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Alcol e incidenti stradali: il quadro europeo

Alcol e incidenti stradali: il quadro europeo

"La guida in stato di ebbrezza nel contesto internazionale" è la nuova pubblicazione a cura della Fondazione Filippo

Caracciolo del Centro Studi dell'Automobile Club d'Italia, che analizza il fenomeno in Europa riportando interessanti visioni

di sintesi delle diverse realtà nazionali. L'indagine, infatti, è stata resa possibile grazie alla fattiva collaborazione dei

Club automobilistici europei e dei Comandi di Polizia Locale delle principali capitali dell'Unione Europea.
Lo studio, inoltre, evidenzia come la diversità di disposizioni, limiti e misure sanzionatorie relative alla guida in stato

di ebbrezza renda difficile la comparazione dei risultati ottenuti dalle attività di prevenzione nei singoli Stati. Da qui la

necessità e la proposta di un Codice europeo della Strada, che regolamenti la circolazione stradale con norme comuni e valide

per tutti i conducenti dell'Unione Europea, favorendo concretamente la diffusione e la condivisione di una cultura della

sicurezza stradale e rafforzando l'impegno nel contrasto alla guida sotto effetto di alcol.
I dati relativi al numero di incidenti stradali causati dall'alcol riferiti all'Italia indicano un'incidenza di sinistri

piuttosto contenuta: nel 2008 si sono verificati 16,6 incidenti ogni 100mila veicoli circolanti, rispetto ai 42,1 della

Germania, ai 31,4 del Regno Unito e ai 22,6 della Svezia. Tuttavia, se osserviamo il trend di incidenza del fenomeno, in

Italia il numero di incidenti con conducenti ebbri è in costante crescita. Si è infatti passati dai 10,1 incidenti ogni

100.000 veicoli del 2000 agli 11,9 del 2005. Tuttavia, la modalità di raccolta dei dati e i diversi limiti legali previsti

dalle normative nazionali contribuiscono a contenere o estendere tale incidenza. Infatti, un guidatore con una percentuale di

alcol nel sangue pari a 0,3 g/l sarà considerato ebbro in Repubblica Ceca, ma non in Italia, dove la soglia di rilevanza

normativa è 0,5 g/l. Eventuali disomogeneità rappresentano pertanto un fattore critico nella rilevazione, al punto da rendere

auspicabile un modello di rilevazione comune per tutti i paesi dell'Unione Europea