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Alcolismo: aspetti pediatrici

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Alcolismo: aspetti pediatrici

Il ruolo che l’alcol può svolgere nel condizionare negativamente la salute di un bambino è pesante e
si immagina facilmente quanto tale effetto possa amplificarsi nell’età adulta e nell’intera società. Se non
bastassero valutazioni etiche, prima che mediche, il semplice calcolo costi-benefici dovrebbe giustificare,
anche nel nostro Paese, un impegno di prevenzione ben più serio ed efficace rispetto a quanto oggi
viene fatto.
Tutte le notizie sul tema, comprese quelle parziali e lacunose che seguono, hanno lo scopo di stimolare
curiosità, interesse e, soprattutto, la consapevolezza che questo problema si può evitare.
I contatti del bambino con l’alcol seguono di solito tre percorsi: l’esposizione in utero, l’esposizione
ambientale (con riferimento alla famiglia ed alla comunità) e l’esposizione legata al consumo personale.
Tradizionalmente l’attenzione si rivolge al consumo personale dell’adolescente; negli ultimi anni anche
gli altri aspetti hanno avuto un’importante rivalutazione.
Gli effetti deleteri dell’alcol sul bambino sono sospettati fino dall’antichità, ma è recente la definizione
delle conseguenze provocate dall’ingestione di alcolici da parte della donna incinta.
Lemoine nel 1968 tratta l’argomento per la prima volta, riferendo di certe anomalie riscontrate in
bambini nati da genitori alcol dipendenti.
Numerose osservazioni hanno poi chiarito le capacità teratogene dell’alcol ed è stato documentato un
quadro specifico di alterazioni e malformazioni identificato come “sindrome feto-alcolica” (FAS). La
FAS è considerata la più severa conseguenza dell’esposizione in utero all’alcol.
Nella donna alcolista esiste un aumento significativo del tasso di abortività e di natimortalità.
All’etanolo è riconosciuta la capacità di alterare il patrimonio genetico. L’effetto teratogeno diretto,
anche se aspecifico, riguarda in particolare l’acetaldeide, uno dei metaboliti dell’etanolo. L’alcol può
influenzare il flusso ematico placentare, alterando il trasferimento di varie sostanze come aminoacidi
essenziali e zinco, entrambi necessari per la sintesi proteica. Altre segnalazioni attribuiscono all’alcol
interferenze ormonali o un effetto diretto sulle funzioni cellulari. La tossicità dell’alcol sarebbe aumentata
da carenze vitaminiche, (ac.folico e vit B1 e B6) determinate dall’etanolo stesso.
Il consumo di alcol in gravidanza può dunque risultare molto dannoso allo sviluppo embrionale e
fetale. Ma non tutti i figli di madri alcol-dipendenti presentano lo stesso quadro.
Non tutti noti sono i fattori che possono condizionare questa diversa risposta.
Prima di tutto la costituzione genetica dei genitori e del feto; alcuni individui hanno carenza di uno o
più enzimi necessari per il metabolismo epatico dell’alcol; tale caratteristica è geneticamente trasmessa
e la sensibilità individuale della madre e del figlio, anche se non definibile con precisione, rappresenta
una variabile importante.
Gli stessi fattori genetici sono prevalenti nel condizionare la diversa incidenza della FAS nelle diverse
popolazioni: dall’1%° al 10%°.
Il grado di intossicazione precedente e lo stato nutrizionale della madre, ma anche il suo equilibrio
psichico ed i suoi comportamenti, giocano, a loro volta, un ruolo nel determinare l’intensità del rischio
per il feto.
Sono poi essenziali le quantità di alcol assunte, la durata dell’esposizione, il rapporto tra inizio
dell’intossicazione e gravidanza, nonché l’eventuale abuso di altre sostanze come tabacco e droga.
Il bambino beve l’alcol che la madre beve… L’alcolemia della madre è la stessa di quella del feto che
però è più piccolo e con un fegato meno maturo. Se l’alcolemia della madre rimane alta per alcune ore
l’alcolemia del feto rimane tale per alcuni giorni. L’ubriacatura occasionale della madre è più pericolosa
rispetto al basso, cronico, consumo.
Poiché l’alcol passa integralmente nel latte materno anche l’allattamento al seno è controindicato.
Esiste certamente una proporzione tra gravità di alterazioni osservate e quantità di alcol ingerita.
Patologie alcol-correlate 185
I figli di madri forti bevitrici hanno un rischio di anomalie congenite due volte superiore rispetto a
quelli le cui madri assumono minori quantità di alcol. Alcuni Autori hanno calcolato che il 32% dei
neonati di madri forti bevitrici presenta anomalie congenite contro il 9% dei figli di madri astemie e il
14% dei figli di madri che bevono con moderazione.
Poiché sono documentati segni sfumati, identificabili solo tardivamente, e poiché esistono fattori
individuali che aumentano la vulnerabilità del feto, è difficile stabilire la dose minima di alcol sufficiente
a non danneggiare l’embrione. L’astensione è l’unico comportamento sicuro!
I fattori maggiormente predittivi per problemi specialmente neurologici sono gli abusi occasionali
o più bicchieri, nella stessa occasione). Critica sembra anche la fase della gestazione, con maggior rischio
per le settimane che precedono il riconoscimento della gravidanza e per il primo trimestre.


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)