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Alcol e problemi e patologie correlate: indirizzi generali per l'organizzazione di base e orientamenti delle offerte

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Alcol e problemi e patologie correlate: indirizzi generali per l'organizzazione di base e orientamenti delle offerte (1° parte)
Tratto da: ""Il Dipartimento delle Dipendenze. Linee di indirizzo e orientamenti organizzativi per l'integrazione dell'offerta e dei servizi"

- Dipartimento Politiche Antidroga

Viene riportata di seguito una sintesi degli indirizzi generali per l'organizzazione della rete di offerta per i problemi alcologici. La

necessità di integrare da un punto di vista organizzativo le offerte alcologiche all'interno dei Dipartimenti delle Dipendenze dipende anche

dalla necessità di coordinare l'approccio generale alle dipendenze e, nel contempo, creare economie di scala ed ottimizzazione delle risorse.

Va inoltre ricordato che molto spesso, anche se non sempre, l'utilizzo di alcol è prodromico e/o contestuale all'uso di sostanze

stupefacenti. Nel contempo, è necessario mantenere per l'alcologia una propria specificità e specializzazione di settore, anche in

conseguenza del fatto che la popolazione interessata dal fenomeno è molto maggiore della popolazione tossicodipendente e rpesenta

caratteristiche, bisogni, riferimenti molto diversi da questi ultimi. Non va infine dimenticato che molto spesso i pazienti alcolisti sono

anche affetti da tabagismo e presentano gambling patologico.
Introduzione
La Legge 125/2001 "Legge quadro in materia di alcol e di problemi alcolcorrelati" (G. U. n. 90 del 18-04-2001) ha istituito per la prima

volta in Italia l'intervento sulle principali tematiche alcolcorrelate colmando, dopo oltre dieci anni di discussione parlamentare, un

rilevante gap legislativo, politico, istituzionale e culturale. Unico esempio in tutta Europa, citata come best practice dall'Organizzazione
Mondiale della Sanità (OMS), la 125/2001 ha trasformato in diritti i principi etici2 e gli obiettivi della Carta Europea sull'Alcol,

approvata nel 1995 a Parigi dai governi degli Stati della Comunità Europea, rendendo atto dell'impatto sociale e sanitario dell'alcol nella

popolazione e ponendo in essere un'articolata serie di indirizzi indispensabili per giungere a prevenire, attraverso misure specifiche, i

danni che l'alcol produce o concorre a produrre.
Dal 2001 si sono progressivamente implementate azioni a livello locale e regionale che hanno nel tempo conferito dignità autonoma all'

alcologia e alle patologie e problematiche alcolcorrelate (PPAC,come definite dalla Società Italiana di Alcologia) legittimando forme

organizzative sanitarie di intervento consolidate attraverso la costituzione dei servizi di alcologia, in particolare nel Nord e nel
centro Italia. La devoluzione regionale della sanità, attuata immediatamente dopo la promulgazione della Legge 125/2001, favorendo l'

autonomia, non ha consentito la definizione strutturale omogenea del sistema di servizi e prestazioni alcologiche; essa, piuttosto, ha

contribuito ad una oggettiva frammentazione organizzativa e strutturale che ha rafforzato le pratiche pre-esistenti basate, a volte, su
approcci più propri degli ambiti ospedalieri, con prevalenza delle esperienze derivate dalle gastroenterologie, altre volte, su un approccio

territoriale, con prevalenza dei servizi per le tossicodipendenze e, in alcuni casi, della salute mentale. E' degli anni più recenti la

tendenza al collocamento prevalente dell'alcologia all'interno dei Dipartimenti per le Dipendenze patologiche, attraverso forme variegate
di organizzazione, formalizzate attraverso gruppi di lavoro, gruppi funzionali, part-time sino alle unità operative semplici, con differenti

gradi di autonomia rispetto all'organizzazione del dipartimento. Tale collocazione ha implicitamente diffuso, anche in alcologia, approcci

più tipici dei Ser.D., storicamente e istituzionalmente demandati alla diagnosi, cura e riabilitazione delle persone con dipendenza da
sostanze illegali.
Le evidenze scientifiche
Le bevande alcoliche sono beni di consumo non ordinari in funzione della tossicità dell'alcol etilico, sostanza psicoattiva, potenzialmente

cancerogena e capace di indurre dipendenza specifica. Il consumo di alcol gode in Italia di una diffusa normalizzazione e accettazione

sociale, di familiarità e popolarità nonostante costituisca, come in tutta Europa, il secondo fattore di rischio di malattia, disabilità e

morte prematura.
Le evidenze scientifiche e il processo storico-culturale attraversato dall'alcologia in questi anni è stato orientato dalle esperienze

maturate sul campo, dai documenti formali e di indirizzo prodotti dagli organismi di tutela della salute, sia a livello internazionale che

nazionale (OMS, Commissione Europea, Ministero della Salute, Istituto Superiore di Sanità Società Italiana di Alcologia) supportati
dalle evidenze e dai risultati della ricerca scientifica.
La stessa definizione dei livelli di rischio alcolcorrelato introdotti dalla Classificazione Internazionale delle Malattie ICD10 ha

sollecitato una profonda riflessione sul ruolo e sulle competenze necessarie per delineare interventi congrui in ambito alcologico.
Consumo a basso rischio, consumo rischioso, consumo dannoso e alcoldipendenza sottendono condizioni estremamente differenti sia in termini di approccio che di interventi specifici. La persistenza di livelli di consumo alcolico che espongono la salute ad un incrementato rischio (consumo rischioso o hazardous) richiede prioritariamente un approccio basato sulla persona, l'identificazione precoce e un intervento motivazionale noto come "intervento breve" volto a indurre il cambiamento di stile di vita e il modello di consumo in una persona che non è (ancora) un "paziente". In tali casi, secondo le esperienze e gli orientamenti internazionali ed europei, l'uso di personale sanitario afferente ai servizi delle dipendenze appare poco indicato. Le linee guida specifiche di uso corrente indicano come professionista privilegiato, il cui intervento è caratterizzato dal minimo costo e dalla massima efficacia, il medico di medicina generale o, comunque, il medico impegnato nei contesti di assistenza sanitaria primaria (progetto PHEPA3 e progetto in Fase IV EIBI del WHO4).
Nei casi di persone in cui sia già presente un danno d'organo correlabile all'alcol (consumo dannoso o harmful, ad esempio steatosi,

pancreatite, cirrosi, ecc.) è possibile e spesso anche opportuno avvalersi di competenze specialistiche di secondo livello (ad esempio,

ambulatoriale o ospedaliero),che siano in rete con i servizi di alcologia cui spetta la presa in carico per l'uso problematico e/o la
dipendenza dall'alcol. La prevenzione della ricaduta, essenziale per evitare l'aggravamento della patologia alcol-correlata (talora a

prognosi infausta, come ad esempio in caso di comorbilità, ad esempio per concomitante cirrosi, cardiomiopatia dilatativa, tumori, ecc.) è

competenza specifica dei servizi di alcologia. La persona con dipendenza da alcol, outcome clinico e sociale estremo delle PPAC, necessita,

invece, di un trattamento specialistico che si articola sia a livello territoriale che ospedaliero in un sistema di continuità assistenziale

che coinvolge anche il terzo settore, il mondo del volontariato e dell'auto-aiuto (Alcolisti Anonimi, le comunità multifamiliari e di

cittadinanza attiva dei Club Alcologici Territoriali, per citarne alcuni).
I problemi e le patologie alcolcorrelate sono condizioni per le quali un approccio coinvolgente la comunità rappresenta una realtà

consolidata negli anni, auspicabilmente da supportare in qualunque modello organizzativo e gestionale specifico. Le esperienze di lavoro in

rete dei servizi di alcologia con altre agenzie pubbliche e/o private del territorio su attività di prevenzione e promozione della salute

(vedi alcol e guida, alcol e lavoro, alcol ed incidenti domestici, ecc.) rappresentano un esempio concreto, percorribile e già realizzato in

taluni contesti. E' altresì ben documentato che un'organizzazione che non riesca ad utilizzare in maniera integrata tutte le risorse e che

impieghi in maniera incongrua le professionalità disponibili incide negativamente sulle performance qualitative dei servizi che dovrebbero

riservare le attività specialistiche in via esclusiva all'alcoldipendente.


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)