Strade sicure: attenzione ad alcol, droga e velocità
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Non solo alcol, droga e velocità: ci vogliono anche riflessi, occhi e orecchie. Come faremo con anziani e incapaci?
Gli psicologi entrano in campo nella formazione dei patentati. Non soltanto indirettamente, con lezioni ai docenti ai futuri
insegnanti di scuola guida. Hanno già fatto, per esempio in Lombardia, lezioni a bambini e ragazzi e ora vorrebbero estendere
l'esperienza. Nel tempo (sono state iniziative brevi) e nello spazio (occorrerebbe darsi da fare in tutta Italia). Io sono
assolutamente d'accordo. E agli scettici dico che gli psicologi non vanno visti come "quelli che curano i matti" né come
quelli in grado di insegnarci come gestire lo stress causato dalla guida (nel traffico o in condizioni comunque difficili) e
l'aggressività. Certo, anche queste sono cose importanti, ma il primo campo di azione di uno psicologo dovrebbe essere un
altro, generalmente trascurato.
Per scoprirlo, basta leggere una delle più recenti dichiarazioni di Sandro Salvati, presidente della Fondazione Ania (Scarica
Udito e capacita sensoriali Fondazione Ania). Si parte dal fatto che la nostra capacità di adattarci alla strada e alle
situazioni pericolose che ci può presentare in ogni momento dipende dal se e come percepiamo ciò che ci sta attorno. E la
percezione non è compromessa solo dalla distrazione (tema forte delle campagne della Fondazione l'anno scorso), ma anche da
quanto siamo capaci di vedere e sentire.
Questo significa tre cose:
- dobbiamo avere buoni occhi, orecchie e nervi (e qui è questione di natura, poco da fare);
- i nostri sensi devono essere in condizioni almeno sufficienti (quindi non dobbiamo essere stanchi, distratti, appesantiti
dal cibo, rallentati dall'alcol o alterati da droghe);
- i nostri sensi devono essere sufficientemente sviluppati e allenati a percepire tutto della strada.
Dunque, combattere alcol e droghe serve ma è solo una parte del problema. Lo dimostra il fatto che "solo" (fate voi, se vi
sembra tanto o poco) metà dei conducenti ricoverati al Trauma center dell'ospedale Niguarda di Milano (la prima struttura
italiana a essere concepita per un trattamento completo e tempestivo delle conseguenze degli incidenti) risulta positivo ad
alcol e/o stupefacenti.
Mentre di stanchezza e distrazione pure si parla (almeno un po'), sfugge quasi del tutto l'allenamento dei sensi. La sua
importanza l'ho vista sabato 26 marzo ad Arcore, in un bel convegno di psicologi del traffico: hanno fatto vedere un
parabrezza diviso in varie zone colorate secondo il numero di sguardi che il conducente rivolge verso di esse, contato grazie
a un eye-tracker. Ne risulta che un conducente esperto lancia occhiate più frequenti e in zone più varie rispetto a un altro
guidatore inesperto o "normale". Questo è una garanzia di percepire il rischio o di farlo prima degli altri, guadagnando
frazioni di secondo preziose per poter cominciare una manovra di emergenza o comunque di evitamento o prevenzione del
pericolo.
Il pericolo può essere o il comportamento di un altro utente della strada o - ci si pensa poco - anche una propria perdita di
traiettoria (per lettura erronea della segnaletica, momentanea distrazione, mancata comprensione dell'andamento del
tracciato, sbandata). E, quanto più è alta la velocità, più occorre dare la preminenza agli sguardi lontano da dove ci si
trova. Sembrano cose banali e scontate, ma raramente ci si pensa. Anch'io ho riscoperto la loro importanza solo in una serata
di gennaio, in hotel a Livigno, parlando con Paolo Delle Piane, istruttore di guida sicura che ha molto approfondito il tema.
Se pensate che siano belle cose che servono solo ai piloti d'aereo (e magari solo per bombardare la Libia) o ai macchinisti
del Frecciarossa, sbagliate: le strade oggi sono talmente trafficate che anche uno spostamento di routine a bassa velocità ci
presenta tante cose cui stare attenti.
Il vero problema è che, se tutto questo è vero, i normali requisiti psicofisici per prendere la patente non bastano più.
Quindi, per coerenza, si dovrebbe non rinnovare la licenza di guida ai meno capaci e dotati (aprendo un colossale problema di
mobilità, soprattuto in una società in cui l'età media avanza inesorabilmente) o aumentare la dotazione obbligatoria dei
veicoli (con sensori, riflessometri e dispositivi vari di assistenza alla guida). Quale strada sceglieremo? E, soprattutto,
la politica si sentirà di scegliere una strada?