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Alcol, l'insostenibile indifferenza dell'etere

Alcol, l'insostenibile indifferenza dell'etere

ALCOL, L'INSOSTENIBILE INDIFFERENZA DELL'ETERE
Nonostante in Italia siano otto milioni i cittadini che ne consumano in eccesso, i media trascurano l'emergenza sanitaria. Le responsabilità del servizio pubblico nel debito di informazione


In Italia oltre otto milioni di persone bevono alcolici secondo modalità rischiose o dannose per se e per gli altri. Una quota imponente d’individui che, nella maggioranza dei casi, potrebbe essere ricondotta a livelli di rischio gestibili attraverso l'incremento della consapevolezza e delle abilità individuali che possono fare la differenza in contesti e circostanze della vita in cui non bere considerando attentamente gli effetti negativi del proprio bere rappresenta la scelta migliore. Ne è stata data contezza al Parlamento attraverso la Relazione annuale del Ministro della Salute e dettaglio tramite il report annuale dell'Osservatorio Nazionale Alcol. Un milioneseicentoventimila giovani a rischio di cui quasi ottocentomila sotto l’età minima legale di 18 anni che richiamano l’attenzione su un problema di mancato rispetto della legalità da parti di alcuni adulti oltre che di tutela della salute.  Oltre 17mila morti per anno causati dall'alcol prevalentemente per incidenti, malattie croniche e tumori, sono la triste testimonianza di un effetto indesiderato ed evitabile del comportamento più normalizzato dalla e nella società: l'uso indiscriminato di alcol, della più diffusa sostanza psicoattiva, cancerogena e induttore di dipendenza.


L'Organizzazione Mondiale della Sanità, nel corso dell'Alcohol Prevention Day, ha sottolineato l'impatto con la stima dei costi sociali e sanitari causati dall'alcol: pari almeno a 25 miliardi di euro. Una sottostima, secondo il parere degli economisti, in quanto riferita esclusivamente ai costi tangibili epurati da quelli intangibili che, è noto da anni in Europa, arrivano quasi a duplicare i costi totali dell'alcol pagati dalla società. In un mondo attento ai risparmi e alle diseconomie, ai tagli alla spesa sociale e sanitaria, queste cifre dovrebbero sollecitare scalpore e pronta reazione in termini di risposta pubblica.


Singolarmente, il 16 aprile, giorno dell'Alcohol Prevention Day, l'unica voce che ha riportato dati e impatto dell’alcol è stata quella del web. Nessuna televisione, pubblica o privata, ha dedicato una notizia che pure sarebbe stata di pubblica utilità nel prezioso ruolo di incrementare nella popolazione il livello di consapevolezza sui rischi correlati all’uso di alcol. Il giorno successivo nessun quotidiano nazionale, tranne la Gazzetta del Mezzogiorno, ha pubblicato notizie e dati. In anni precedenti decine di testate riempivano le pagine dei giornali e le tv e le radio le notizie. Come interpretare tale "fenomeno"?


Sarebbe comprensibile (non giustificabile), come accaduto anche l'anno scorso, un riserbo di opportunità legato all’esigenza di non offuscare qualche contestuale svolgimento di kermesse nazionali commerciali o economiche di settore, di richiamo o di eccellenza ma non vi erano in svolgimento manifestazioni promozionali legate ad alcuna bevanda alcolica per la quale notizie del genere avrebbero potuto generare imbarazzi anche istituzionali considerando che le alte personalità dello Stato sono chiamate a inaugurare e sostenere, giustamente, il made in Italy per il considerevole peso sul PIL e sul "gettito" fiscale ma che, purtroppo, generano anche costi sanitari e sociali. Caduta anche questa ipotesi di circostanza e volendo essere propensi a difendere la convinzione dell'esistenza e dell'esercizio del diritto vigente alla libertà di pensiero, parola e opinione, si affaccia prepotentemente e in tutta la sua drammaticità  la considerazione sul livello culturale, sulla qualità e nobiltà  degli interessi e sulla connotazione etica di ampi strati del mondo dell'informazione che in Italia appare in caduta (di tono) libera e che invece non potrebbe o non dovrebbe, oggettivamente, rappresentare altro se non il concetto riconducibile alla mission di servizio per la collettività.


Ci sono morti e morti. Già  ci eravamo resi conto che morire in Kenia o a Parigi, vittime dello stesso terrorismo, non ha la stessa valenza, non per suscitare pari interessi da parte dei media. Settecentocinquanta immigranti morti in un giorno nel canale di Sicilia sono una tragica realtà  rispetto alla quale si è disposti ad affondare i barconi nei luoghi di origine.Millecinquecento italiani ogni mese, diciassettemila l'anno, 170mila in un decennio non hanno dignità  di notizia: perché? Per quali insondabili ma, sono certo, non trascurabili ragioni  si assiste a scelte editoriali che penalizzano o sacrificano la circolazione di un certo tipo di informazioni utili alla collettività? Come giudicare mezzi di comunicazione, commerciali per prassi e standard operativi, garantire un’informazione libera, indipendente, valida e oggettiva e, laddove connotati dall'attribuzione di "servizio pubblico", indispensabilmente ed eticamente distanti da altri interessi quali quelli di tipo economico?


Quanti hanno visionato i telegiornali del 16 e anche 17 aprile e le "scalette" editoriali, hanno potuto giudicare se tutte le notizie trasmesse presentassero caratteristiche di priorità  e urgenza tali da scegliere di non riportare ciò che in ogni Nazione evoluta trova spazi e ragioni per emergere e dominare le pagine delle televisioni e dei rotocalchi. L'impatto dell'alcol in Italia, la causa di quei numeri, la notizia di quei morti da alcol, mai "morti nell'etere” stride, inevitabilmente, almeno negli effetti, con quella che abilita e sostiene il marketing commerciale che diffonde imperversanti spot pubblicitari più volte segnalata come non conformi alle direttive comunitarie alle quali l’autoregolamentazione nazionale dovrebbe ispirare integralmente le modalità oggetto della pubblicità.??E molti sottolineano nei progetti europei che ci  sarebbe ben altro a voler considerare i prodotti alcolici che vengono proposti a qualunque ora e in qualunque trasmissione come l'elemento irrinunciabile per la salute. Grottesco? No, tipicamente italiano anche a detta dei ricercatori e dei media stranieri. Una volta si parlava di giornalismo di denuncia, oggi non si può parlare neanche più di giornalismo "verità". Qualcosa si salva, non si può generalizzare, ma è veramente poco. Cosa ci resta? La consapevolezza che c'è evidenza di disimpegno, probabilmente anche di una corrente di pensiero, che sottrae spazi e contenuti dovuti d'informazione, che costringe a colazione a sapere tutto della borsa di Tokio ma in totale sbilanciamento rispetto a ciò di cui ci sarebbe necessità, che sarebbe opportuno far conoscere alla gente per poter contribuire a garantire scelte informate e salutari nell'opinione pubblica.


È verosimile che la tutela del consumo di determinati prodotti possa rappresentare un motivo determinante rispetto ad alcune scelte adottate dai media. Ma è anche vero che la dinamica dello struzzo o del "silenzio" non sembra prefigurare grossi vantaggi da perseguire considerando i trend dei consumi alcolici.


Il Parlamento di Strasburgo ha approvato una risoluzione che chiede una nuova strategia comunitaria sull'alcol, tenendo anche conto delle forti pressioni dei nuclei d’interesse che avrebbero voluto proseguire semplicemente la precedente senza aggiungere rinnovati obiettivi.  L’ha fatto indicando proprio nell'informazione ancora più pervasiva la tutela della salute del consumatore, indicando le etichette dei prodotti alcolici come il mezzo attraverso cui far passare i messaggi che i media si ostinano in Italia a snobbare o a glissare. Se il mezzo è il messaggio qualcosa cambierà. Mentre i produttori di birra avevano già  dichiarato di aderire in autoregolamentazione a tale esigenza, altri settori produttivi manifestavano legittima contrarietà non considerando, a parere di molti, che il ritorno di immagine di quanti possono vantare un atteggiamento e una responsabilità  etica dell'impresa è una carta che tutti hanno facoltà  di giocare influenzando le performance del prodotto specifico sul mercato, ovviamente.  Ha senso tutto ciò? Non sarebbe forse più produttivo concertare tutti insieme gli interventi evitando alla fine di subire scelte piuttosto che parteciparvi mirando a compromessi strategicamente sostenibili? In Italia l’esperienza della Consulta Nazionale Alcol (oggi purtroppo sopressa senza ragione) ha dimostrato che si può arrivare a soluzioni condivise tra tutti gli stakeholders avanzando parrei e proposte che hanno trovato facile vita nell’implementazione minimizzando i conflitti e favorendo una prevenzione non integralista.  Per certo non è?con la levata di scudi che si può pensare di bloccare il calo dei consumi che, anzi, dalle iniziative in corso e da quelle future non potrà che esserne influenzato.


(...omissis...)


copia integrale del testo si può trovare al seguente link:
https://www.fondazioneveronesi.it/i-blog-della-fondazione/il-blog-di-emanuele-scafato/alcol-linsostenibile-indifferenza-delletere/


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)