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Alcol e giovani: effetti della pubblicità

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Alcol e giovani: effetti della pubblicità

Prende oggi il via un'attività di formazione rivolta a operatori sanitari del Friuli Venezia Giulia intitolata "Comunicazione

della scienza, alcol e giovani".
Mi è stata assegnata, per la prossima settimana, una lezione riguardante alcuni aspetti del rapporto tra alcol e mass-media,

tra cui l'impatto sugli adolescenti della pubblicità sul consumo di bevande alcoliche, la costruzione del discorso pubblico

attraverso i media sulle questioni riguardanti l'alcol, il ruolo dei giornalisti.
Cercherò di scrivere qualche post a beneficio dei corsisti, ma credo che l'argomento sia d'interesse generale.
Lo scopo dell'incontro è quello di offrire ai partecipanti una panoramica delle principali caratteristiche delle

rappresentazioni mediatiche dell'alcol, sottolineando somiglianze e differenze tra diversi contesti mediatici, in modo tale

che chi lavora nell'ambito della sanità pubblica, occupandosi di prevenzione per i giovani e di dipendenze, acquisisca

conoscenze utili per l'interazione con i media. L'auspicio è di fornire qualche strumento in di più per comprendere come i

media coprono gli argomenti legati all'alcol superando gli stereotipi sul giornalismo e riconoscendo i vincoli e le routine

produttive all'interno delle quali operano i mezzi di comunicazione di massa.
Uno dei principali interessi degli operatori che si occupano di prevenzione e di promozione della salute, come è facile

immaginarsi, è quello di comprendere gli effetti dei mezzi di comunicazione di massa sugli stili di vita e sui modelli di

consumo.
Nello specifico, gli interrogativi si concentrano sugli effetti, eventualmente provocati dall'esposizione mediatica a

contenuti riguardanti il bere, sui comportamenti di consumo di alcol da parte delle fasce più giovani della popolazione. Le

preoccupazioni maggiori riguardano il ruolo della pubblicità.
Prima di descrivere i risultati delle ricerche più significative sul tema è necessario faccio alcune considerazioni generali.
Partiamo col dire che la ricerca sui mass media assume che il contenuto dei messaggi veicolati da radio, tv, carta stampata

abbia qualche effetto nei pubblici che raggiunge. Detto questo, bisogna rifuggire fin da subito l'idea di un qualunque

rapporto di causa-effetto lineare.
L'avvertenza vale dalla semplice ricezione di informazioni, fino alla formazione di opinioni e ancor di più per la

determinazione di comportamenti e atteggiamenti. La vasta letteratura scientifica sull'argomento concorda sul fatto che le

interazioni tra fonti, messaggi e recettori della comunicazione attraverso i mass media sono complesse.
Oltre a dire che i media forniscono le immagini, il vocabolario e gli argomenti per definire l'agenda delle discussioni, per

agire come organizzatori della realtà sociale, è difficile sapere esattamente quali siano i loro effetti.
La lista dei problemi affrontati dai ricercatori in questo ambito è molto lunga.
Una questione fondamentale è che le conseguenze dell'esposizione ai media possono essere di breve, medio e lungo periodo,

dipendono sia dal tempo che dalle modalità di esposizione, nonché da una serie piuttosto vasta di determinanti sociali e

culturali che agiscono sui pubblici esposti.
Queste difficoltà rendono molto complicato sia dimostrare la persistenza nel medio e lungo periodo degli effetti da

esposizione dei media che trovare un'evidenza chiara di come questa interagisca - nel medio-lungo periodo - con altri

determinanti culturali, come la scuola, gli amici, la famiglia, il cui preciso contributo è difficile da quantitificare.

Queste problematicità rimangono anche nei tentativi di comprendere esattamente la misura degli effetti delle campagne di

salute pubblica.
Nonostante un enorme volume di ricerca in quest'area il dibattito rimane pertanto spesso irrisolto.
La lunga e doverosa premessa non serve a dire che i media non hanno effetti. Ribadisco che la ricerca su di essi parte dell'

assunto che ce li abbiano. Le precisazioni descritte sopra servono piuttosto a tenere sempre a mente un concetto importante

quando ragioniamo su radio, televisione, giornali: quello della diversificazione, che si può esprimere in due considerazioni.
Primo: non si può guardare ai mezzi di comunicazione di massa che trattano temi di salute come a una singola entità omogenea.

Si deve distinguere tra diversi mezzi e diversi generi se si vogliono comprendere in profondità le immagini pubbliche della

salute veicolate attraverso i mass media. Differenziare significa anche allargare lo sguardo oltre gli spazi specificamente

dedicati all'informazione, ad esempio indagando il ruolo sociale rivestito dalle immagini su alcol e droghe trasmesse dal

cinema, dalla fiction, dalla pubblicità.
Secondo: le fonti di informazioni sui temi di salute sono molteplici e non bisogna concentrarsi solo sul lavoro dei

giornalisti come principali artefici del discorso pubblico su di essi. I gruppi di pressione, i movimenti sociali, le aziende

farmaceutiche sono altrettanto importanti per capire quello che di salute appare su giornali, radio, Tv e internet.
Il concetto di diversificazione ci aiuta a leggere con maggiore attenzione i risultati di alcune delle ricerche più

importanti che hanno studiato gli effetti di diversi media sui comportamenti di consumo dell'alcool da parte dei giovani. Per

il momento tengo da parte l'informazione, su cui ritornerò in un altro post.
Alcuni studi hanno cercato di capire quali siano i media più associati al consumo di alcol nei giovani. Secondo una ricerca

riportata in questo articolo di Diana Candio e Francesco Bricolo, i film sono al primo posto. La musica sarebbe più legata

all'uso di marijuana. Particolare attenzione andrebbe riservata alle immagini e alla scene proiettate sul grande e piccolo

schermo destinate al pubblico adulto la cui visione non dovrebbe essere permessa ai minori. Negli ultimi anni ha poi attirato

l'attenzione degli studiosi il ruolo giocato dai social network e dai reality show. Nel caso del famoso programma americano

The Osbourne è stato ad esempio rilevato che i protagonisti del reality trasmetterebbero messaggi contrari all'uso di droghe,

ma non a quello di alcol e tabacco [Blair et al. (2005), Depictions of substance use in reality television, BMJ]
Un capitolo a parte merita la pubblicità. Il dibattito è molto acceso poiché, come giustamente sottolineano Candio e Bricolo

nel paper sopra citato, i "teenager rappresentano un segmento di consumo molto importante, che esercita una forte influenza

economica e decisionale al momento dell'acquisto. Lo status di potenziali nuovi consumatori attira l'attenzione dei

pubblicitari, rendendoli principali destinatari di massicce campagne di marketing, orientate a fidelizzare il target al

marchio (p. 393)".
I giovani insomma, nel loro status di nuovi potenziali consumatori, sono molto appetibili per le campagne di marketing. Una

domanda cruciale è allora: la pubblicità delle bevande alcoliche influenza in modo significativo il consumo, in particolare

da parte degli adolescenti?
Gli operatori della salute sono convinti di sì e propongono interventi legislativi più restrittivi e di maggiore controllo

nei confronti dei messaggi commerciali. I pubblicitari e i produttori respingono al mittente le accuse sostenendo che c'è una

bassa evidenza scientifica a sostegno di una relazione causale fra pubblicità e consumo di alcol fra i giovani. Ritengono che

siano molto più importanti le abitudini e i rapporti familiari nonché l'approvazione dei coetanei. È un fatto dimostrato in

ogni caso che la pubblicità di bevande alcoliche associa il loro consumo a ricchezza, sesso, successo sociale.
Detto questo, la letteratura sul tema è vastissima e si presta a interpretazioni contraddittorie. Per ogni ricerca che trova

una correlazione positiva tra promozione commerciale e consumo di alcol, sembrerebbe sempre che ce ne sia un'altra che mette

in discussione il campione, il metodo, le conclusioni.
Per avere le idee più chiare, negli ultimi anni sono state condotte delle approfondite meta-analisi sistematiche sui più

accurati studi longitudinali disponibili in letteratura.
Secondo una ricerca di questo tipo realizzata del Science Group of the European Alcohol and Health Forum le prove sono

evidenti: i risultati dimostrano che l'esposizione alla pubblicità da parte degli adolescenti aumenta la probabilità di

iniziare a bere e di aumentare il consumo di vino, birra e superalcolici nei giovani che sono già utilizzatori.
Nel report si fa riferimento a due studi importanti presi come modello: quello di Anderson et al. 2009 e di Smith & Foxcroft

2009.
Li cito per mostrare come gli stessi risultati possano essere usati per giungere a conclusioni molto diverse tra loro, a

dimostrazione di quanto sia complicato elaborare una visione chiara dei fatti.
Il Science Group of the European Alcohol and Health Forum scrive, come già detto sulla base di un impianto di ricerca

costruito prendendo come riferimento le due ricerche sopra citate, la seguente affermazione:
it can be concluded from the studies reviewed that alcohol marketing increases the likelihood that adolescents will start to

use alcohol, and to drink more if they are already using alcohol.
L' Europen Forum for Responsible Drinking cita esattamente gli stessi studi per sostenere che i risultati sono invece

altamente contradditori. Le argomentazioni a sostegno della presunta incertezza restituita da queste analisi si possono

leggere in un loro opuscolo
Perché ciascuno si possa fare la sua idea riporto, rispettivamente, le conclusioni del paper di Anderson et al e di Smith e

Foxcroft:
1) This review found consistent evidence to link alcohol advertising with the uptake of drinking among non-drinking young

people, and increased consumption among their drinking peers. This evidence comes from high quality longitudinal studies and

is corroborated by weaker cross-sectional ones. Because it focuses on mass media advertising, it almost certainly

underestimates the impact of wider alcohol promotion and marketing. These findings are not surprising: exactly the same

conclusions have emerged from reviews of the impact of tobacco (Lovato et al., 2003) and food (Hastings et al., 2003)

marketing on young people.
2) The data from these studies suggest that exposure to alcohol advertising in young people influences their subsequent

drinking behaviour. The effect was consistent across studies, a temporal relationship between exposure and drinking

initiation was shown, and a dose response between amount of exposure and frequency of drinking was clearly demonstrated in

three studies [17,20,21]. It is certainly plausible that advertising would have an effect on youth consumer behaviour, as has

been shown for tobacco [61] and food marketing [62].
Does this systematic review provide evidence that limiting alcohol advertising will have an impact on alcohol consumption

amongst young people? Not directly: as we noted earlier we can not rule out that the effects demonstrated in these studies is

due to residual confounding.
Counter-advertising [30], social marketing techniques [63] or other prevention options such as parenting programmes [64],

price increases and limiting availability may offer more potential to limit alcohol problems in young people. Nonetheless, we

now have stronger empirical evidence to inform the policy debate on the impact of alcohol advertising on young people, and

policy groups
may wish to revise or strengthen their policy recommendations in the light of this stronger evidence [1,9].
La mia impressione è ci troviamo in una situazione che vale in generale, come accennato prima, a proposito degli effetti

sociali dei media.
È vero che è molto difficile stabilire un nesso causale, una relazione diretta, chiara, univoca tra esposizione ai messaggi

pubblicitari e il consumo di alcol tra i giovani. Nonostante ciò gli studi più seri a disposizione confermano che un'

influenza c'è ed è importante. Magari è difficile distinguerla da altri fattori, è complicato capire quale sia il peso dei

messaggi pubblicitari rispetto ad altri determinanti sociali o a provvedimenti di altro tipo nella limitazione dei consumi,

ma tutto questo è semplicemente un invito a fare più ricerca e non a chiudere la faccenda una volta per tutte.