Alcol e guida: l'opinione dell'ASAPS
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L'Asaps, l'Associazione degli amici della Polizia stradale, risponde alle dichiarazioni rilasciate dal ministro per l'Agricoltura Luca Zaia a "Quattroruote" riguardo ai limiti del tasso alcolemico per chi guida. Secondo l'Asaps, il ministro Zaia parla di "stato di ubriachezza" (che non può essere raggiunto con due bicchieri di vino). Peccato però che la legge parli di "stato di ebbrezza".
Qui di seguito, la lettera inviataci da Giordano Biserni, presidente dell'Asaps.
Ci permettiamo di rispondere alle dichiarazioni del ministro Zaia a "Quattroruote", in particolare riferendoci alla frase in cui dice: "Lecito guidare dopo due bicchieri. Non è l'alcol la causa degli incidenti. Bisogna finirla di considerare ubriaco chi beve due bicchieri: è in atto una criminalizzazione del vino". In effetti, il ministro ha ragione, chi beve due bicchieri di vino non deve considerarsi ubriaco, ma potrebbe essere invece ebbro alla guida. Infatti, il Codice della strada, all'articolo 186, parla di ebbrezza alla guida e non di ubriachezza, condizione molto diversa.
Ci piace evidenziare comunque che con due bicchieri di vino da 12 gradi, purché siano due unità alcoliche da 125 ml l'una per un totale di 250 ml, un uomo di 80 kg, ai pasti, non supera la soglia di 0,5 g/l. Ciò è stato più volte sperimentato. Certo se il bicchiere è di quelli col fondo e il diametro largo il discorso cambia.
Ci fa piacere, comunque, che il ministro riconosca che il valore alcolemico di 0,5 grammi per litro sia ragionevole. Forse proprio per questo quasi tutti i Paesi europei hanno adottato questo limite. Anzi, alcuni ne hanno adottato uno più basso.
Il ministro poi afferma che solo il 2,09% degli incidenti è causato da guidatori in stato di ebbrezza. È vero, se andiamo a verificare i dati Istat ultimi disponibili (anno 2007), gli incidenti che vengono ricondotti ad "Anomalia per ebbrezza da alcol" sarebbero stati solo 6.124, pari al 2,09% del totale. Insomma, se ne dovrebbe ricavare che siamo di fronte a un aspetto residuale delle cause dell'incidentalità, neanche meritevole di indagine.
La realtà, lo sappiamo, è completamente diversa. L'Oms (Organizzazione mondiale della sanità), l'Iss (Istituto superiore di sanità) e l'Ue fissano in una percentuale del 30-35% l'abuso di alcol e stupefacenti nei conducenti che hanno provocato incidenti mortali o comunque gravi. Ma perché i dati ufficiali Istat e quelli della ricerca divergono in modo così eclatante? Secondo l'Asaps anche per il metodo di raccolta degli elementi determinanti la sinistrosità. Cerchiamo di spiegarci. Nei modelli Istat in dotazione alle forze di Polizia vengono indicate solo un numero limitato di voci da evidenziare quali cause determinanti il sinistro.
Accade così che se l'ebbro alla guida, nella sua condotta, ha violato più norme di comportamento come superamento dei limiti di velocità, attraversamento col semaforo rosso, sorpasso in curva, contromano, mancata precedenza eccetera saranno questi elementi a essere indicati e ad emergere nelle statistiche ufficiali. L'ebbrezza alla guida diventerà saliente solo quando verrà identificata come unico elemento causale. Insomma, solo quando una vettura sbanda da sola e finisce contro una pianta, un manufatto o fuori strada, magari senza frenata. Solo in questi casi la causa viene fatta risalire a una eventuale positività da alcol o stupefacenti. Ecco che il motivo della forbice dei dati Istat rispetto alla realtà è in parte svelato. Anche negli Osservatori il Centuro - Asaps sulla pirateria stradale, sui contromano e sulle aggressioni alle divise l'ombra lunga dell'alcol è sempre presente fra il 35 e 45% dei casi.
Reputiamo invece necessario il limite a 0,0 per i neopatentati e per i conducenti professionali (pullman e camion). Concordiamo col ministro quando afferma che dei fattori di rischio come il fumo e i farmaci che incidano sulla lucidità alla guida ci si occupa meno. Forse perché le lobby che li tutelano sono più potenti.
Giordano Biserni
Presidente Asaps