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News di Alcologia

Alcol, giovani e famiglie: intervista al prof. Crepet

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Genitori attenti all'alcol, non è una ragazzata. Chi si rifugia nella bottiglia vuole addormentare i problemi: una triste e pericolosa fuga

dalla realtà. Le famiglie siano più vigili e non cedano
Professor Crepet, l'Istat ha rilevato che nel nostro Paese si registra un sensibile e preoccupante incremento nel consumo di alcolici e che

una rilevante fascia è costituita da giovani. Che cosa vogliono dire, secondo lei, questi dati?
"Mi sembra chiaro ed evidente. Si nota una tendenza a voler coprire, come una specie di anestesia, i problemi. Una fuga dal reale. L'alcol ha

un effetto anestetico , del resto durante la Prima Guerra Mondiale, nelle trincee spesso i medici, per sedare i feriti, in mancanza di

farmaci, utilizzavano la grappa".
Dunque, un effetto anestetico, ma per quale motivo?
"Oggi tutti siamo spesso incerti, i giovani molto di più. Regna l'insicurezza,la paura di non farcela. Questo timore, spesso amplificato,

porta a varie forme di sfogo e molti trovano più comodo, invece che affrontare coraggiosamente la realtà, addomesticarla con una sbornia. Una

risposta sbagliata ad un problema reale. Oggi vi è crisi sia di valori, che economica. Molti non possono entrare nel sistema produttivo,tanti

se ne sentono espulsi. Ecco dunque il sedativo, la sostanza che addormenta le inquietudini, ovvero l'alcol. E badate bene, queste non sono

sbronze da golosità o divertimento, ma la maggior parte dei casi,prodotte con vini di pessima qualità".
Un ritorno all'alcolismo,dunque
"L'alcolismo in realtà non è mai cessato ed è un fenomeno antico. Piuttosto marcherei l'attenzione su un altro aspetto della

statistica,ovvero l'aumento delle ubriacature tra giovani e qui occorre fare una distinzione".
Quale?
"Tra ubriacature di gruppo e quelle singole, ovvero il bevitore solitario".
Che distinzione esiste?
"La sbornia di gruppo rappresenta in un certo senso la autocelebrazione del branco. Una specie di certificazione di appartenenza e di forza.

Ovviamente si tratta di persone con problemi e che non vogliono neppure prenderne conoscenza o coscienza. Eseguono una specie di rito, si

imbottiscono di alcol e alla fine magari compiono persino azioni senza senso ed anche dannose".
Poi esiste la figura del bevitore isolato
"Ecco, su quella io farei maggiormente mente locale. Chi si attacca alla bottiglia da solo, è un depresso. Nel caso del bevitore isolato non

conta l'età, quanto la gravità dei problemi e la carenza delle risposte. Colui il quale da solo e senza nessuno, sceglie di affogare ogni

realtà nell'alcol è un uomo triste, sconfitto che non riesce a trovare sbocchi o soluzioni,che ha perduto la speranza. Insomma, un soggetto

dal quale vi è da attendersi anche reazioni strane e singolari".
Se i giovani bevono , evidentemente i controlli delle famiglie si sono molto ridotti o risultano inesistenti
"Esatto. Tutto questo nasce dal fatto che la distinzione tra bene e male, tra ciò che è conveniente e quello che non lo è, si è attenuata o è

scemata di molto. Per comodità,pigrizia o assenza molti genitori hanno abdicato al loro ruolo e tendono a minimizzare questi comportamenti

altamente pericolosi ,come ragazzate e sbagliano. Si preoccupano solo quando sanno che i loro rampolli devono guidare la macchina. Spesso è

troppo tardi per loro e per tante vittime innocenti. Ecco,i genitori siano più presenti nella vita dei loro figli".
Bruno Volpe