Alcol: come valutare il danno. Alcune considerazioni a partire dai lavori di David Nutt
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Alcol: come valutare il danno. Alcune considerazioni a partire dai lavori di David Nutt
Un problema sociale
All'inizio degli anni settanta l'uso di sostanze psicoattive veniva letto dai sociologi inglesi come un tentativo per
risolvere problemi altrimenti non affrontabili con gli strumenti culturali disponibili.
L'analisi era centrata sulla distinzione tra tempo attivo (produzione, lavoro, studio) e tempo non attivo (tempo
libero, divertimento), dove emergevano le dicotomie collegate all'accettazione/negazione dell'etica del lavoro: l'uso di sostanze
illegali veniva collocato nella fascia del divertimento, ovverosia nel tempo non produttivo (3). Avremo pertanto un uso di
droghe legato alla produttività, definito come legale, ad un uso collegato all'edonismo ed al non lavoro, definito come
illegale. Per ogni sostanza, sia legale che illegale, avremo quindi un uso lecito, un uso tollerato ed un uso condannato, in
relazione ai diversi target di riferimento. Se una sostanza migliora l'efficienza nel lavoro o aiuta le relazioni
(socialità) dopo il lavoro, è approvata. Se è usata per soli fini edonistici, è condannata. Per quanto riguarda l'alcol, il cui
uso è legale, viene tollerato come forma di socializzazione (durante gli affari, per relax dopo il lavoro, nel tempo
dedicato al divertimento in genere), ma viene condannato quando il bere diviene problematico. In questo caso i ruoli di
bevitore sociale e di alcolista sono soluzioni culturalmente definite di particolari problemi.
Per Skog i fattori biologici, fisici e ambientali che influenzano il comportamento alcolico di un individuo si combinano
moltiplicativamente nel determinare il comportamento stesso (4). La cultura alcolica di una popolazione non dovrebbe essere
concepita come un aggregato di culture individuali indipendenti, bensì come un sistema altamente organizzato nel quale il
comportamento di un individuo influenza quello degli altri della sua rete sociale, instaurando in tal modo meccanismi informali
di controllo del comportamento alcolico. Ciò comporta che i cambiamenti del consumo medio pro capite in una popolazione
dovrebbero essere la risultante dei cambiamenti delle abitudini alcoliche di tutti gli individui di quella popolazione.
Per Kreitman la parte sommersa dei problemi alcol correlati, quella cioè attribuibile a consumi moderati, ha una dimensione
molto elevata e genera un numero cospicuo di problematiche sanitarie (5). In questo caso, gli interventi preventivi mirati ai
soli gruppi a rischio sembrano destinati ad avere un impatto sulla salute pubblica di gran lunga inferiore rispetto a
strategie che considerano come target l'intera popolazione. Per spiegare i diversi atteggiamenti culturali nei confronti del
bere viene preso in considerazione il valore d'uso che viene fatto delle bevande alcoliche e la loro funzione sociale. A una
cultura nella quale il valore d'uso principale è costituito dall'euforia si contrappone una cultura nella quale altri sono i
valori d'uso dominanti, come ad esempio il nutrimento o la socialità (6).
La maggior parte delle persone beve alcolici per migliorare la propria socialità, in situazioni di gruppo, occasioni
particolari, divertimento comunque inteso. Una parte più limitata beve per le emozioni provocate o addotte all'alcol, per il
feeling con la sostanza. Solo una minoranza dichiara di bere per ridurre alcuni potenziali effetti considerati come negativi
(7). Tali motivazioni sembrano collegate a fattori storici, tradizionali, socio culturali, ambientali, individuali ed ai
potenziali effetti attesi, cui si aggiunge il mercato, inteso come produzione, disponibilità, prezzi, iniziative
promozionali e pubblicità (8). Non va infatti dimenticato che l'alcol è legale e costa poco.
Oggi
Queste premesse che, bene o male, influenzano tuttora molte politiche di prevenzione, sono in parte cambiate negli ultimi
quaranta anni. La tendenza attuale, soprattutto tra le giovani generazioni, sembra superare la dicotomia legale/illegale all'
interno di un uso delle bevande alcoliche in alternativa o in concomitanza di altre sostanze psicoattive, ma con
motivazioni simili (9). Inoltre, oltre ai cambiamenti strutturali che hanno modificato il sistema sociale moderno, rendendolo
oltremodo complesso, sono notevolmente cambiati il mercato dei prodotti alcolici e la sua rete distributiva, rimarcati dalla
crescita di un'economia della notte in continua espansione e orientata al consumo. Cambiamenti facilitati dal crescente
significato economico del piacere fomentato dal cambiamento culturale nelle società post industriali.
L'uso di alcol determina gravi problemi sociali e sanitari ed è stata dimostrata la relazione con un elevato rischio di
mortalità anche a bassi dosaggi. Le problematiche relative possono essere suddivise in due aspetti: le complicazioni di tipo
medico sanitario, ivi compreso morbilità e mortalità, e la modificazione in atto negli stili del bere. Una volta considerato
che la prevalenza di comportamenti pericolosi correlati all'uso aumenta con l'età, la tendenza tra i più giovani a considerare
l'alcol come una vera e propria sostanza psicoattiva va osservata con molta attenzione, soprattutto in relazione a potenziali
politiche di prevenzione. Infatti le modalità del bere giovanile si stanno differenziando da quelle degli adulti e questo
mutamento in corso va esaminato all'interno dei cambiamenti più generali dei consumi alcolici e delle trasformazioni sociali in
atto. È in aumento il bere fuori dai pasti, l'abitudine di ubriacarsi e il binge drinking, soprattutto tra le giovani donne.
Tra i più giovani i significati attribuiti all'uso dell'alcol, similmente alle altre sostanze illegali, vengano motivati dalla
ricerca di effetti considerati positivi. Questo è confermato anche dai risultati di studi recenti, dove i significati attribuiti
dai più giovani non divergono tra maschi e femmine e sono simili per cannabis e cocaina (10). Tra i minorenni di entrambi i
sessi, soprattutto i minori di sedici anni, rispetto ai maggiorenni, prevale un uso di alcol per
socialità, divertimento, curiosità, ricerca di sensazioni ed emulazione. I maggiorenni riportano invece un uso motivato da
piacere, ricerca di disinibizione, alimentazione, normalità e relax.
Per la maggior parte dei giovani l'alcol è una componente chiave del time out, cioè il tempo trascorso fuori da casa e
scuola, ed è la sua centralità nel divertimento che lo rende la droga favorita. I giovani decidono se, cosa e quanto bere in
base ad un calcolo costi benefici che è parte della loro ampia valutazione dei rischi in relazione al repertorio delle
sostanze a cui hanno accesso (11). C'è inoltre evidenza di una scelta anche in relazione a molti altri fattori, tra
cui si segnalano gli effetti desiderati, i prezzi e la più o meno facile disponibilità. La maggior parte impara e
bere tramite i propri amici, dentro un percorso di socialità, molto prima di avere l'età giusta per frequentare i locali.
A prescindere dalle diverse fasce di età, se analizziamo la dimensione tempo, osserviamo come siano saltate le distinzioni tra
tempo di lavoro/studio e tempo libero come spazi di separazione tra uso e non uso, ed il consumo possa essere interpretato
come un tentativo di gestire il tempo: passare il tempo (tempo libero, noia), fermare il tempo (prolungare l'adolescenza),
anticipare il tempo (diventare grandi), posticipare il tempo (migliorare specifiche prestazioni), ottimizzare il tempo
(lavoro, studio, sport).
Le modificazioni in atto negli stili del bere si notano anche analizzando dati epidemiologici. Osservando l'andamento della
probabilità di ricovero ospedaliero in base alle diagnosi di dimissione, risultano in diminuzione quelle per danni
epatici, stabili quelle per dipendenza e in aumento quelle per abuso. Questo tipo di lettura trova ulteriori conferme da
analisi in chiave geografica (12). In Emilia Romagna, man mano che ci spostiamo dal nord verso il sud della regione,
cioè dalla provincia di Piacenza alle zone della riviera romagnola, aumenta la probabilità di ricoveri per abuso e diminuisce
quella per danni epatici (13). Questo dato molto probabilmente riflette problematiche tipiche delle varie aree, frutto non solo
di diverse abitudini e tradizioni nell'uso/abuso degli alcolici radicate da tempo nel territorio, ma anche dei diversi utilizzi
e dei diversi significati attribuiti a tale consumo.
Per quanto riguarda invece la relazione con le sostanze illegali, riporto i dati preliminari di una ricerca condotta su oltre
un milione di accessi al pronto soccorso negli anni 2007/2008, dove la prevalenza per alcol era almeno del 10.3 su mille, in
aumento il fine settimana e dalle 23 alle 5 del mattino, con una probabilità più elevata per i maschi, gli stranieri ed i
giovani di 17/18 anni. Si tratta di accessi per problemi all'apparato digestivo, disturbi psichici e traumi (incidenti
stradali, lesioni, atti violenti, tentati suicidi), in molti casi in combinazione con altre sostanze, sia illegali
(cannabis, cocaina, eroina) che legali (benzodiazepine, psicofarmaci).
Tutti questi dati evidenziano la prevalenza elevata di un fenomeno che in larga parte non emerge dal sommerso: differenze
geografiche, etniche, di genere e generazionali. Tali diversità riflettono aspetti specifici di un problema complesso e in
continua evoluzione la cui lettura non può essere semplificata. Ad esempio, le modificazioni in atto nell'uso di alcol
tra le donne vanno interpretate in modo non disgiunto dai cambiamenti negli stili di consumo tra i giovani,
dall'allentarsi delle reti tradizionali di controllo sulle giovani generazioni, dall'accentuarsi delle differenze tra aree urbane
e comunità montane, dall'emergere di una società multi etnica, e più in generale da tutto quello che riguarda i processi di
emancipazione e la messa in discussione dei ruoli all'interno della famiglia e al lavoro (14). Quello che sorprende è il
forte influsso dei contesti culturali di riferimento, col permanere di modelli tradizionali in cui l'alcol appartiene a cultura
e alimentazione, assieme all'emergere di nuovi significati, per molti versi simili e complementari a quelli di altre sostanze
illegali.
NOTE BIBLIOGRAFICHE
1) Nutt DJ, King LA, Phillips LD; Independent Scientific Committee on Drugs. Drug harms in the UK: a multicriteria decision
analysis. The Lancet Nov 6;376(9752):1558 65, 2010
2) Nutt D., King L.A., Saulsbury W., Blakemore C., Development of a rational scale to assess the harm of drugs of potential
misuse, The Lancet 2007 March 24, 369(9566):1047 53, 2007
3) Young J., The drugtakers. The social meaning of drug use. Paladin, London, 1971
4) Skog O.J., The collectivity of drinking cultures: a theory of the distribution of alcohol consumption, British journal of
addiction 80: 83 99, 1985
5) Kreitman N., Alcohol consumption and the preventive paradox, in "Addiction", 81 (3): 353 363, 1986
6) Cottino A., L'ingannevole sponda. L'alcol fra tradizione e trasgressione, NIS Roma, 1991
7) Pavarin R.M., Sostanze legali e illegali: motivi e significati del consumo FrancoAngeli Milano, 2008
8) Kuntsche E., Knibbe R., Gmel G., Engels R., Why do young people drink? A review of drinking motives, in "Clinical Psychology
Review",25(7):841 61, 2005
9) Pavarin R.M., L'alcol tra alimento e cattiva abitudine in ‐ Sballo. Nuove tipologie di droga nei giovani di Pavarin RM e
Dionigi A. pag 151/170 Edizioni Erikson Trento, 2010
10) Pavarin R.M., Significati e poliassunzione in Sballo. Nuove tipologie di droga nei giovani di Pavarin RM e Dionigi A. pag
143/147 Edizioni Erikson Trento, 2010
11) Parker H., Aldridge J, Measham F, Haynes P., Illegal Leisure:The Normalisation of di Adolescent Recreational Drug
Use, Routledge London, 1998
12) Pavarin R.M. Alcuni spunti di analisi in Alcol e alcolismo in Emilia Romagna, Pavarin RM e Mosti A (a cura di) pag 39/66
CLUEB Bologna, 2009
13) Pavarin R.M., Marani S., Sanchini S., Turino E., Ruo M., Stili di consumo e problemi alcolcorrelati. Analisi dei ricoveri
ospedalieri alcolcorrelati dei residenti nella regione Emilia Romagna: periodo 1997/2008 Bollettino per le farmacodipendenze e l'
alcolismo n. 3 pag. 143/153, 2009
14) Pala B., Il consumo alcolico femminile tra ricerca di parità e aumento del rischio: quale prevenzione?, Annali dell'Istituto
Superiore di Sanità, 40(1):41 ‐46, 2004
15) Parker H, Williams L, Aldridge, The Normalisation of Sensible Recreational Drug Use: Further evidence from the North West
England Longitudinal Study Sociology 36(4):941 ‐964, 2002
Tratto da: "Alcol: come valutare il danno. Alcune considerazioni a partire dai lavori di David Nutt"
Raimondo Maria Pavarin
Osservatorio Epidemiologico Dipendenze Patologiche Azienda Usl città di Bologna
Alcologia n. 9, dicembre 2010
(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)