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News di Alcologia

Alcol e malattie gastroenterologiche: impatto e prevenzione in Italia

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Libro Bianco della gastroenterologia italiana
Il numero di ospedalizzazioni per Mad in Italia ha subito un trend in aumento nel decennio 1999-2009, rappresentando una delle più frequenti  cause di ricorso ai servizi sanitari. Il ricorso ai ricoveri in regime diurno rappresenta una percentuale dei ricoveri ordinari che varia, a seconda dei criteri di analisi utilizzati, dal 13% al 24%. In regime ordinario il numero dei ricoveri per cause gastroenterologiche giunge fino al 73% nelle UU OO di Medicina e Chirurgia Generale.
Il reparto Salute della popolazione e suoi determinanti del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute

nesps), Istituto superiore di sanità (Iss), in collaborazione con l'Osservatorio nazionale alcol dell'Iss e la Società italiana di alcologia

(Sia) ha contribuito alla stesura del Libro Bianco fornendo utili valutazioni sulla prevenzione delle patologie e problematiche

alcolcorrelate.
I dati, in estrema sintesi, riferiscono di oltre 25.000 decessi l'anno causati dall'alcol, 137 ricoveri/100.000 abitanti/anno per cause

totalmente attribuibili all'alcol e nove milioni di consumatori a rischio, prevalentemente di sesso maschile, ma con preoccupanti differenze
registrate in particolare per i giovanissimi, per le donne e per gli anziani. In rapporto all'età si evidenzia un numero rilevante di

ricoveri nel periodo maggiormente produttivo, fra i 35 e i 55 anni.
Il 50% dei ricoveri totalmente attribuibili all'alcol è di pertinenza gastroenterologica (33% per cirrosi epatica) ed è sempre più crescente

il rilevo di patologie collegate all'eccedenza quotidiana, come la steatosi epatica, o agli esiti degli episodi di intossicazione alcolica

dei quali il 17% di tutti quelli richiedono il ricorso al ricovero ospedaliero è a carico di giovanissimi di entrambi i sessi di età

inferiore ai 14 anni.
Il 20% circa dei ricoveri ospedalieri e il 10% dei ricoveri in terapia intensiva è alcol correlato (traumatismi, cirrosi correlate al

trapianto, ecc). Il 35% di trapianti di fegato in Italia è direttamente o indirettamente correlato all'uso di alcol.
Per epatopatia da alcol si registrano ogni anno 170 dimissioni/100.000 abitanti, con impatto costante e sempre più ricorrente di ricoveri per

steatosi epatica, epatite acuta alcolica, cirrosi epatica verosimilmente favorite da un cambiamento delle modalità di consumo alcolico nella
popolazione, sempre più lontane dai regimi alimentari moderati e tipici della dimensione mediterranea.
Oltre il 20% delle epatopatie è alcol correlato.
Studi osservazionali hanno dimostrato un incrementato rischio di cirrosi con il consumo di oltre 10 g/die di alcol per la donna e di circa 20

g/die per l'uomo. La cascata di eventi è caratterizzata da steatosi epatica con un 60-100% dei casi, reversibile in caso di astensione. Il
20-40% dei casi può evolvere a steatoepatite, dall'8% al 20% vi è evoluzione in fibrosi direttamente da un quadro di steatosi, il 20-40% di

steatoepatiti può evolvere in cirrosi e un 4-5% in epatocarcinoma. In relazione all'assetto genetico e ai fattori di rischio e comorbidità
associate (epatiti virali, diabete mellito, dismetabolismi, ecc) questi passaggi possono verificarsi fra i 5 e i 40 anni.
La patologia epatica alcol-indotta varia da forme lievi quali la steatosi, a forme più severe quali l'epatite acuta alcolica e la cirrosi.
La steatosi epatica costituisce la prima e la più frequente risposta all'assunzione di bevande alcoliche. Clinicamente spesso asintomatica,

l'entità della steatosi, sempre più frequente tra i giovanissimi, può avere valore prognostico nei confronti dell'evoluzione della malattia

in cirrosi, che rappresenta la fase irreversibile della malattia.
La presentazione clinica dell'epatopatia da alcol è anch'essa parzialmente modificata dai nuovi pattern.
Le forme croniche, pur mantenendo caratteristicamente rappresentative della popolazione adulta, si presentano alla valutazione clinica in una finestra temporale spesso raccorciata rispetto al passato a causa della maggiore frequenza delle forme acute che oggi interessano prevalentemente e troppo precocemente la popolazione dei minori e degli adolescenti con i noti fenomeni del binge drinking, il bere per ubriacarsi.
La progressione della cirrosi epatica e lo sviluppo di complicanze ha ovviamente un evoluzione condizionata dalle abitudini sottese all'uso a

maggior rischio più che al consumo di bevande alcoliche.
Il "Libro Bianco della gastroenterologia italiana" contribuisce a rafforzare gli elementi di giudizio utili per la prevenzione reale delle

patologie alcolcorrelate, frutto prevalente di recenti influenze culturali e di modelli alimentati da strategie di comunicazione commerciale

che propongono le bevande alcoliche in maniera sempre positiva e vantaggiosa.
Ma il giudizio clinico ed epidemiologico non lasciano margini alle valutazioni di possibile convenienza, meno che mai riguardo agli effetti

dell'alcol che i gastroenterologi verificano nella pratica quotidiana. Il fegato è in grado di metabolizzare 6 grammi di alcol all'ora;

questo significa che un bicchiere di vino da 125 ml o un boccale di birra da 330 ml o un bicchierino di superalcolico da 40 ml impegnano il

fegato per almeno 2-3 ore. La quota che eccede i 6 grammi l'ora circola immodificata nell'organismo determinando un danno diretto legato
principalmente alle capacità di interferire con i lipidi delle membrane cellulari, indebolendole, (come accade per cellule epatiche e

neuroni) ma anche determinando alterazioni che possono giungere al danneggiamento del materiale genetico per eccellenza, il Dna. Ovviamente il danno è maggiore in presenza di malattia in atto, ad esempio in caso di cirrosi. Risulta evidente che in caso di astinenza completa da bevande alcoliche, la cirrosi compensata si associa a sopravvivenza a 5 anni di circa il 90%, mentre si riduce al 60% quando persiste l'assunzione di bevande alcoliche.
Le buone prassi gastroenterologiche hanno oramai consolidato questa e altre evidenze.
Quando la terapia medica, endoscopica, radiologica o chirurgica non è sufficiente per controllare le complicanze della cirrosi, il trapianto

di fegato rappresenta oggi un'opzione terapeutica di scelta difficilmente realizzabile appena vent'anni fa. La sopravvivenza dopo trapianto

di fegato in pazienti trapiantati per malattia epatica alcolcorrelata è oggi del tutto comparabile a quella di pazienti sottoposti a

trapianto di fegato per malattia epatica ad altra eziologia superando l'indicazione controversa al trapianto di fegato sia per motivi etici,

che clinici di individui affetti da cirrosi alcolica.
La mortalità per cirrosi epatica alcolcorrelata, nel nostro Paese, è diminuita dagli anni Ottanta grazie a una drastica riduzione del consumo

medio pro capite. Tuttavia, oggi è necessario un urgente approccio di intervento capace di favorire una ridistribuzione virtuosa del consumo
medio andando a raggiungere i consumatori a rischio e valorizzando l'approccio positivo e i modelli proposti e utilizzati dai 27 milioni di

italiani e italiane che bevono rispettando la moderazione suggerita dalle linee guida nutrizionali.
Nove milioni di consumatori a rischio in Italia non sono solo il bacino di utenza delle epatopatie acute e croniche ma anche di numerose

altre patologie per le quali l'alcol è un importante fattore di attivazione, di danno genetico, di tossicità, di cancerogenesi.
I tumori primitivi del fegato sono al quinto posto tra le cause di morte per tumore e la principale causa di morte nella cirrosi. La

sopravvivenza a 5 anni per questi tumori è del 10% e le differenze geografiche sono contenute. I fattori di rischio dei tumori primitivi del

fegato sono noti e in grado di spiegare oltre il 70% dei casi. La cirrosi e, più in generale, la malattia cronica del fegato rappresenta il

naturale background per l'epatitocarcinoma (HCC) (associazione HCC/cirrosi>90%) ed è quindi il più importante fattore di rischio con una

incidenza del 3-7% l'anno. In larga misura riflettono la prevalenza dell'infezione da virus dell'epatite C (HCV) nella popolazione.
Nell'Italia settentrionale, un terzo dei tumori primitivi del fegato è legato all'eccessivo consumo di bevande alcoliche, dato ancora molto

alto rispetto ad altre aree.
La prevenzione primaria mira oggi ad abbattere i fattori di rischio (vaccinazione contro il virus dell'epatite B (HBV), controllo dell'

obesità e del diabete, ecc) e ad arrestare la progressione a cirrosi; un consenso unanime è da anni stato raggiunto sull'indispensabilità di

astensione dal consumo di alcol ai fini prognostici e di esito.
Ma anche altri organi sono affetti dall'impatto alcolcorrelato.
L'azione tossica dell'etanolo e del suo metabolita acetaldeide è ben nota da tempo. A livello gastroenterologico il consumo di alcol

favorisce una serie di alterazioni ben note: ipetrofia delle parotidi, stomatite, glossite, reflusso gastro-esofageo, alterazioni della

secrezione cloro-peptica, gastropatia emorragico-erosiva, ritardato svuotamento gastrico, malassorbimento, ridotto transito.
Circa il 10% dei forti bevitori (>80 g/die per 6-12 anni) sviluppa pancreatite cronica severa. Lo sviluppo di questo quadro morboso è

condizionato fortemente dall'assetto genetico e dall'uso concomitante di fumo di sigaretta e la letteratura recente continua a segnalare il

rischio di sviluppare un tumore del pancreas associato al fumo di sigarette sia esso attivo o passivo.
Seppure meno marcata, l'associazione è presente anche con il consumo di alcolici, in particolare è stato evidenziato di recente il rischio

correlato all'assunzione di alcolici nel sesso maschile.
Più recentemente l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro ha inserito il "consumo di bevande alcoliche" nel Gruppo 1 delle sostanze

cancerogene. La correlazione è stata evidenziata con queste neoplasie: cavità orale, esofago, faringe, laringe, fegato, colon-retto e
mammella.
Relativamente allo stomaco i dati presenti in letteratura sono, a oggi, ancora contrastanti. La neoplasia pancreatica è favorita da elevate

quantità di alcol e l'uso di tabacco rappresenta il fattore eziologico predominante. Il 3,6% di tutti i cancri sono attribuibili al consumo

di alcol. Nell'Europa centro-orientale, questa percentuale sale sino al 10%.
Non è possibile a oggi stabilire un dosaggio sicuro, per cui l'uso di bevande alcoliche rimane un comportamento genericamente a rischio.

Tuttavia, per quanto concerne il rapporto alcol/cancro, l'European Code Against Cancer considera a basso rischio il consumo di una UA
alcolica/die per la donna e due per l'uomo. In caso di familiarità per cancro o in presenza di condizioni o lesioni precancerose è

consigliata l'astensione.
Numerose iniziative e strategie sono state attivate nel corso degli ultimi anni al fine di contrastare i fenomeni di abuso di bevande

alcoliche, favorire l'identificazione precoce del rischio alcolcorrelato e promuovere l'intervento breve nei contesti di assistenza primaria.
L'attuazione di queste strategie rappresenta una fase cruciale nella prevenzione dell'insorgenza dell'epatopatia alcolcorrelata o delle

patologie alcolcorrelate di interesse gastroenterologico. La terapia da attuare è l'astensione assoluta dal consumo di bevande alcoliche. Con

l'astinenza, la steatosi epatica è reversibile nella maggior parte dei casi entro alcuni mesi. È importante inoltre che vi sia un adeguato

introito nutrizionale, e qualora indicato, che venga intrapresa terapia medica specifica, per il trattamento delle complicanze.

Tratto da "Il Libro Bianco della Gastroenterologia Italiana. Le malattie dell'apparato digerente: impatto e prevenzione in Italia"
Emanuele Scafato


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)