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Alcol: dipendenza da spezzare

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Alcol, dipendenza da spezzare

In Italia almeno 30 mila persone muoiono ogni anno per cause correlate all'abuso di alcol. Solo nel nostro Paese si calcola che ci siano un

milione mezzo di alcolisti. Con un costo complessivo stimato intorno al 3,5% del Pil
Un quarto degli omicidi che si commettono nel nostro Paese e un sesto dei suicidi hanno a che fare con l'abuso di alcol. E si stima che in

Europa ci siano dai cinque ai nove milioni di bambini che vivono in famiglie nelle quali c'è un problema correlato a questa sostanza.
L'alcolismo è una malattia cronica recidivante che riguarda circa 1 milione e mezzo di persone solo in Italia. Ma l'Organizzazione mondiale

della sanità (Oms) calcola che, nel mondo, l'alcol provochi complessivamente 2 milioni e mezzo di morti ogni anno, di cui almeno 30 mila nel

nostro Paese.
Dell'argomento si è parlato oggi a Roma, in un incontro per presentare un'arma in più che ora i medici (e i pazienti) italiani hanno

gratuitamente a disposizione per contrastare la dipendenza da alcol. Da pochi giorni, infatti, un "vecchio" farmaco, l'acamprosato, è stato

inserito nella Classe A del Prontuario farmaceutico, rendendolo così interamente prescrivibile a carico del Servizio sanitario pubblico. Il

farmaco è già prescritto in 40 Paesi nel mondo con un uso nella pratica clinica che ormai è consolidato da oltre venti anni.
Tralasciano il dettaglio del meccanismo d'azione, basti sapere che acamprosato agisce riducendo il craving, cioè il desiderio insopprimibile

di bere, permettendo di prolungare i periodi di astinenza da alcol e così diminuendo l'incidenza, la gravità e la frequenza delle ricadute

nelle persone alcoldipendenti.
«I dati epidemiologici - ricorda Mauro Ceccanti, professore di Metodologia clinica e semeiotica medica e responsabile del Centro di

riferimento alcologico della Regione Lazio - ci informano che una parte notevole della popolazione italiana ha problemi e patologie alcol-

correlati; quello che è poco noto è che le persone che condividono gli effetti dell'azione dell'alcol e vengono, pertanto, definite

"alcolisti" o "alcol dipendenti", sono il prodotto di una complessa interazione ambiente-genotipo, in cui l'alcol è l'unico elemento

sicuramente comune. Ciò ha sempre comportato una obiettiva e comprensibile difficoltà nell'individuazione di terapie farmacologiche efficaci

quando si è tentato di intervenire sulla dipendenza da alcol - aggiunge Ceccanti - senza considerare le differenze dei fattori genetici e

ambientali che intervengono nella genesi di quello che noi chiamiamo "alcolista". Nella lotta all'alcolismo questa nuova terapia offre

importanti potenzialità: diminuisce infatti l'incidenza, la severità e la frequenza delle ricadute e può essere utilizzato anche in caso vi

siano patologie correlate all'uso di alcol. L'importanza di poter utilizzare questo farmaco nella pratica clinica discende anche dallo scarso

numero di "armi" farmacologiche in nostro possesso fino a oggi».
È importante, comunque, che il trattamento con il farmaco sia accompagnato da un sostegno psicosociale o psicoterapeutico. «La terapia

farmacologica - conferma Alfio Lucchini, psichiatra, direttore del Dipartimento dipendenze della Asl Milano 2 e presidente nazionale della

Federazione degli operatori dei dipartimenti e dei servizi delle dipendenze - costituisce un valido aiuto al sostegno psicoterapeutico, per

ottenere un buon risultato nel trattamento di un paziente alcol dipendente. Acamprosato si propone dunque come valido strumento complementare

alla psicoterapia in quanto non procura dipendenza, abuso o astinenza alla sua sospensione e non va in conflitto con altri farmaci, che

spesso il paziente deve assumere per curare altre patologie correlate».
Secondo i dati della Relazione del ministero della Salute del 2010, a oggi sono poco più di 69.000 i pazienti alcoldipendenti che afferiscono

ai 459 Servizi di alcologia dislocati sul territorio italiano e, di questi, solo circa 18.000 ricevono un programma di cura di tipo

integrato, cioè un programma in grado di associare l'intervento psicosociale con quello farmacologico. Cifre che lasciano intendere quanto

ancora ci sia da fare. Anche se, come sottolinea Lucchini, il trend è in miglioramento, visto che appena pochi anni fa le persone in cura

erano molte di meno. «Le ragioni di questo limite - spiega comunque Lucchini - sono riconducibili a tre problematiche principali: la

necessità dell'implementazione dell'offerta terapeutica da parte dei Servizi di alcologia; la scarsità delle opzioni farmacologiche che la

scienza mette a disposizione del medico; la difficoltà da parte dei medici specialisti della prescrizione delle classi di farmaci più

efficaci, anche per l'esistenza di alcune limitazioni prescrittive».