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L'alcolismo tardivo dell'anziano (parte seconda)

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L'alcolismo tardivo dell'anziano
 
Non intendiamo inoltrarci, in questa esposizione, nel campo piuttosto complesso dei danni organici alcolcorrelati più comunemente riscontrabili nel soggetto anziano, ma occuparci piuttosto, dal punto di vista geragogico, di quegli anziani alcolisti che iniziano a bere proprio in tarda età in risposta ad importanti fattori di disagio psicosociale. È evidente che gli stessi fattori stressanti possono anche prolungare ed aggravare una situazione di alcolismo preesistente (è il caso degli earlyonset drinkers) o causarlo exnovo, come abbiamo detto, in persone anziane che non avevano problemi precedenti di alcolismo.

Queste ultime appartengono alla consistente minoranza dei lateonset drinkers che, come si è accennato, chiedono all'alcol un "aiuto" contro i quotidiani e numerosi problemi della vecchiaia e, in particolare, cercano di utilizzarne gli effetti sedativi sull'ansia, antidepressivi e disinibenti. È facile immaginare, per questi vecchi, una realtà esistenziale faticosamente vissuta giorno dopo giorno, quotidianamente triste, che obbliga appunto l'anziano ad "aiutarsi" ogni giorno in qualche modo. Sono sufficienti, all'inizio, modesti quantitativi di etanolo che il vecchio assume regolarmente a certe ore del giorno, quasi si trattasse di una medicina, e, spesso, contemporaneamente ad uno o più farmaci, secondo un modello caratteristico di questi alcolisti che, rispetto ai bevitori più giovani, bevono di meno ma più frequentemente secondo uno schema regolare, routinario, giornaliero.

Tra gli studi condotti sinora sull'alcolismo tardivo, poco numerosi in verità, ci piace ricordare una indagine epidemiologica effettuata da Bailay, una ventina di anni or sono, che riuscì ad evidenziare nelle vedove anziane una categoria ad alto rischio per questa forma di alcolismo ad insorgenza senile. La morte del coniuge, infatti, può essere considerata un importante fattore di rischio per molti eventi morbosi come dimostra il fatto, ben conosciuto, che la mortalità tra i coniugi superstiti è statisticamente più alta nel primo anno di vedovanza. Non stupisce quindi che anche l'alcolismo tardivo possa comparire come forma di reazione ad eventi stressanti quali la vedovanza, i lutti familiari in genere, le influenze negative sia socioambientali che psicologiche.

Esiste, ad esempio, una significativa correlazione statistica tra depressione psichica ed alcolismo, situazioni che possono insorgere entrambe quando l'anziano è portato a sperimentare tipiche sensazioni di perdita quali la morte del coniuge, la mancanza di salute, la diminuzione del vigore fisico, la carenza del supporto familiare e la privazione del ruolo sociale e produttivo. In genere gli anziani, per limitarci al nostro tema, sono a rischio di cedere all'abuso alcolico dopo quell'evento critico che, per taluni, è il pensionamento, specie se il lavoro era sentito come una componente determinante e non commutabile della propria esistenza. L'anziano, in questi casi, si trova ad avere dinanzi un tempo enormemente dilatato ed esperimenta, da un giorno all'altro, una sorta di smarrimento di fronte ad una condizione esistenziale nuova a cui, il più delle volte, non si sente preparato. Si comprende come da una tale situazione psicoemotiva di segno reattivo, alla susseguente decisione di colmare in qualche modo questo vuoto dell'esistenza ricorrendo alla consolazione dell'alcol, il passo sia piuttosto breve.

Probabilmente intervengono anche altri fattori, in parte correlabili alla perdita del posto di lavoro, nel causare l'insorgenza dell'alcolismo tardivo come, ad esempio, il trasferimento dell'ambiente di vita in sede diversa, con perdita degli abituali punti di riferimento a cui l'exlavoratore era abituato da tutta una vita, la possibile istituzionalizzazione in casa di riposo, che talvolta è precoce nei vecchi isolati e non del tutto autosufficienti e, infine, la solitudine affettiva di cui spesso soffre il vecchio, anche quando è ancora inserito in una famiglia, e che può rappresentare un altro importante fattore favorente. Occupandoci di questo argomento, che ha molteplici implicazioni pedagogiche, ci siamo convinti della necessità per il gerontologo di conoscere alcune caratteristiche peculiari degli alcolisti ad inizio tardivo per predisporre le misure preventive opportune, come abbiamo detto, e per intervenire precocemente con un appropriato trattamento.

Le acquisizioni che si possono ricavare dalla letteratura sono tuttora scarse in questo campo, ma ci consentono ugualmente di tracciare un profilo approssimativo dell'alcolista tardivo che proponiamo in questo capoverso al medico pratico ed agli operatori geriatrici che si occupano di psicogeragogia. Gli alcolisti tardivi sono anziani che non hanno alterazioni significative della personalità ma soffrono per lo più di un notevole disagio psicosociale e riconoscono uno o più eventi esistenziali che hanno preceduto e scatenato l'inizio dell'abuso alcolico. In linea generale possiamo affermare che questi soggetti non sono mai grandi etilisti, non bevono cioè in maniera smodata assumendo dosi esorbitanti di alcol, ma bevono in modo continuo e con una certa regolarità, quasi ingerissero un farmaco in dosi refratte.

È frequente, pertanto, che facciano uso contemporaneamente di psicofarmaci (specialmente quando si tratta di donne) e assumano anche le bevande alcoliche in maniera metodica, quasi seguissero una terapia. Nel complesso sono soggetti che bevono meno degli earlyonset e, di conseguenza, hanno meno problemi di tipo medico correlati all'alcol, come dimostra il fatto che i segni ed i sintomi dell'alcolismo sono più rari, in questi pazienti, e meno palesi. Gli alcolisti tardivi, i cui bisogni sono primariamente sociali, tendono a mascherare ed a nascondere la loro consuetudine per una sorta di pudore che impedisce loro di rivolgersi ad altri (medico compreso) per chiedere un aiuto diverso da quello che hanno trovato nell'alcol. C'è da dire, comunque, che se sviluppano un certo grado di dipendenza questa è solitamente più psicologica che fisica e che, generalmente, hanno una prognosi migliore rispetto agli altri alcolisti.

Se il medico, infatti, è in grado di riconoscere le loro esigenze, che il più delle volte non vengono espresse, questi pazienti rispondono favorevolmente a semplici tecniche di psicoattivazione e di socializzazione, dimostrando generalmente un'ottima compliance al trattamento. Questa particolare specie di alcolismo, che si caratterizza soprattutto come una forma reattiva a fattori dell'ambiente esterno, colpisce solitamente soggetti anziani che nel loro passato hanno sempre avuto un buon adattamento alla vita, senza problemi psicopatologici o conflitti irrisolti, quali si incontrano invece con facilità negli alcolisti giovani. L'alcolista tardivo, prima di essere tale, era certamente in grado di opporsi egregiamente a certi eventi stressanti della vita, che però ad un certo punto non riesce più a dominare per gli effetti di un invecchiamento fallimentare che nell'alcol trova una comoda evasione. Abbiamo già osservato in precedenza che questo tipo di alcolisti, che possiamo chiamare reattivi, soffrono meno di patologia alcolcorrelata perchè la dimestichezza con le bevande spiritose dura da meno tempo e, inoltre, perchè l'assunzione complessiva è minore.

A proposito di questi soggetti va osservato che una percentuale non indifferente è rappresentata dal sesso femminile che, per tutta una serie di motivi, arriva a scoprire l'alcol in età più avanzata rispetto al sesso opposto. La più comune spiegazione di tale fenomeno si trova nel fatto che nella nostra cultura l'alcolismo femminile è stato considerato sempre con minore indulgenza rispetto a quello maschile perchè, evidentemente, era ed è ritenuto in grave contrasto con l'immagine tradizionale della donna. Solo quando la vecchiaia toglie alla donna ogni potere di seduzione (e la solleva altresì dal peso del ruolo materno) essa tende a discostarsi dal suo stereotipo naturale e può trovarsi nelle condizioni di cercare nell'alcol quel conforto che sino a quel momento si era negato per poter restare nella parte che cultura e tradizione le attribuivano.

Da quanto abbiamo detto appare abbastanza evidente, in definitiva, che il problema dell'alcolismo a inizio tardivo, sia esso maschile o femminile, è tutto sommato meno preoccupante se paragonato al quadro ben più drammatico dell'alcolismo a insorgenza giovanile. Gli "anziani che sono diventati alcolisti", tuttavia, possono più facilmente collocarsi, rispetto agli altri anziani, in alcune caratteristiche aree di rischio che comprendono il pericolo di cadute, certi deficit cognitivi, la malnutrizione e il danno derivante dall'interazione tra alcol e farmaci.

Le cadute di una certa gravità riguardano circa un terzo di tutti i soggetti in età geriatrica e sono soprattutto le donne, specie quelle che vivono sole, a correre un maggiore rischio di frattura in conseguenza di tali cadute. Il motivo di siffatta vulnerabilità femminile è di facile intuizione se si considera la più alta prevalenza di osteoporosi fra le donne in postmenopausa: a partire dal climaterio, infatti, la frattura del femore fa registrare un costante aumento che segue una curva di tipo esponenziale in rapporto al trascorrere degli anni.

 

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)