Nicotine and Tobacco Research: polonio 210 e tabagismo
cufrad news alcologia tabagismo sigarette polonio 210
Le sigarette sono radioattive: e l'industria lo sapeva
Pochi sanno che tra le circa 4.000 sostanze aspirate con le sigarette, almeno una cinquantina delle quali certamente tossiche o cancerogene, ce ne sono anche di radioattive. Ma il fatto sconvolgente, denunciato dai ricercatori dell'Università di Los Angeles su Nicotine and Tobacco
Research è la reticenza a rendere noto questo particolare di cui le aziende sarebbero a conoscenza da molti anni.
UNA RICERCA - INCHIESTA - Qualcosa, cioè che nelle sigarette c'è anche polonio radioattivo, era già di dominio pubblico, ma si trattava solo
della punta dell'iceberg. «Fin dagli anni '50 l'industria del tabacco aveva raccolto e secretato nei suoi archivi le prove di ciò che la
presenza di questa sostanza significasse per la salute. Era giunta a quantificare il rischio a lungo termine: ogni 1.000 fumatori abituali
sono almeno 120 i morti in più ogni anno per tumore del polmone che si possono attribuire direttamente all'emissione radioattiva» sostiene
Hrayr Karagueuzian, primo firmatario dello studio. «Ma solo nel 1998 è risultato chiaro che le informazioni fornite dall'industria del
tabacco sono state per decenni fuorvianti e incomplete e solo le nostre successive verifiche hanno confermato la dimensione del rischio»
precisa l'esperto.
IL POLONIO - Si chiama polonio 210 l'elemento radioattivo naturalmente presente sulle foglie del tabacco. È una vecchia conoscenza per i
fisici: basti pensare che deve il suo nome a Marie Skłodowska Curie, due volte premio Nobel per la fisica e per la chimica grazie alle sue
ricerche sulla radioattività, nata a Varsavia e naturalizzata francese in seguito al matrimonio con il collega Pierre Curie. I due scienziati
isolarono il polonio nel 1902 e ne descrissero le caratteristiche: fa parte della catena del decadimento dell'uranio, è volatile (proprio
come il fumo), ha una notevole attività ed emette particelle alfa. «Studiando medicina si impara che le particelle alfa hanno una bassa
capacità di penetrazione nei tessuti e raggio di azione corto, cioè i loro effetti si esauriscono a brevissima distanza dal punto in cui si
depositano. Tali caratteristiche rendono queste particelle adatte per alcuni tipi di radioterapia locale (danneggiano per esempio cellule
tumorali circostanti), ma è tutt'altro che tranquillizzante immaginare un parallelo tra questa applicazione terapeutica e il loro arrivo, se
veicolate dal fumo di sigaretta, sul tessuto polmonare sano» è il commento di Alessandro Oliva, specialista in Malattie dell'Apparato
Respiratorio dell'Ospedale Mauriziano di Torino «Oltre tutto la loro emissione si attenua piuttosto lentamente: ci vogliono circa quattro
mesi perché l'attività si dimezzi, un tempo considerato breve dai fisici che ragionano in termini di anni e a volta di secoli o millenni, ma
decisamente lungo in un'ottica medica».
LA SOLUZIONE CI SAREBBE, MA ... - Gli autori dello studio rincarano il loro atto di accusa riferendo che fin dal 1980 è stata messa a punto una tecnica di trattamento del tabacco in grado di rimuovere il polonio e di rendere le sigarette inoffensive, almeno sul fronte dell'emissione
radioattiva. Tuttavia, denuncia Karagueuzian: «Questo "lavaggio del polonio" non è mai stato applicato su scala industriale perché
parallelamente modificherebbe chimicamente la nicotina e ne ridurrebbe l'assorbimento a livello cerebrale, e con esso quel momento di
gratificazione per il fumatore definito nicotine kick, in qualche modo legato anche allo sviluppo della dipendenza». Manco a dirlo, pare che
l'industria del tabacco abbia invece, proprio a cavallo tra gli anni settanta e ottanta, investito in ricerche che consentissero di
individuare la forma chimica della nicotina più adatta a garantire un rapido assorbimento. E la messa a punto di una lavorazione del tabacco
mirata a questo scopo ha, si dice, fatto la fortuna dei grandi marchi, ma nello stesso tempo ha forse posto le basi per rendere più facile la
dipendenza e più difficili i tentativi di smettere.
(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)