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Alcol e Famiglia. Che dire, che fare?

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Alcol e Famiglia. Che dire, che fare?


Per un alcolista che sta male c’è una famiglia che soffre, ma, di converso, per un alcolista che chiede aiuto una famiglia può trovare un maggior benessere.  Paradossalmente l’alcol non è solo causa di danni, ma può essere anche una preziosa spia che accende l’attenzione sui problemi della famiglia.


E’ tradizione  che l’individuo incontri per la prima volta l’alcol  in famiglia ed i nostri costumi vedono ancora l’alcol salutare nascite e matrimoni, feste ed anniversari famigliari ma l’alcol è anche “la sostanza” che ha forse l’impatto più forte sulla vita sociale dell’uomo, sulle sue relazioni  e  quando la sua assunzione diventa abuso o dipendenza segnala una grande sofferenza che non si ferma all’individuo, ma riguarda anche la sua famiglia.


Alla famiglia sono affidati compiti importanti dove ogni componente  ha un ruolo ben preciso, il cui svolgimento porta al benessere e alla naturale evoluzione del singolo e del gruppo familiare. Con una presenza pesante dell’alcol questi impegni e ruoli sono travolti o capovolti.


E’ più facile spiegare ciò con un esempio concreto tratto dalla nostra esperienza di cura. Ecco cosa possiamo raccontare dell’incontro di una famiglia con il nostro Servizio. Un figlio chiamò il Servizio per il padre alcolista. Al telefono spiegò in modo quasi professionale, poiché aveva studiato da educatore,  la situazione del padre, sembrava il capofamiglia.  Ma al primo incontro lui non c’era, erano  presenti  la madre, la sorella ed il padre alcolista;  la sua funzione “direttiva” in famiglia però traspariva ancora dalle parole degli altri. La madre era una signora decisa, curata, che parlava al plurale, includendo in questo “noi” i figli, ma particolarmente il figlio che si era interessato in prima persona. Il padre appariva una persona in disparte, piccolo, quasi come un figlio che fa arrabbiare e  scompariva sempre di più dietro la moglie. La figlia si mostrava vivace, sveglia e qualche volta suscitava nella madre un senso di intolleranza. Il padre anni prima aveva tentato di smettere di bere attraverso la frequenza ad un gruppo di auto aiuto riuscendo ad interrompere la condotta alcolica per breve tempo. Aveva ripreso a bere dopo insuccessi lavorativi che avevano messo a rischio il mantenimento della sua occupazione.


La situazione appariva curiosamente  e nitidamente al medico, che accoglieva tutti quanti,  quella di una madre che porta il piccolo all’iscrizione della scuola materna, quando,  apprensiva e precisa, raccomanda al dirigente scolastico il figlio, spiegando i suoi comportamenti problematici, mentre la sorella maggiore protesta la severità della mamma  e dà corda  al fratellino. Ma certo il medico non era il dirigente scolastico!  Il medico utilizzò però  quella impressione (realtà  se avesse avuto gli occhi chiusi e non avesse potuto vedere e sapere chi erano veramente) per iniziare il colloquio con loro; spiegò semplicemente come loro apparivano, aggiungendo: “Potete comprendere il mio sgomento nel vedere come questa realtà che appare sia tanto distante dalla vostra!” Questo flash aiutò ciascuno a percepire come il ruolo che ricopriva non era più quello che gli spettava di diritto. Si era in presenza di una coppia incestuosa (madre-figlio) che aveva tratto origine da una incapacità di ascolto, di comprensione e di gratificazione da parte di coniugi veri (insicuro e depresso lui, incattivita e falsamente soddisfatta dal suo managerialismo lei) di un figlio, coniuge falso, assolutamente incapace di svolgere questo ruolo impossibile, costretto perciò a sottrarsi nelle occasioni di verifica, come il primo colloquio e per ultimo una sorella maggiore anche questa falsa (in realtà figlia) forse un po’ trascurata, però solidale con le ingiustizie perpetrate a danno del fratellino minore (padre) ed anche comprensiva nei confronti delle sue difficoltà. Quale caos, ma quale opportunità dava l’alcol a tutti di rendersi conto che  quello scambio di ruoli non stava portando benessere a nessuno.


Ecco l’esemplificazione di ciò che avviene frequentemente in una famiglia dove la sostanza alcolica ha un posto importante: la distruzione e/o il sovvertimento dei ruoli e dei compiti di ciascuno. Tale sovvertimento porterà ad un diverso equilibrio nei rapporti di ciascun membro della famiglia. Questo nuovo equilibrio più o meno amato o accettato potrà sussistere solamente con il mantenimento della dipendenza alcolica.


Effettuare un lavoro psicoterapeutico (finalizzato a togliere l’alcol e a ritrovare il fisiologico equilibrio familiare)  con le famiglie che si trovano in questa situazione vorrà dire:

- rendere chiaro a tutti il ruolo abusivo che ciascuno ricopre, ruolo magari prima subito ma poi per lo più  accettato. E’ in questo passaggio che è possibile vedere ciò che ognuno sta giocando nel ruolo che non gli spetta, ossia  quali problematiche personali ciascun familiare può presentare/nascondere dietro il suo comportamento, che involontariamente contribuisce a mantenere la dipendenza (codipendenza)
- rendere desiderabile un cambiamento cercando di individuare quello che ciascuno potrebbe perdere, ma anche acquisire, con il riappropriarsi della giusta collocazione
- essere attenti e partecipi accompagnatori in questo processo di cambiamento, recuperando eventuali rallentamenti o  ricadute, fino al suo completamento.


(...omissis...)


Dr. Cerizza Giorgio

Psichiatra e Psicoterapeuta Responsabile dell’U.O. Riabilitazione delle Dipendenze

A.O. Ospedale Maggiore di Crema

Presidio di Rivolta D’Adda


copia integrale del testo si può trovare al seguente link: http://www.contaibicchieri.it/news/alcol-e-famiglia-che-dire-che-fare/


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)