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Adolescenti tra "canne" e silenzi

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Adolescenti tra "canne" e silenzi
Ricerca nelle scuole di Parma
I risultati di un'ampia indagine condotta dagli psicologi del Centro studi dell'Ausl su oltre mille ragazzi fra i 13 e i 18 anni. L'approccio con le droghe leggere è precoce e avviene anche per curare malessere e timidezza. Fra i problemi principali l'abuso di alcol, il bullismo e l'incapacità di comunicare senza Internet e cellulari
 

di MARIA CHIARA PERRI


Di loro si parla molto, ma li si ascolta molto meno. Sono gli adolescenti di Parma. Nelle ultime settimane alcuni di loro sono finiti sui giornali per episodi davvero poco edificanti, primo fra tutti la vile aggressione al "metallaro errante", quindi per alcune risse in pieno centro che hanno richiesto l'intervento della polizia. Al di là delle generalizzazioni, i problemi ci sono. Ma, sottolineano gli esperti del Centro Adolescenza dell'Ausl, a volte certi comportamenti non sono che un sintomo. La punta di un iceberg di fragilità più profonde, che trovano radici in tutto l'ambiente che circonda il ragazzo.


LA RICERCA. Proprio negli scorsi mesi il Centro studi del Dipartimento assistenziale integrato Salute mentale e Dipendenze patologiche ha pubblicato su The Italian Journal on Addiction, rivista scientifica promossa dal Ministero della Salute, i risultati di un'ampia ricerca condotta nelle scuole medie e superiori di Parma e provincia. Complessivamente sono stati coinvolti 1158 ragazzi e ragazze dai 13 ai 18 anni delle scuole secondarie di primo grado di via Montebello e di San Polo di Torrile e del liceo Marconi, dell'Istituto tecnico Bodoni e dell'Ipsia. Gli psicologi Lucilla Maglio, Giovanni Cerutti e Valentina Puppi hanno somministrato agli studenti questionari anonimi sull'utilizzo e sul grado di conoscenza delle sostanze stupefacenti, un questionario di personalità e test neurocognitivi su memoria, linguaggio e grado d'attenzione.


FUMA HASHISH UN RAGAZZO SU 10. Ed ecco i che cosa emerge: 104 ragazzi, quasi uno su dieci, hanno ammesso di fare uso di sostanze stupefacenti. Si tratta in particolare di hashish e marijuana, utilizzate in prevalenza da maschi (12,5% sul totale, 6% le ragazze) di età compresa tra i 17 e i 18 anni. Non mancano però dieci soggetti di 14 anni, sei maschi e quattro femmine, che hanno ammesso l'utilizzo. Nessuno tra i tredicenni. Come conferma la dottoressa Maglio, c'è stato un abbassamento dell'età nel contatto con gli stupefacenti, ma a questo non corrisponde una corretta percezione degli effetti sulla salute. Basti pensare che 4 ragazzi su dieci hanno risposto "non so" alla domanda sui possibili rischi. E sempre i maschi, rispetto alle coetanee, tendono a dare minor rilievo alla dipendenza e agli effetti delle droghe sullo stato mentale. "A prescindere dagli adolescenti, oggi c'è una tendenza generale all'accettazione sociale di sostanze stupefacenti che prima venivano additate  -  spiega Maglio  -  nei ragazzi non si riscontra una vera conoscenza del fenomeno e non ha attecchito il messaggio dell'illegalità dell'utilizzo, un aspetto sottovalutato".


ABUSO DI ALCOL. Un altro aspetto grave quanto l'utilizzo di stupefacenti è l'abuso di alcol. "Se la maggior parte degli adolescenti prova l'hashish, ma poi solo alcuni continuano, direi che la totalità inizia a bere in giovanissima età. Ma l'alcol provoca più danni a livello psico-organico rispetto alla cosiddetta 'erba'" spiega la psicologa Maria Teresa Gaggiotti del Centro Adolescenza dell'Ausl. Negli ultimi anni ha sentito moltissimi ragazzini raccontarle esperienze di serate finite al pronto soccorso per gravi intossicazioni etiliche. E in questo caso l'aspetto dell'illegalità non viene proprio tenuto in considerazione: "E' visto come meno trasgressivo rispetto alle droghe, quindi anche le prime delle classe si ubriacano senza limiti".

Perché i ragazzi cercano lo "sballo"? Una risposta la dà la ricerca dell'Ausl: autocura. Soprattutto le ragazze cercano nelle sostanze una risposta al malessere noto come "disforia", una tendenza al malumore che può risolversi o sfociare in forme di depressione. La dottoressa Gaggiotti, che dal 2000 dà assistenza ad adolescenti "difficili" e alle loro famiglie, riassume con una parola la madre di tutti i problemi: solitudine.


SINTOMI, NON PROBLEMI. "Gli adulti devono capire che l'adolescente si nasconde dietro a un dito. Il sintomo, che può essere l'uso di droghe o alcol, il disturbo alimentare o di comportamento, non va confuso con il problema e non va stigmatizzato. Bisogna imparere ad ascoltare i propri figli. La maggior parte dei ragazzi che si rivolgono a noi hanno problemi di carattere relazionale, nell'ambito dei pari o della famiglia".


COS'E' CAMBIATO IN 10 ANNI. In poco meno di quindici anni la società è cambiata e con essa i ragazzi. Oggi, spiega la dottoressa, sono più frequenti i casi di autolesionismo e di bullismo, anche compiuto da ragazze nei confronti delle coetanee. Molti i comportamenti devianti nella scuola, dove alcuni ragazzi hanno problemi di condotta che lasciano spiazzati insegnanti e genitori. E poi la sessualità: rapporti sempre più precoci, ma slegati dalla maturità affettiva. Sono problematiche che gli specialisti si trovano davanti fin dall'età delle scuole medie. Nei casi più gravi si arriva all'abbandono scolastico e all'isolamento.


"Internet e i cellulari hanno portato vantaggi, ma anche rarefatto i rapporti diretti fra le persone  -  spiega la dottoressa Gaggiotti  -  oggi si è affermato un modo di comunicare via sms e chat che è molto pericoloso, perché può essere travisato. E' diventata usanza comune lasciarsi via sms. E' molto indicativo: non trovano le parole per dirlo. I ragazzi non riescono più a sostenere la comunicazione interpersonale senza la mediazione dello schermo di un computer e per vincere la timidezza cercano aiuto in alcol e sostanze".


Negli ultimi anni sono cambiate anche le famiglie, sempre più monogenitoriali o allargate, ed è cambiata la composizione della società. Molti comportamenti devianti riguardano ragazzi stranieri di seconda generazione, nati in Italia da genitori immigrati. In un'età delicata come l'adolescenza, in cui tutti si trovano a ridefinire i rapporti con i genitori per trovare i propri spazi di indipendenza, loro vivono il conflitto tra la cultura d'origine e quella in cui sono cresciuti. In alcuni casi le comunità d'origine sono chiuse, in altri casi l'autorità paterna si afferma con forza. E i ragazzi, che persino per lo Stato non sono considerati di cittadinanza italiana, a volte si sentono emarginati dai coetanei "autoctoni".


"SERVONO SPAZI PER I RAGAZZI". Gli adulti possono fare molto. In primo luogo, smettere di delegare: insegnanti e genitori dovrebbero cooperare verso obiettivi comuni anziché fare scaricabarile. Oggi i ritmi del lavoro impediscono ai genitori di passare tempo con i figli e questo provoca nei ragazzini grandi vissuti di solitudine. Poi, a Parma mancano gli spazi in cui stare insieme: "Adesso si ritrovano in galleria Polidoro perché sono stati cacciati dal centro, da piazza Duomo e da piazza Garibaldi. Si vuole guardare da un'altra parte. Ma creare spazi per il tempo libero dei giovani è essenziale  -  conclude Maria Teresa Gaggiotti - Bisogna puntare sull'arte, come musica e teatro, e sullo sport. I ragazzi impegnati in queste attività sono più sani e anche a scuola rendono meglio. Purtroppo molti studenti si allontanano dalla pratica sportiva alle medie perché l'educazione motoria viene vista come materia di serie b e si crea un'esclusione basata sulle performance. Ricordiamoci che i problemi di condotta, come il marinare la scuola, non si risolvono di certo con un badge".


Se non si lavora sulla prevenzione, l'intervento degli operatori della salute rischia di assomigliare a quello di un prete al capezzale del malato. I servizi a disposizione dei giovanissimi ci sono e sono molto utilizzati: nell'ultimo mese lo Spazio Giovani di via Melloni ha registrato 30 nuovi accessi, uno al giorno. E' lo sportello al quale i ragazzi fino a vent'anni possono rivolgersi gratuitamente per un consulto psicologico, quando il disagio non è ancora strutturato. Come spiegano le psicologheBarbara Branchi e Giorgia Morini, i ragazzi vengono intercettati già a scuola, dove vengono proposti progetti di gruppo che stimolano il dibattito e l'ascolto sui temi fondamentali della crescita. "L'obiettivo non è dare risposte preconfezionate, ma stimolare un confronto e far emergere le domande  -  dicono le specialiste  -  si aiutano i ragazzi a comprendere il disagio proprio e altrui". E, soprattutto, si insegna ad ascoltare.


http://parma.repubblica.it/cronaca/2013/11/08/news/adolescenti_tra_canne_e_silenzi_ricerca_nelle_scuole_di_parma-70497112/


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)