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Quando il gioco diventa una malattia: tanti ex imprenditori nella rete

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Quando il gioco diventa una malattia "Tanti ex imprenditori nella rete"

Un tempo c’era la schedina del Totocalcio, ora siamo passati ai videopoker, alle slot, ai casinò online. Ma per qualcuno la dea bendata può diventare una trappola, un mostro che lo attanaglia fino a spingerlo sempre più giù. Incontriamo Mario De Rosa, direttore del Dipartimento dipendenze patologiche dell’Area vasta 3 di Civitanova, insieme alle dottoresse Alice Sanguigni e Natalia Ada, rispettivamente psichiatra e psicologa del dipartimento. In quattro anni, da quando il dipartimento si occupa anche del gioco d’azzardo patologico, sono stati trattati 26 pazienti: «C’è un sommerso incredibile — ci dicono —, perché non sempre si è consapevoli di una dipendenza da gioco; da noi vengono soprattutto casi più delicati. Il fenomeno è in aumento, basti pensare che in un anno e mezzo siamo passati da 15 a 26 persone in trattamento. E tanti vengono per chiederci informazioni ma non se la sentono di iniziare il percorso riabilitativo. A questi 26 casi “puri”, dobbiamo aggiungere altri nostri pazienti, che sono in cura per altre patologie, ma che hanno anche una dipendenza da gioco d’azzardo». I giocatori patologici entrati in contatto con il dipartimento sono per lo più uomini (92%), tra i 41 e i 50 anni. In maggioranza hanno un lavoro (58%), ma molti (19%) sono disoccupati o hanno perso il loro impiego («registriamo tanti ex imprenditori»).

Il 43% è coniugato (38% celibe). Il 45% gioca alle slot, il 12% ai video poker, il 15% scommette. Un altro 12% gioca sia alle slot che ai videopoker. Quelli infatti che attraggono maggiormente sono i giochi «veloci», facili da utilizzare, dove non conta la bravura ma il caso. Il fenomeno sta crescendo pure tra i giovani: «Vengono intere famiglie a chiederci informazioni». Secondo l’Aams, l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, in Italia nei primi sei mesi del 2012, l’introito delle giocate è aumentato di oltre il 20%. Come dicevamo, non è facile l’accesso al servizio di cura, vuoi che il giocatore con difficoltà non sempre accetta di avere una dipendenza, vuoi che la patologia è relativamente nuova. Molto sta facendo il numero verde della Federserd «Giocaresponsabile». Chi segnala il suo disagio viene messo in contatto, in modo anonimo, con i dipartimenti dislocati nel territorio (nel sito www.giocaresponsabile.it c’è anche la possibilità di fare un test, anonimo, per riconoscere i comportamenti eccessivi di gioco). Un grosso sostegno viene poi dalle associazioni di auto-mutuo-aiuto come l’Ama Macerata, che collabora con il dipartimento dipendenze patologiche di Civitanova.

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)