Medicina: alcol e cocaina, crescono i malati col cuore che trema
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Medicina: alcol e cocaina, crescono i malati col cuore che trema
Seicento battiti al minuto, veloce come il frullo d'ali di una farfalla. A tanto può arrivare il cuore malato di fibrillazione atriale, la
più diffusa delle aritmie cardiache che solo in Italia colpisce circa 600 mila persone. Numeri in crescita in tutta Europa, dove si prevede
un raddoppio nei prossimi 50 anni. E se i primi fattori sotto accusa sono l'invecchiamento e l'aumento degli anziani 'fragili', sul banco
degli imputati salgono anche stili di vita a rischio come il consumo di alcol e droghe, cocaina in testa. Il nuovo sballo del sabato sera,
con la moda del 'binge drinking' e degli stupefacenti assunti in cocktail al solo scopo di stordirsi, "rischia in effetti di far emergere
casi di fibrillazione atriale in persone giovani già predisposte", avverte Raffaele De Caterina, ordinario di malattie dell'apparato
cardiovascolare dell'università D'Annunzio di Chieti, in occasione del congresso della Società europea di cardiologia (Esc) in corso a
Parigi.
La fibrillazione atriale è uno degli maxi-argomenti protagonisti dell'Esc 2011. L'ultima frontiera della prevenzione sono i farmaci
anticoagulanti di nuova generazione, somministrati ai pazienti per prevenire l'ictus. La malattia del cuore che trema, infatti, moltiplica
per 5 il rischio di stroke, killer responsabile di un decesso su 10 nel mondo. Il 15% degli ictus è attribuibile alla fibrillazione atriale,
e dei 38 miliardi di euro spesi ogni anno in Europa per sostenere i costi diretti e indiretti dell'ictus, 13,5 miliardi sono associati alla
fibrillazione. La malattia, inoltre, causa soprattutto ictus di tipo emorragico: "Forme che in termini di rischio mortalità valgono 3 volte
gli ictus ischemici", precisa De Caterina.
Sono vari gli antiaggreganti candidati a una seconda vita come farmaci 'scudo' anti-ictus in pazienti con fibrillazione atriale. "Uno di
questi è l'apixaban - spiega l'esperto - che nel più grande studio mai condotto su questi pazienti si è dimostrato in grado di ridurre la
mortalità dell'11% rispetto alla terapia gold standard a base di warfarin". I nuovi dati sono stati annunciati al congresso da Pfizer e Bms.
Il farmaco, ancora da approvare per questa indicazione in Usa e Ue (in Europa è già disponibile contro il tromboembolismo venoso post-
chirurgia), è atteso in Italia come anti-ictus da fibrillazione fra giugno e ottobre 2013.
La fibrillazione atriale affligge 5 milioni di americani e 8 milioni di europei. Colpisce l'1-2% della popolazione generale, e fino al 10-20%
degli anziani 70-80enni. Un over 40 su 4 ha la probabilità di ammalarsi di questa aritmia nel corso della vita, ma nelle persone predisposte
il cuore può iniziare a 'tremare' anche prima e allora finiscono alla sbarra anche gli stili di vita. "Sono loro che all?inizio scatenano il
parossismo cardiaco - sottolinea De Caterina - La causa principale è l'ipertensione, però anche sostanze che agiscono sul sistema nervoso
come l'alcol o la cocaina possono svelare una fibrillazione in persone predisposte".
Lo studio di fase III presentato in una 'hot line session' del summit parigino, pubblicato sul 'New England Journal of Medicine', ha
coinvolto 18.200 pazienti con fibrillazione atriale a rischio ictus in oltre mille centri di 39 Paesi fra cui l'Italia (circa 500 malati in
una trentina di strutture). Gli arruolati sono stati trattati ogni giorno con apixaban o warfarin somministrati entrambi per bocca, con un
follow-up medio di 1,8 anni. Rispetto alla terapia standard, il gruppo che ha assunto l'inibitore del fattore Xa della coagulazione ha
mostrato una riduzione del 21% del rischio di ictus ed embolia sistemica (con un -50% del rischio di ictus emorragico), un calo del 31% del
rischio di sanguinamento maggiore e un -11% di mortalità.
Dal trial è emerso che per ogni mille persone trattate con apixaban si possono evitare 6 ictus e 8 morti. "Un risparmio di vite che per l'Italia possiamo stimare in almeno 3.500 l'anno", calcola De Caterina. Soprattutto, "il trattamento con il nuovo anticoagulante è molto più
comodo per il paziente. Il warfarin, infatti, inibisce la vitamina K che entra nei processi di coagulazione in modo multiplo - ricorda
l'esperto - La sua azione quindi non è selettiva, insorge tardi e ha anche un tempo di scomparsa molto più lento. Warfarin interagisce
pesantemente con il cibo e altri farmaci, il che costringe il paziente a sottoporsi per tutta la vita a un rigoroso monitoraggio per adattare
via via le dosi della terapia. Significa fare prelievi di sangue continui, all'inizio a giorni alterni, poi una volta a settimana e poi una
ogni 2-3 settimane. Disporre di nuove armi terapeutiche permetterà anche di migliorare l'aderenza alle terapie e la qualità di vita dei
malati".
(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)