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Adolescenti e dipendenza da Internet

Adolescenti e dipendenza da Internet

ADOLESCENTI E DIPENDENZA DA INTERNET - parte 1

La dipendenza che si può creare per internet, social network, videogiochi etc. è molto simile a quella che si crea per droghe o sostanze alcoliche, provocando gli stessi sintomi di astinenza e la stessa compulsione all’uso. Solo che, essendo perfettamente legale, è anche più difficile controllarla e monitorarla, e, quindi, contenerla, da parte di voi genitori o educatori. Consultando continuamente internet per qualunque cosa, gli adolescenti trovano modelli ai quali ispirarsi, che non riescono, magari, a trovare nella realtà, e si lasciano guidare dagli atteggiamenti e dai comportamenti che apprendono, considerandoli giusti “perché lo fanno tutti”, diventando, nel giro di poco tempo un “contenitore” per l’esibizionismo giovanile. Dobbiamo considerare anche l’inevitabile fatto che un contenuto digitale è accessibile ad un numero pressoché indefinito ed indefinibile di persone.


Certamente, in questo ambito non deve essere demonizzato un mezzo potente e prezioso come internet e, chiaramente, è anche impossibile regolamentare il traffico della rete proprio per la sua stessa natura: quello che è possibile fare, è cercare di spiegare ai vostri figli ed alunni quale sia l’uso corretto e consapevole del web. È un compito molto difficile anche perché comporta un monitoraggio continuo e puntuale dei contenuti scaricati o caricati e delle pagine web visitate. Ma, ovviamente, monitoraggio, guida ed educazione, in questo senso, non deve significare lesione della sfera privata e dell’autonomia dell’adolescente, ma deve significare complicità, dialogo e condivisione, fermando i comportamenti pericolosi e spiegandone le conseguenze. In questo senso è importante non controllare il cellulare o il computer di vostro figlio di nascosto, ma cercare di stringere un “patto” di fiducia reciproca, basato sul colloquio aperto e consapevole. Solo se vedete che tale patto è univoco, allora potrete procedere al controllo forzato delle sue attività in rete.


E, quindi, si rivela fondamentale anche in questo campo, conoscere le diverse tendenze da parte di voi genitori ed insegnanti. Ad esempio, è indispensabile cercare di imparare, anche se in minima parte, il linguaggio ed i modi di dire utilizzati dalla web generation: è un linguaggio reinventato, un linguaggio “smart”, spesso, compatto, sgrammaticato, scorretto in quanto è molto limitata la comunicazione verbale. Leggiamo, ad esempio, “xkè” o “xò” ma anche ”makkina”, o “tt bn, dv 6”, talvolta quasi indecifrabile come “tvukdb”1. Inoltre, per la comunicazione social, moltissimi preferiscono le immagini o i video: ad esempio, se un adolescente chiede all’amico cosa stia facendo, quest’ultimo potrebbe rispondere facendo una foto a quello che ha davanti, senza spiegare niente. In questo modo diminuiscono grandemente anche le telefonate, preferendo i programmi di messaggistica istantanea come Wattsapp, Viber, etc. tramite questo avvento di tecnologia, purtroppo, sorge anche il rischio di una modifica sostanziale della forma mentis degli adolescenti: le funzioni cognitive ed emotive potrebbero diventare sintetiche e la stessa creatività rischia di azzerarsi riducendosi, al contempo, la capacità di risolvere i problemi pratici e l’elaborazione di pensieri più complessi. Un’ applicazione installata sul cellulare viene aperta in modo automatico, senza pensarci troppo. Insorgono paure di mostrarsi in pubblico, di parlare in pubblico, ad esempio durante le interrogazioni a scuola, e quindi, aumentano le insicurezze e le timidezze. Anche la memoria stessa e le capacità di apprendimento potrebbero risentirne perché, oramai, tutto viene delegato al cellulare, dagli appuntamenti, alle scadenze, ai dati archiviati creandosi quindi una dipendenza da quell’oggetto. Lo smartphone organizza la giornata del giovane evitando che egli sforzi, e quindi alleni la memoria.


Inoltre hanno assunto significati diversi anche il “parlare” o il “chiamare”: se al giorno d’oggi, un adolescente dice che ha chiamato un amico e ci ha parlato, il più delle volte significa che ha chattato con quell’amico.


Per i giovani di oggi, ormai, vivere attraverso i social network e sempre connessi ad internet, è diventato quasi un obbligo creandosi e convincendosi che non si esiste e non si è notati se non si è iscritti ed un “fallimento” su internet è visto come una mancata esistenza.


I gesti compiuti devono essere condivisi per poter avere la gratificazione derivante dall’approvazione degli amici e solo tramite internet si acquista riconoscimento sociale e popolarità. Viene condivisa ogni cosa, ogni istante, dal piatto che si ha davanti alla musica che si sta ascoltando, abbattendo i concetti stessi di “privato” e “personale”. Addirittura viene escluso il coetaneo che non ha niente da far vedere e da condividere, che magari tiene ancora alla propria sfera privata. Se ricevono molti “like”, allora hanno la certezza di piacere e di essere accettati: i problemi sorgono se questi contenuti condivisi vengono presi dai coetanei come oggetto di derisione o non ricevono molti consensi, ed, in questi casi, lo stato depressivo e di insicurezza aumentano.


Attenzione: Selfite

Innanzitutto un “selfie” è un termine moderno, mutuato dai paesi anglosassoni, per indicare un autoscatto fatto, solitamente, con uno smartphone, e poi pubblicato e condiviso sui vari social network: consiste nel fotografare il viso o una qualunque altra parte del corpo che si vuole evidenziare e mettere in mostra. Addirittura esistono alcuni social network appositamente creati per la condivisione di soli selfie, come “Facefeed” o “Shots of me”. La “selfite” è la mania, quasi compulsiva, di farsi i selfie e di postarli. Mettiamo subito in chiaro che non c’è niente di male a scattarsi una foto ogni tanto, ma il problema si pone quando insorge una vera e propria dipendenza.


È una moda che indica uno spiccato esibizionismo che, talvolta, però, appare senza limiti: molte varianti di questo fenomeno dimostrano che sono stati superati i confini del normale pudore e dell’intimità, foto, insomma che non lasciano alcuno spazio all’immaginazione. Secondo l’American Psychiatric Association, questa mania nasconderebbe un disturbo mentale. Coloro che si fotografano spesso, in ogni luogo ed in ogni momento, tendono ad essere soggetti insicuri dalla scarsa autostima. Purtroppo, con l’avvento dei nuovi dispositivi tecnologici, rischia di diventare una vera e propria patologia adolescenziale, forse, legata anche alla difficoltà di riconoscere ed accettare i normali cambiamenti del corpo in quella fase: tramite i selfie, i giovani cercano la loro identità tramite il gradimento dei propri coetanei. Sappiamo che gli adolescenti hanno bisogno di essere notati, di essere accettati e, quindi, di autoaffermarsi. Ma molto spesso, dietro a questa moda, apparentemente innocua, si nasconde una vera e propri ossessione per la propria immagine: “vittime” sono soprattutto le giovanissime, che per avere il selfie migliore di quello delle coetanee seguono diete estenuanti e pericolose per la salute. Nasce, per esempio, la cd. “Thin Inspiration”, ovvero l’ispirazione alla magrezza. Talvolta, per questo, arrivano ad avere veri disturbi alimentari. Oltretutto vengono presi come modelli personaggi più o meno famosi della televisione o altre compagne presuntivamente migliori. In pratica, le ragazze utilizzano i selfie per farsi apprezzare e, quindi, vengono postate foto in intimo, in bikini o con vestiti succinti di ogni tipo e genere. Poi, dopo aver postato e condiviso la foto, controllano in modo quasi compulsivo, l’aumento dei consensi (i “like”), destabilizzandosi se non arrivano, scegliendo l’ora giusta del giorno in modo che siano connesse più persone possibili.


(...omissis...)


di Lara Vanni


copia integrale del testo si può trovare al seguente link:
http://www.maremmanews.it/it/index.php/rubriche/social-crime/26878-adolescenti-e-dipendenza-da-internet-parte-1


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)