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Alcol e droga, i responsabili di molti incidenti sul lavoro

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Alcol e droga, i responsabili di molti incidenti sul lavoro

In auto si rischiano ritiro della patente e sequestro del mezzo. In azienda, il posto di lavoro, ma non è chiaro. O meglio, lo è per l'abuso

di stupefacenti, ma non di alcol: perchè la normativa vigente «non sancisce modalità strutturali di intervento, nè criteri di verifica

uniformi», nonostante l'alcol causi fino a un terzo degli infortuni.
Lo ha precisato Mauro Parolini, consigliere al Pirellone, e lo hanno ribadito gli esperti chiamati all'incontro in Aib su «Alcol e droga:

problematiche nel mondo del lavoro», promosso da Synalib Italia srl e Associazione Industriali Bresciani. Mentre la scienza fa passi da

gigante, e basta un capello per accertare abuso istantaneo e cronico, di droghe e alcol, di contro, «resta un vuoto normativo» che crea

difficoltà operative a medici, imprenditori, legali. Tanto che l'avvocato Sergio Ambrosio non esclude si potrebbe «prendere spunto dal Codice

della strada per stabilire criteri certi» qualora un dipendente sia pizzicato in stato di ebbrezza.
«Uno degli aspetti più delicati resta la vigilanza - spiega -: spesso il grado di alterazione, specialmente alcolica, non è visibile. E in

caso di infortunio, attribuire la responsabilità è difficile: il pm può rifarsi sul datore che, però, non è tenuto a controllare di persona

la salute dei sottoposti». E allora conviene «predisporre un documento di valutazione del rischio che prescriva il livello alcolemico zero»,

andando oltre il Testo unico che vieta somministrazione e assunzione (soprattutto per le categorie a rischio, come evidenziato da Roberto

Colombo, direttore medico Synlab).
Ma, sotto il profilo penale, servirebbe un intervento tempestivo del medico per gli accertamenti e l'approfondimento delle autorità

giudiziarie Asl. Insomma, una catena che si inceppa sul chi deve fare cosa. Ribadisce l'avvocato: «la chiave interpretativa sulla sicurezza

non può essere affidata solo ai datori di lavoro».
CI HA PROVATO Francesco Uberto, presidente dei Giovani Aib e Ad inAso Group, che ha deciso «di affrontare l'abuso di alcol con i dipendenti,

mettendo in campo una serie di azioni che vanno dalla formazione allo sviluppo di consapevolezza e autocontrollo per modificare i

comportamenti a rischio».
Difficile stilare dati certi sull'efficacia dello screening in Italia per le categorie a rischio (autisti, ferrovieri, trasportatori e, in

futuro, personale sanitario), ma «nel 2009/10, su 54.138 controllati, l'1.2 per cento è risultato positivo al primo drug test: 13 per cento

alla cocaina e 64 per cento cannabis, e in 368 anche al secondo livello di controlli», rileva Plinio Amendola, medico competente del Centro

Diagnostico italiano. Denuncia «strumenti carenti e approcci variabili sul territorio: in Lombardia, per esempio, la normativa viene recepita

alla lettera e sta all'imprendotore chiedere l'idoneità del dipendente alle mansioni». Secondo l'Oms, «dal 10 al 30 per cento degli infortuni

sono imputabili all'intossicazione da alcol». Dipendenza che, però, «la Regione non prevede possa essere accertata in forma cronica, ma solo

istantanea - spiega Aldo Polettini, tossicologo forense -: pensare che, con un capello, è possibile tornare indietro di mesi, grazie a test

avanzatissimi:rileva il marker dell'abuso di alcol, l'etiglucoronide, evidenzia i composti illeciti e ricostruisce la storia del consumo».