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Alcol, effetti neurobiologici e comportamentali: una sintesi

Alcol, effetti neurobiologici e comportamentali: una sintesi

Gilberto Gerra, Amir Zaimovic
Centro Studi Farmacotossicodipendenze, Dipartimento Dipendenze Patologiche, AUSL di Parma.
L'alcool esercita la sua azione sul cervello mediante una interferenza con specifici recettori sul complesso macromolecolare

del GABA, ma coinvolge anche altre monoamine cerebrali e peptidi. L'alcool ha un effetto bifasico: a basse dosi presenta

risposte euforizzanti, attivanti ed energizzanti, in seguito invece si manifesta una fase ansiolitica e sedativa che può

essere attribuita ad una azione inibitoria sui recettori degli aminoacidi eccitatori (NMDA) e a un incremento della azione

GABAergica. Dal punto di vista endocrino l'assunzione di alcool nell'uomo produce un immediato aumento del cortisolo

plasmatico che potrebbe spiegare negli alcolisti i segni di iper-surrenalismo. L'azione dell'alcool sulla secrezione del

cortisolo é mediata dalla stimolazione di ACTH e probabilmente attraverso un coinvolgimento del CRF. L'attivazione dell'asse

ipotalamo-ipofisi-surrene sembra essere la causa degli effetti immunosoppressivi dell'alcool. Contrastanti i dati inerenti le

modificazioni della PRL indotte dall'etanolo: un transitorio rialzo della prolattina è stato riportato nel corso della

esposizione acuta all'alcool. Alcuni autori riferiscono di una riduzione della PRL nell'alcolismo, ma secondo altri la

iperprolattinemia caratterizzerebbe i pazienti a peggiore prognosi. E' stato già ben documentato che l'alcool e il suo

metabolita acetaldeide influenzano la funzione gonadica nel maschio, ma non del tutto chiare sono le vie di interazione tra

alcool e gonadi. Nei soggetti di sesso femminile l'esposizione acuta all'alcool provocherebbe una riduzione del progesterone

e un transitorio rialzo della prolattina. Gli effetti attesi dell'alcool sulla sfera psicologica da parte di consumatori

moderati riguardano vari problemi: il miglioramento del tono dell'umore, lo stress, la facilitazione dell'integrazione

sociale e una incrementata capacità di socializzazione. L'alcool può esser assunto anche con l'aspettativa di migliorare il

funzionamento cognitivo ed aumentare le prestazione lavorative. In generale sia gli individui con uso problematico di alcool,

sia gli alcolisti veri e propri, si aspettano dall'utilizzo dell'alcool una certa auto-cura degli stati depressivi e un aiuto

psicologico nei rapporti sociali e nel controllo dell'ansia. Gli effetti dell'alcool inizialmente sarebbero simili a quelli

dei farmaci antidepressivi, e sarebbero mediati, almeno in parte, da un'alterazione del sistema serotoninergico che riveste

un'importante ruolo nella regolazione dell'umore. È' risaputo che l'alcool ha effetti ansiolitici e disinibitori sul

comportamento attraverso la sua azione sulle strutture subcorticali implicate nella regolazione della rabbia e

dell'aggressività. Gli effetti di socializzazione e disinibizione che molti fobici sociali riferiscono possono essere mediati

da un'elevazione del tono dell'umore indotta dall'alcool. L'assunzione continua di alcool determina altresì alterazioni

ingravescenti della personalità con modificazioni del carattere (litigiosità, violenza) e del senso etico: i rapporti

interpersonali peggiorano, compare una tendenza all'isolamento sociale con ricadute negative sia in ambito relazionale che

lavorativo. Si osserva con una certa frequenza un'associazione di comorbidità psichiatrica tra disturbo da uso di alcool e

disturbi psichiatrici di Asse II, in particolare con il disturbo di personalità antisociale e il disturbo d'ansia.