Alcol, quella piaga del nostro tempo
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Auronzo, ospedale IV piano. 250 ricoveri l'anno. Ragazzi. Adulti. Anziani. Uomini. Donne. Alcuni consapevoli che c'è la loro vita da riscattare altri no e bisogna farglielo sapere. E' la realtà del quarto piano dell'ospedale Luigi Rizzardi di Auronzo di Cadore. Una realtà coraggiosa, che cura dal 1983, la piaga del nostro territorio e del nostro tempo: l'alcol. Dopo i drastici tagli che investirono la sanità negli anni '90 il quarto piano è solo una parte di quello che resta della vecchia struttura ospedaliera: «Irrinunciabile», a parere del dottor De Sandre, primario del reparto e del Sert di Belluno, che fornisce i dati del suo lavoro diventato, dopo 25 anni di esistenza spesa nella nobile arte di strappare la gente al difficile impasto della dipendenza, arma di studio del comportamento umano. I dati nazionali. In Italia, secondo i dati dell'Osservatorio Nazionale Alcol, quasi il 70 per cento della popolazione sopra i 14 anni dichiara di assumere quotidianamente alcol, con picchi del 90 per cento tra i maschi dai 35 ai 45 anni. Il fenomeno dell'etilismo che sembrava interessare solo le aree di montagna, si allunga così su tutta la penisola, trascinando anche chi non ha mai conosciuto la cultura del bere e soprattutto i giovani, che del vivere sotto strati di ubriachezza continua fanno filosofia. Anche il rimasuglio di romanticismo legato alla poesia della montagna antica, tramandata nei racconti di cacciatori e boscaioli, fermata nel bere per superare la severità della vita di una volta, viene spazzato via. Spregiudicatamente. Perché si beve. Si beve per moda, per sballo, perché ci si vuole volutamente ammattire, divertire, condividere un niente, assieme, mentre si cresce e si smette di pensare. E non sono più sufficienti le notti in discoteche o nei bar, si assorbe alcol di giorno: nelle piazze, nelle scuole, nei cantieri, nelle fabbriche. Dappertutto, senza timore di essere derisi o giudicati. Tutto perfettamente riconducibile ai canoni di una vita normale. Perché questo è ed è sempre stato. Qui e ora anche altrove. «La cosa che rattrista», racconta De Sandre, «è contare. Da quando abbiamo messo in piedi questa consapevole dimensione ospedaliera, l'età media dei ricoveri che gestiamo è scesa dai 47 ai 40 anni e il fenomeno dell'alcolismo favorisce oramai l'assimilazione di altre patologie diventando un mostro dalle molte facce». Polidipendenza. Si registra, infatti, secondo il piano di zona - aree dipendenze - dell'Usl 1, la cosiddetta polidipendenza: fenomeno legato all'uso di più sostanze associate all'alcool, specie cocaina, assunta con modalità del tipo Binge drinking (intossicazione voluta), ma anche di sintetici che sviluppano in modo esponenziale gli effetti dell'ebbrezza alcolica e dei danni psicofisici correlati. Ma la diffusione degli stupefacenti moderni non sostituisce la dipendenza da droghe storiche, come l'eroina. Il numero dei tossicodipendenti in appoggio metadonico in provincia, dal 2000 al 2007, è addirittura in leggero rialzo: 63 nel 2000, 70 nel 2007. Non c'è compensazione. Sempre secondo i dati del DdD, l'accesso alle bevande alcoliche, per la provincia di Belluno, è di 11 anni e mezzo, contro i 12,5 della Regione Veneto e il 9% dei ragazzi bellunesi in età tra gli 11 e i 15 anni ha un rapporto quotidiano con il bicchiere, contro il 6% del dato regionale. Nel 2007 vi è stato inoltre un aumento sensibile delle persone che chiedono aiuto ai Servizi competenti per problemi legati all'uso di sostanze illegali. Tale incremento si è registrato presso il Sert di Belluno e quello di Agordo, il primo con 252 tossicodipendenti nel 2007 rispetto ai 116 del 2005 e il secondo con 40 tossicodipendenti nel 2007, mentre nel 2005 ve ne erano appena 25. Cifre che raddoppiano a distanza di soli 2 anni. Ma il disagio più grosso riguarda i minori. Cocaina e i suoi fratelli. Il vertiginoso deprezzamento che ha investito il mercato della cocaina e la diffusione esponenziale delle sintetiche fanno dei ragazzi le prede più facili di un mercato criminale in espansione. Secondo l'Europol, la polizia internazionale europea che per mezzo dei sequestri messi appunto in paesi chiave dello spaccio, come Belgio, Olanda, ma anche Italia e Spagna, mappa le arterie del traffico dell'ecstasy, dichiara che questa è commerciata con 900 tipi di composizioni chimiche diverse. In Italia ne fa uso una persona su quattro. In provincia di Belluno. E' dipendente il 2.1 per cento della popolazione, contro l'1.6 per cento del dato regionale (Scorpion, Flintstone e Ferrari le più conosciute), e un terzo dei quindicenni, sempre secondo il Dipartimento delle Dipendenze dell'Usl, fa uso di cannabis. Siamo nettamente al di sopra di tutte le statistiche regionali con un comportamento riguardo al bisogno di stordirsi per migliorare il proprio approccio con la vita, che va assorbendosi in un processo di normalizzazione culturale. - Rosanna Franzese