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Alcol: i giovani stanno più attenti ma è ancora allarme

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Alcol. I giovani stanno più attenti, ma è ancora allarme

Il binge drinking è in calo, ma le tradizionali modalità di consumo di alcolici ai pasti sono ormai un ricordo. Si beve fuori casa e si comincia sempre prima
Tra i giovani si riduce il binge drinking, interrompendo il trend in crescita dal 2003. Diminuiscono gli episodi di ubriachezza tra i giovani e la percentuale di incidenti del venerdì e sabato notte in rapporto al totale degli incidenti notturni. Ma resta alta la preoccupazione del ministero della Salute sul consumo di alcol tra i giovani, ma anche tra i più anziani.

Il vino a tavola è sempre più un’eccezione nelle case italiane, anche se continua a crescere il numero di persone che consuma alcol. Lo fanno, infatti, fuori dai pasti. Sono soprattutto di giovani e giovanissimi. E infatti la prevalenza di consumatori tra i ragazzi nella fascia di età 14-17 anni è passata, negli ultimi 16 anni, dal 12,9% al 22,8% tra i maschi e dal 6% al 14,7%  tra le femmine. Come emerge dall’annuale Relazione sul consumo di alcol che il ministro della Salute ha presentato al Parlamento.

Tuttavia, qualche buon segnale c’è da parte dei giovani. Per il primo anno, dopo tanto tempo, sembra infatti diminuire il binge drinking, cioè il consumo di numerose quantità di alcol in un arco di tempo molto limitato. Nel 2011 infatti, secondo l’Istat, il 7,5% degli italiani con oltre 11 anni di età ha dichiarato di aver consumato almeno una volta 6 o più bicchieri di bevande alcoliche in un’unica occasione, il 12,2% tra gli uomini e il 3,2% tra le donne. Nel 2010 la quota dei consumatori binge drinking era pari a 8,3% (13,4% gli uomini e 3,5% tra le donne). Il fenomeno, comunque, resta preoccupante. “Oltre a comportare maggiore rischio per la salute del singolo bevitore”, spiega infatti il ministero, il binge drinking sembra avere un maggiore impatto anche sulla sicurezza sociale, con un accresciuto rischio di incidenti stradali, di incidenti sul lavoro e di violenze.
Arrestare il fenomeno è comunque difficile. Perché la sua diffusione è legata ai cambiamenti della società e al nuovo modello di vita che vede il vino, soprattutto durante i pasti, sempre meno protagonista delle abitudini degli italiani, tra i quali diventa invece sempre più comune il consumo di aperitivi, amari, superalcolici e birre bevute in situazioni “aggregative”. Un cambiamento che è stato particolarmente forte soprattutto tra i giovani e tra le donne. Il bicchiere di vino a tavola, insomma, è rimasta solo un’abitudine dei nonni e al limite di qualche genitore della vecchia generazione.

Tuttavia, la Relazione sottolinea come siano proprio gli over 65enni ad essere considerati i consumatori a rischio perché, pur nell’ambito del tradizionale modello di consumo mediterraneo, non si attengono ai limiti di moderazione prescritti per la loro età.  Fra gli uomini le percentuali più elevate di consumatori a rischio si registrano nella classe di età 65-74 anni (45,7%), seguita da quella di oltre 75 anni (39,5%), per un totale di circa 2.200.000 uomini anziani a rischio. Anche  tra le donne le percentuali più elevate di consumatrici a rischio si registrano nella classe di età 65-74 anni (11,7%), seguita da quella di oltre 75 anni (10,2%).
Complessivamente nel 2011 le persone che hanno consumato bevande alcoliche con modalità in vario modo a rischio per la loro salute sono state oltre 8.100.000, di cui 6.200.000 uomini e 1.900.000 donne, pari al 23,9% del totale degli uomini ed al 6,9% delle donne di età superiore a 11 anni.

Ma tra i consumatori a rischio vanno in particolare segnalati anche i 338.000 minori di 16 anni (il 14% dei ragazzi e il 9,7% delle ragazze di questa fascia di età) per i quali le agenzie di sanità pubblica prescrivono la totale astensione da qualsiasi consumo alcolico.

Gli alcoldipendenti al di sotto dei 30 anni in trattamento nei servizi alcologici territoriali rappresentano, nel 2011, il 9,8% dell’utenza totale, una quota consistente e in aumento rispetto a quella registrata nel 2010 (9,1%).

 

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)