Alcol e mortalità: i dati di alcuni studi
Alcol e mortalità: i dati di alcuni studi
Gronbaek M, Becker U, Johansen D, et al. Type of alcohol consumed and mortality from all causes, coronary heart disease, and
cancer. Ann Intern Med 2000;133:411-419.
Al tempo della pubblicazione era stato ben descritto in letteratura che vi era una relazione a forma di J tra introito di
alcool e morte per tutte le cause. I meccanismi potenziali del beneficio hanno incluso l'effetto antipiastrinico dell'alcool,
un incremento dei livelli di lipoproteine a bassa densità (HDL). I dati hanno indicato che potenzialmente più di 4 drinks al
giorno abbassavano il rischio di mortalità-per-tutte-le-cause rispetto ai non bevitori, ma il rischio aumentava quando il
bere era superiore a tale livello. Certamente l'introito da 1 a 2 drinks (tipicamente descritto come 12 once di birra, 4 once
di vino, o 1.5 once di superalcolici) sembravano abbassare il rischio di mortalità-per-tutte-le-cause ad un grado
sostanzialmente uguale a quello dei non-bevitori. Tuttavia, un'area di controversia rimasta irrisolta era se vino, birra e
superalcolici tutti avessero lo stesso effetto, o se il consumo di vino avesse benefici aggiunti dovuti alla presenza di
polifenoli e flavonoidi benefici. Per valutare questi problemi gli autori hanno condotto un'analisi di studi di coorte
multipli in una popolazione Danese nella quale sono stati valutati l'introito di birra, vino, superalcolici, stato di fumo,
livello educazionale, attività fisica e body mass index. Una relazione a forma di J era stata confermata tra introito totale
di alcool e mortalità. Tuttavia, l'effetto era significativamente più pronunciato per il vino rispetto ad individui che
consumavano birra o superalcolici. A paragone con i non-bevitori, quelli che bevevano da 1 a 7 bicchieri di vino a settimana
avevano un rischio relativo per tutte le cause di mortalità di 0.80 (95% IC da 0.67 a 0.86). I risultati per la birra (RR
0.90, 95% IC 0.83-0.97) e i superalcolici (0.94, 95% IC 0.87-1.01) erano meno robusti. Questo starebbe ad indicare che il
vino rosso ha componenti benefiche al di là del contenuto alcolico. Mentre gli autori hanno cercato di aggiustare per alcuni
confondenti quali età, stato educazionale, e stato di fumo, i risultati di questo studio devono essere interpretati con
cautela poiché si trattava di un disegno di coorte ed era basato su tassi auto-riportati di consumo alcolico. Nonostante
potenziali limitazioni, questa analisi rappresenta la stima più attendibile degli effetti differenti di varie bevande
alcoliche sulla mortalità totale perché ha numeri sufficienti valutati in ciascun gruppo e numeri sufficienti di endpoint dai
quali trarre conclusioni.
Di Castelnuovo, Costanzo, Bagnardi V, et al. Alcohol dosing and total mortality in men and women. Arch Intern Med
2006;166:2437-2445
Nel presentare il razionale per questa analisi, gli autori revisionano in maniera succinta la conoscenza attuale riguardo la
relazione tra introito alcolico ed esiti cardiovascolari. Citano alcuni potenziali meccanismi della relazione inversa
osservata, includendo effetti positivi sull'HDL, proprietà antipiastriniche e antinfiammatorie, e miglioramento della
funzione endoteliale. Revisionano anche la complessa relazione che esiste tra potenziali benefici dell'introito alcolico e i
rischi che comprendono cancro, cirrosi e morte accidentale. Una questione che resta senza risposta è se la relazione a forma
di J esiste sia per gli uomini che per le donne. Precedenti ricerche hanno teso a centrare l'attenzione più sui maschi.
Pertanto, gli autori hanno condotto una metanalisi dei dati scientifici disponibili, includendo 10 articoli pubblicati dall'
anno 2000 che non erano stati incorporati nelle precedenti metanalisi, per valutare questa specifica questione. In totale,
sono stati inclusi 34 studi comprendenti 1.015.835 soggetti e 94.533 morti. La relazione a forma di J è stata confermata sia
per gli uomini che per le donne riguardo alla mortalità totale nell'analisi, sebbene uomini e donne differissero rispetto
alla quantità totale di alcool che aveva dato un beneficio. Negli uomini, più di 4 drink al giorno erano di beneficio, mentre
nelle donne la quantità maggiore di beneficio era soltanto di 2 drink al giorno. Tuttavia, la grandezza del beneficio era
simile negli uomini e nelle donne, con un 18% di riduzione relativa nelle donne ed un 17% di riduzione relativa negli uomini
di mortalità totale. Le differenze nella relazione dose-risposta tra uomini e donne può essere spiegata dalle differenze del
peso corporeo, del metabolismo, o della presenza di estrogeni nelle donne in premenopausa. Da questa metanalisi si deriva che
un moderato introito alcolico è benefico in uomini e donne, e si hanno utili informazioni sulla dose massima che si dovrebbe
raccomandare per ciascun genere.
Mukamal KJ, Chen CM, Rao SR and Breslow RA. Alcohol consumption and cardiovascular mortality among US adults, 1987 to 2002. J
Am Coll Cardiol 2010; 55:1328-1335.
Mukamal et coll. hanno sottolineato che, anche se il consumo di alcool è stato associato in maniera significativa ad un più
basso rischio di malattia cardiovascolare in studi epidemiologici, restano molte incertezze circa l'associazione, che
comprendono gli effetti potenzialmente differenti sulla malattia coronarica (CHD) e sullo stroke; l'inclusione di ex-bevitori
o di bevitori occasionali insieme a coloro che si astengono dal bere da lungo tempo come categorie di riferimento; la
generalizzabilità alla popolazione adulta USA; e l'importanza del pattern di assunzione nel modificare l'associazione. Per
esempio, le misure di quantità complessiva di assunzione alcolica non permettono di conoscere se una regolare scarsa
assunzione possa essere equivalente ad occasionali assunzioni. Per valutare questi problemi, quindi, i ricercatori hanno
utilizzato i dati di 245.207 adulti che hanno partecipato alla US National Health Interview Survey (NHIS), un'indagine
annuale su di un campione nazionale rappresentativo di maschi adulti USA, tra il 1987 e il 2000. I partecipanti sono stati
assegnati ai gruppi: non bevitori (classificati come coloro che non hanno mai bevuto, bevitori poco frequenti nella vita o
ex-bevitori), modesti bevitori (tre drink o meno/settimana), bevitori moderati (da quattro a sette drink/settimana per le
donne e da quattro a quattordici drink per gli uomini), e forti bevitori (più di sette7/14 drink/settimana, rispettivamente).
La mortalità è stata accertata attraverso il collegamento al database del NHIS al National Death Index nel corso del 2002. I
risultati sono stati aggiustati per molte covariate. Su di un totale di 1.987.439 persone-anno di follow-up, vi era un totale
di 10.670 morti cardiovascolari, che includevano 6.135 correlate a CHD e 1.758 a stroke. I risultati hanno mostrato che, in
generale, il gruppo di bevitori moderati era associato alla più bassa mortalità, ed anche il gruppo di modesti bevitori era
associato ad un esito migliore rispetto alla astensione, mentre i forti bevitori non erano chiaramente associati al rischio
più alto o al più basso.
Questi dati confermano studi precedenti che hanno trovato tassi più bassi di malattia cardiovascolare tra consumatori
moderati di alcool. Questa relazione inversa era stata vista in quasi tutti i segmenti di popolazione. Ma può esservi un
effetto differente in razze diverse, come l'associazione inversa vista più forte tra bianchi non-Ispanici. Gli autori
sostengono che i dati limitati suggeriscono che la apparente associazione con forma-ad- U-o-J del consiumo alcolico con la
malattia cardiovascolare e la mortalità osservata in altri gruppi potrebbe non estendersi agli Americani Africani, che
costituiscono la più ampia popolazione minoritaria in quest'indagine, ed aggiungono che questo potrebbe riflettere la
variazione ancestrale nota degli enzimi relativi al metabolismo alcolico. Per chiarire questo problema essi auspicano studi
prospettici di consumo alcolico e malattia cardiovascolare in popolazioni minoritarie. Notando che l'effetto protettivo
suggerito del bere modesto/moderato non era così forte per la mortalità cerebrovascolare, Mukamal e coll. suggeriscono che
ciò potrebbe riflettere il contributo particolarmente forte dell'ipertensione e della fibrillazione atriale come fattori di
rischio di stroke ischemico, che sono entrambi positivamente associati ai forti bevitori, ed anche il contributo dello stroke
emorragico, che tende ad essere positivamente correlato al consumo di alcool.
Nell'editoriale di accompagnamento, Arthur Klatsky dice che questa elegante presentazione da parte di uno dei gruppi pilota
nel campo della epidemiologia alcolica si aggiunge alla tesi che la relazione inversa tra modesta/moderata assunzione
alcolica e mortalità CV sia scientificamente valida. Tuttavia, egli fa notare, tutti gli studi osservazionali sono soggetti a
confondenti, che possono agire in entrambi i modi. Egli trova il caso interessante, ma, come spesso accade in medicina
pratica, il consiglio sullo stile di vita si basa su qualcosa che è inferiore alla certezza. Osservando che il rischio di
cancro della mammella nelle donne è aumentato anche con consumi moderati di alcool e che bere da giovani può spesso essere
pericoloso, specialmente quando combinato con la guida di veicoli a motore, Klatsky sostiene che un limite universale non è
possibile, e che i rischi di una moderata assunzione di alcool differiscono per sesso, età, storia personale e storia
familiare. Egli conclude sostenendo che non esiste un sostituto di un giudizio bilanciato che deriva da un medico preparato e
obiettivo. Ciò che ci vuole è una sintesi del buon senso comune e della migliore evidenza disponibile.
Patrizia Iaccarino