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Quand'è che l'alcol diventa un problema?

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Quand’è che l’alcol diventa un problema?

Oltre a rappresentare un elemento centrale della gastronomia, l’alcol riveste un ruolo importante anche nella vita sociale di molte persone. Il consumo ludico di bevande alcoliche rischia però di sfociare in comportamenti patologici, ed un’abitudine – magari consolidata negli anni – può trasformarsi in una dipendenza dagli effetti che possono rivelarsi pesanti. Partendo da queste premesse un articolo di Slate tenta di fare il punto su quello che può essere considerato il limite oltre al quale un comportamento diventa patologico, e soprattutto su tutte quelle sfumature che stanno tra il consumo moderato e ragionevole e l’alcolismo conclamato e puramente autodistruttivo.

Slate mette in evidenza le contraddizioni insite nelle definizioni adottate dagli enti governativi Usa. Per il Centers for Disease Control and Prevention una donna che beve un drink al giorno è considerata heavy drinker, lo steccato sale a due nel caso di un uomo. Secondo la stessa agenzia il 50,9% degli americani bene regolarmente, cioè consuma più di 12 drink nell’arco di un anno. Inviti al consumo moderato e consapevole basati su queste definizioni, distanti anni luce dalle esperienze comuni, hanno poca speranza di venire presi in seria considerazione.
Per provare a riformulare i parametri legati al consumo di alcol, e per cercare di chiarire dove finisce il divertimento e dove iniziano i problemi, Jake Blumgart di Slate decide di partire da un film uscito recentemente negli Stati Uniti. Si tratta di Smashed, una commedia diretta da James Ponsoldt ed interpretata da Elizabeth Winstead ed Aaron Paul, fresco vincitore di un Emmy per Breaking Bad. Il film racconta la vita di due trentenni (lei insegnante e lui scrittore) che tutti i giorni bevono forte. Kate, il personaggio interpretato da Elizabeth Winstead, ha raggiunto il punto in cui l’abitudine alla bottiglia comincia a diventare imbarazzante e pericoloso.
Il magazine Esquire ha definito Smashed una versione moderna (e hipster) di Days of Wine and Roses, il film del 1962 con Jack Lemmon e Lee Remick. Oltre al fatto che entrambi raccontano la storia di una coppia di bianchi appartenenti alla classe media, le somiglianze tra i due film sono poche. Il destino del protagonista è segnato dal momento in cui si scola una pinta di bourbon in occasione del primo appuntamento con Kirsten. Da quel momento comincia un lento declino fatto di ricoveri e delirium tremens, tutte cose estranee alla maggior parte dei consumatori abituali di alcol. Per Jake Blumgart Days of Wine and Roses si situa all’estremo opposto rispetto ad altri film nei quali gli alcolici sono visti come fonte inesauribile di divertimento e di cui l’esempio più calzante è sicuramente Animal House con John Belushi.
Questione di confine quindi. E come tutti i confini, anche quello tra un consumo moderato ed uno problematico è particolarmente scivoloso. Come sostiene anche la storica Lori Rotskoff, autrice del libro Love on the Rocks: Men, Women, and Alcohol in Post-World War II America, la linea di demarcazione non è ferma e ben definita, ma si evolve continuamente. Per Rotskoff “ritagliare una zona mediana tra i due estremi è qualcosa che viene negoziato dalla cultura, ed il film rappresenta una buona opportunità per misurare queste ansie“.
Smashed sembra insomma un punto di osservazione privilegiato per giudicare le relazioni di tipo schizofrenico tra la nostra cultura e l’acol. A differenza del film con Jack Lemmon, in Smashed si capisce subito perché i protagonisti bevono così tanto. Lo fanno perché si divertono. Senza pensare a mettere in discussione le loro abitudini, non si accorgono dei segnali di pericolo che si presentano ai loro occhi, e che sono molti. Slate racconta che nei primi 20 minuti del film la protagonista presenta 5 degli 11 sintomi che il National Institute on Alcohol Abuse and Alcoholism cita come indicatori di un disordine legato al consumo di alcol: urina nel letto, beve al mattino, tiene una bottiglia in macchina, vomita in classe dopo una sbornia, guida ubriaca, fuma crack per riprendersi dal mal di testa e si sveglia due volte in un posto che non riesce a riconoscere.
Al di là dei sintomi della protagonista, Smashed ha la capacità di andare ad esplorare una zona grigia del consumo che resta in gran parte sconosciuta, ma che è la condizione di milioni di persone. Secondo la NIAAA, che ha condotto uno studio su 43mila americani, la maggior parte delle persone che si ubriaca abitualmente durante i fine settimana non si viene a trovare nelle condizioni di Kate. Anche tra le persone che consumano 5 o più drink al giorno, la possibilità di ricadere in una dipendenza è inferiore al 7% per anno. Eppure le storie come quella della protagonista di Smashed sono all’ordine del giorno. Ed il film di James Ponsoldt potrebbe essere una buona occasione per parlare a briglia sciolta del ruolo che l’acol riveste nelle nostre vite e nella nostra società.


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)