George aveva raccontato in un libro di memorie intitolato Homeland uscito nel 2010 da Simon and Schuster: "George - racconta la prefazione - ha scelto di vivere nel ghetto per aiutare i ragazzi a uscirne".

Un obiettivo nobile, raggiunto attraverso il calcio e il tae kwon do e la trasformazione della locale squadra di pallone fatta di orfani, ex tossici ed ex detenuti, in una delle migliori del Kenya, gli ‘Obama Champs'.

Ma non è forse tutt'oro quel che luccica. Dietro la saga di George ci sono 30 anni segnati da tragedie e dalla povertà nonostante la nascita in una famiglia middle-class. "Lui, Barack, si occupa di tutto il mondo. Dunque anche di me.

Non gli porto rancore", ha dichiarato George all'autore di un documentario politico anti-Obama intitolato ‘2016' e ideato da Dinesh D'Souza, l'autore di ‘The Roots of Obama's Rage' che a sua volta lo aveva cercato per ottenerne, senza successo, dichiarazioni capaci di imbarazzare l'inquilino della Casa Bianca.


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)