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Alcol come "droga ponte" e fattore chiave del danno sociale da uso di sostanze

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Alcol come "droga ponte" e fattore chiave del danno sociale da uso di sostanze


Emanuele Scafato - direttore Osservatorio Nazionale Alcol Cnesps - Centro collaboratore OMS per la
ricerca e la promozione della salute su alcol e problemi alcol correlati; presidente SIA e
vicepresidente European Federation of Addiction Societies" (EUFAS)


Il consumo di alcol è un fenomeno preoccupante e in forte crescita a livello nazionale; in particolare,
destano preoccupazione i modelli e le nuove culture del bere da parte dei giovani, come sottolineato
dalla Relazione del ministero della Salute al Parlamento sugli interventi realizzati ai sensi della legge
30.3.2001 n.125 "Legge quadro in materia di alcol e problemi alcol correlati" e dalla Relazione
annuale del dipartimento delle Politiche Antidroga al Parlamento sull'uso di sostanze stupefacenti e
sulle tossicodipendenze in Italia, i cui dati sono stati confermati recentemente dall'ultima rilevazione
dell'indagine Passi.
Numerose osservazioni rilevano che il modello culturale legato all'uso di sostanze psicoattive da
parte dei giovani è oggi fortemente caratterizzato da un comportamento che privilegia un utilizzo
preliminare, spesso rituale o comunque ricreazionale dell'alcol. L'alcol viene consumato secondo
modalità rischiose o dannose, seguito e completato dall'uso di droghe illegali, con fenomeni di
sostituzione e integrazione delle diverse sostanze che sono utilizzate secondo ben consolidati
fenomeni di poliassunzione.

L'alcol? Un ponte verso altre droghe
Diverse evidenze scientifiche mostrano che l'alcol rappresenta oggi per molti giovani la gateway
drug, ovvero la "droga ponte" che facilita e favorisce il consumo di droghe illegali di sempre maggior
riscontro nei contesti ricreazionali e di aggregazione giovanile. La teoria del gateway drug, basata
sul concetto di escalation dell'uso di sostanze è un'evidenza ben confermata in 17 Paesi del mondo,
inclusa l'Italia. Ciò ribadisce l'assoluta indispensabilità e importanza di interventi di prevenzione che
riguardano tutti i tipi di droghe.
Il consumo rischioso e dannoso di alcol interessa nel mondo tutte le fasce d'età, inclusi gli
adolescenti, ed è associato a una serie di conseguenze a breve e a lungo termine. A questo riguardo,
l'alcol alla guida rappresenta la prima causa di morte tra i giovani.
Per consumo rischioso si intendono livelli di consumo o modalità del bere che possono determinare
un rischio nel caso di persistenza di queste abitudini. Il consumo dannoso indica livelli di consumo
che causano danni alla salute a livello fisico o mentale.
Le cause di questo fenomeno sono molteplici, ma non tutte adeguatamente considerate nella
valutazione di impatto che accompagna la programmazione degli interventi di prevenzione e delle
stesse politiche sull'alcol. Politiche quasi sempre focalizzate sulla cura e poco orientate a una
prevenzione di lungo termine e, comunque, non garantite da investimenti costanti, mirati a rendere
possibile l'abbattimento degli ingenti costi tangibili e intangibili che l'alcol comporta per la nostra
nazione (1-3% circa del prodotto interno lordo).


Prevenzione e bassa percezione del rischio
In Italia, come in Europa e nel resto del mondo, è molto bassa la percezione del rischio legato al
consumo rischioso di alcol rispetto a quello delle droghe: questo il tema dominante dell'articolo di
David Nutt "Drug harms in the UK: a multicriteria decision analysis", pubblicato l'1 novembre 2010
su The Lancet. Secondo l'autore, le attuali iniziative e azioni di prevenzione non sono adeguate né
coerenti e l'attenzione degli investimenti pubblici è sbilanciata sulle droghe illegali, nonostante l'alcol
abbia un impatto sociale di gran lunga più evidente, oggi ben documentato a integrazione dei dati
pubblicati da Nutt due anni fa sull'impatto sanitario sul danno e sul rischio alcol correlato.
La chiave di lettura finale fornita dai dati è che la ridefinizione delle politiche di prevenzione
dovrebbe tener conto della bassa percezione sociale e individuale del bere piuttosto che alla
valutazione del pericolo dell'uso di droghe, e dovrebbe contribuire a ridefinire le prospettive dei ruoli
della prevenzione, dell'identificazione e della gestione dei problemi connessi all'uso ormai quasi
integralmente coesistente nei soggetti a rischio di alcol e droghe.

Il consumo di alcol nei giovani e negli adulti
Negli adolescenti, il consumo di alcol è associato a numerosi comportamenti a rischio come attività
sessuale precoce, assenze scolastiche ingiustificate e riduzione delle prestazioni scolastiche,
violenza, bullismo e possesso di armi. Inoltre, il consumo di alcol interferisce con il normale sviluppo
cognitivo, emotivo e delle competenze sociale degli adolescenti, ed è legato a una serie di disordini
psichiatrici e al fenomeno della delinquenza giovanile. Inoltre, coloro che iniziano a bere prima dei
15 anni di età hanno un rischio 4 volte maggiore di sviluppare alcoldipendenza in età adulta rispetto
a coloro che posticipano il consumo di bevande alcoliche all'età di 21 anni.
Negli adulti, oltre all'impatto delle patologie in termini di malattia, disabilità e mortalità prematura,
risulta sottostimato ma imponente il peso di condizioni sociali individuali attribuibili all'alcol in misura
maggiore che per le droghe e determinanti la riduzione del reddito, la perdita del lavoro, la riduzione
delle prestazioni lavorative, problemi con la giustizia per disturbi della quiete o dell'ordine pubblico,
problematiche o perdite affettive, familiari, separazioni solo per citarne alcuni. Ma gli effetti negativi
si estendono alla collettività e anche in questo caso l'alcol ha il sopravvento sulle droghe in termini di
impatto relativamente a incidenti stradali, domestici, lavorativi, atti criminali come rapine,
aggressioni alle forze dell'ordine, furti, violenze, danni alle cose e all'ambiente, maltrattamenti ai
minori o al coniuge. Il lavoro di Nutt conclude che si tratta di fatti ordinari, di comune esperienza
quotidiana, di cui non sempre si ha consapevolezza, collegati più al consumo rischioso di alcol che a
quello di droghe.


Il consumo di alcol in Italia
In Italia, sono circa 9 milioni i soggetti con un consumo rischioso di alcol e, quindi, potenzialmente
suscettibili di un intervento di carattere sanitario. Di questi, oltre 500 mila sono giovani di 11-15
anni, che diventano 1 milione e 200 mila circa se si considerano i ragazzi fino a 24 anni. I dati sul
rischio alcolcorrelato tra i giovani comprendono anche quelli relativi alle condizioni estreme, come
l'intossicazione acuta alcolica e l'alcoldipendenza. Il 18% circa di tutte le intossicazioni acute
alcoliche che giungono ai Pronto soccorso nazionali sono riferibili a ragazzi di età inferiore ai 14 anni.
Inoltre, dei 60 mila alcoldipendenti in carico ai servizi per il trattamento dell'alcoldipendenza in
Italia, l'1,3% dei nuovi utenti (in costante aumento dal 1996) ha un'età inferiore a 20 anni. Per tutti
questi giovani e adolescenti, l'alcol rappresenta una reale emergenza e la "droga ponte" di elezione
con sempre maggiore diffusione.
Rilevante e apprezzabile, a questo riguardo, il richiamo forte del nuovo Piano nazionale antidroga,
approvato alla fine di ottobre 2010 dal Consiglio dei Ministri, a un rinnovato approccio trasversale
rispetto alle sostanze e alle stesse azioni. Fondamentale appare il pilastro della prevenzione e della
comunicazione orientate a un coordinamento di tutte le azioni che le diverse competenze istituzionali
hanno l'obbligo di implementare in un'ottica comune di riduzione del danno e del rischio nella
popolazione.


L'identificazione precoce del problema
Gli operatori dell'assistenza sanitaria primaria svolgono un ruolo fondamentale nel prevenire i danni
alcolcorrelati mediante l'identificazione precoce del consumo a rischio e fornendo appropriati
interventi.
In funzione delle radici culturali, dell'evoluzione e del consolidamento del fenomeno del binge
drinking tra i giovani italiani, è imperativo dotarsi di una strategia multidimensionale che possa
identificare precocemente il consumatore a rischio attraverso competenze indispensabilmente legate
alla primary health care e ai Servizi di alcologia, non a quello esclusivo delle
dipendenze, opportunamente a esse integrate in una rete ottimale di ruoli e professionalità la cui
formazione possa essere maggiormente aderente alle esigenze di gestione delle problematiche e
patologie alcol correlate - PPAC, così definite dalla SIA, Società Italiana di Alcologia , di persone che
non sono alcoldipendenti ma che hanno problemi sociali o di salute con l'alcol. Una esigenza
supportata anche dalle indicazioni della Consulta Nazionale Alcol e condivise come outcome della
prima Conferenza Nazionale Alcol che ha condiviso l'opportunità dell'adozione prioritaria di idonee
iniziative di formazione/prevenzione, standardizzate e implementate a livello internazionale
dall'Oms, già svolte in Italia (Corsi IPIB, Identificazione precoce e intervento breve) dall'Osservatorio
nazionale alcol, Cnesps, Istituto superiore di sanità, rivolte a provvedere a garantire la formazione
relativa all'erogazione di interventi che possano contribuire efficacemente a ricondurre il
consumatore a rischio, identificato attraverso l'AUDIT test, a livelli moderati di consumo di alcol.
Questi interventi interromperebbero la possibile evoluzione verso condizioni che facilitano l'uso di
droghe, favorite dalla bassa percezione del rischio da parte dei giovani causata dall'alcol e dal
consolidamento di un atteggiamento mentale che predispone all'uso indiscriminato di sostanze
psicoattive.


Criteri diagnostici a confronto
In letteratura sono pubblicate numerose linee guida che enfatizzano l'importanza dello screening del
consumo di alcol negli adolescenti, la più recente delle quali è dell'American Academy of Pediatrics
(AAP, 2010). A questo riguardo, tra le questioni maggiormente dibattute negli ultimi anni, ci sono
quelle legate ai criteri per la diagnosi di abuso alcolico e di alcoldipendenza e agli strumenti di
screening da adattare nei bambini e negli adolescenti. In particolare, per la diagnosi di abuso di
alcol, i criteri diagnostici del "Diagnostic and statistical manual of mental disorders" (Dsm IV-TR)
hanno delle limitazioni quando applicati ai giovani adolescenti, soprattutto per quanto riguarda le
crisi di astinenza e il fenomeno della tolleranza, di bassa specificità per gli adolescenti, e per la
tipologia del consumo poiché negli adolescenti è più frequentemente episodico ed eccessivo rispetto
a quello degli adulti. Anche per la definizione di binge drinking, ovvero il "consumo eccessivo
episodico" ci sono differenze tra adulti e giovani. Negli adulti si riferisce al consumo di 6 o più unità
alcoliche in un'unica occasione, recenti studi in adolescenti di 9-13 anni e nelle ragazze di 14-17
suggeriscono di definirlo come il consumo episodico di 3 o più unità alcoliche in un'unica occasione,
4 o più in ragazzi di 14-15 anni e 5 o più in ragazzi di 16-17 anni. Così come per la diagnosi di abuso
di alcol, anche per la diagnosi di alcoldipendenza negli adolescenti vi sono delle limitazioni all'utilizzo
dei criteri Dsm IV TR.

 
Un problema individuale e sociale
Interrompere la spirale che conduce dal rischio di un consumo dannoso per la salute a quello della
tossicodipendenza, favorita dalla assunzione di alcol come sostanza "ponte", è evidente dai dati
trasmessi sia dal ministero della Salute nella Relazione annuale al Parlamento (legge 125/2001), sia
dalla Relazione annuale del dipartimento delle Politiche Antidroga. Entrambi concordano sul fatto che
l'alcol sia la sostanza psicoattiva più diffusa e disponibile nella società e che il suo basso costo sia
favorito dalle promozioni al bere. Il consumo di alcol, infatti, costituisce una pericolosa e oramai
consolidata esperienza nei luoghi di aggregazione giovanile con rischi evidenti non solo in termini di
salute dell'individuo, ma anche di sicurezza per la collettività.
L'alcol è tra le principale cause di disabilità, mortalità prematura e patologie di lunga durata,
soprattutto a carico di giovani e giovani adulti in età produttiva, la cui esperienza negativa si riflette
inevitabilmente sulla famiglia e sulla società. Si tratta di una errata interpretazione di un
comportamento che è imputabile principalmente a una responsabilità individuale, che si scontra con
modelli del bere che propongono e diffondono la cultura di fenomeni non sufficientemente
contrastati come quelli del binge drinking, drink as much as you can, pubs's crawl, botellon.
Sensibilizzare, informare, intercettare e coordinare gli interventi
Intercettare precocemente questi comportamenti è la strategia che a livello internazionale europeo e
nazionale è scientificamente dimostrato avere il più basso costo e la massima efficacia. Fornire ai
giovani che fanno ricorso alle prestazioni del Pronto soccorso per intossicazioni alcoliche
un'indispensabile supporto, consistente in un colloquio motivazionale e in una valutazione attraverso
le competenze specifiche di operatori e professionisti della salute, è allo stato attuale una delle
principali urgenze in termini di offerta al cittadino di servizi e di prestazioni orientate alla tutela della
salute individuale e collettiva.
Sensibilizzare, informare, promuovere la salute attraverso un approccio integrato e coordinato di
tutte le istituzioni che possono contribuire a ridurre il rischio alcolcorrelato nei giovani italiani è il
principale elemento di contrasto alla cultura del rischio e del danno: sia esso direttamente
alcolcorrelato o indirettamente favorito dall'alcol in funzione di una tossicodipendenza sviluppata a
seguito di un'alterata percezione del rischio che rende l'alcol la gateway drug per eccellenza.
Dalle evidenze sinora riportate emerge urgente la necessità di: un'azione cardine rivolta alla
identificazione precoce del rischio e del danno; intercettare i giovani e gli adolescenti che possono
giovarsi di interventi di formazione, sensibilizzazione, informazione; incrementare la
consapevolezza; apportare interventi brevi nelle forme e nelle modalità attualmente validate e
adottate a livello internazionale. Interventi che richiedono i finanziamenti di cui l'alcol da anni non
dispone nella ricerca, nella programmazione e nella prevenzione e che, alla luce delle evidenze
scientifiche, si qualificano come investimenti di breve, media e lunga durata, il cui valore aggiunto si
estende oltre l'individuo e ricomprende l'intera società.


Riferimenti
Legge n.125 del 30 marzo 2001 "Legge quadro in materia di alcol e di problemi alcolcorrelati" pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale n. 90 del 18 aprile 2001
Presidenza del Consiglio dei Ministri. Dipartimento Politiche antidroga "Relazione annuale al Parlamento sull'uso
di sostanze stupefacenti e sulle tossicodipendenze in Italia (2010)"
Ministero della Salute (2009) "Relazione del Ministro della Salute al Parlamento sugli interventi realizzati ai
sensi della legge 30.03.2001 n.125 "Legge quadro in materia di alcol e problemi alcolcorrelati"
Scafato E, Ghirini S, Galluzzo L, Farchi G e Gandin C per il gruppo di lavoro CSDA (2010) "Epidemiologia e
monitoraggio alcol-correlato in Italia. Valutazione dell'impatto dell'uso e abuso di alcol ai fini
dell'implementazione delle attività del Piano Nazionale Alcol e Salute. Rapporto 2010". Rapporto Istisan 10/5
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formazione Ipib-Phepa: identificazione precoce e intervento breve dell'abuso alcolico in Primary Health Care"
(pdf 1,7 Mb)
Scafato E, Gandin C, Patussi V e il gruppo di lavoro Ipib. "L'alcol e l'assistenza sanitaria primaria. Linee guida
per l'identificazione e l'intervento breve (2010)".


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)