Alcolismo e disagio sociale
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di Carla Collicelli
Tratto caratteristico della evoluzione dei consumi alimentari e del bere nel periodo più recente è l'importanza della dimensione relazionale e sociale che questi consumi hanno assunto, che conferma e consolida quella valenza rituale e simbolica che hanno sempre avuto nella storia, ma con delle accentuazioni di tipo nuovo. In particolare spicca l'esempio del cosiddetto Happy Hour, lo spuntino, e più che altro l'aperitivo, consumato in un locale pubblico confortevole, assieme agli amici, diventato per larghi strati della popolazione giovanile italiana e mondiale un forte momento di aggregazione sociale, spesso addirittura in sostituzione della cena. Sullo sfondo della evoluzione dei modi, dei tempi e dei contenuti dei consumi alimentari, di cui l'Happy Hour è solo l'esempio più eclatante, dal punto di vista delle quantità di alcol, assistiamo in Italia ad una riduzione generale delle quantità consumata, soprattutto di vino, allo spostamento degli equilibri tra diverse bevande alcoliche, con aumento della birra e, più recentemente, degli aperitivi, alla riduzione del numero dei "grandi consumatori" tra gli uomini adulti (-1,7% per 4 e più unità alcoliche quotidiane tra 2005 e 2007), all'aumento della platea dei consumatori, e specie di quelli moderati, alla crescita dei consumi di qualità e del "buon bere", specie nei ceti più acculturati, nei giovani, nelle donne. Ciò corrisponde per molti versi alla permanenza di quella connotazione culturale che è stata definita "bagnata", tipica dei paesi del Mediterraneo, caratterizzata da un consumo regolare, moderato e durante i pasti, legato ad una ritualità conviviale socialmente accettata sulla base di una consuetudine millenaria, contrapposta alla cosiddetta "cultura asciutta" dei paesi del nord Europa, caratterizzata da un modello di consumo di alcol più rarefatto nel tempo e collocato specie fuori-pasto e nei week-end, con frequenza di eccessi di tipo trasgressivo, specie il sabato sera, e con maggiore consumo di birra e superalcolici.
All'incrocio tra le tendenze indicate si riscontrano però alcune evidenze recenti che destano una motivata preoccupazione sociale, dallo sballo del sabato sera alla guida in stato di ebbrezza, e particolarmente preoccupante risulta la crescita tra i giovani di una tolleranza diffusa nei confronti degli eccessi saltuari. Le situazioni a rischio più evidenti si rispecchiano nei dati dell'8,6% degli uomini che ancora consumano 4 o più unità alcoliche ogni giorno, del 15,7% degli uomini ed il 4,2% delle donne che hanno un consumo non così alto ma considerato comunque non moderato (rispettivamente 2-3 unità alcoliche per i maschi e 1-2 per le femmine), del 3,5% dei minori maschi e dello 0,9% delle minori tra 11 e 17 anni che hanno anch'essi un consumo non moderato, dei 16.150 incidenti e 721 morti in strada nelle notti del venerdì e del sabato, spesso legate ad un consumo eccedentario di alcol, del l0,8% (13,1% degli uomini e 3,1% delle donne) che hanno assunto 6 o più bicchieri in una unica occasione almeno una volta nell'anno trascorso, e dell'1% dei giovani tra 15 e 19 anni che si sono ubriacati almeno una volta nell'anno.
Le ricerche Censis mostrano come tutto ciò sia riconducibile in larga parte a fenomeni diffusi di disagio sociale, che si tende a sottovalutare, ed all'indebolimento dei legami comunitari e delle forme di controllo diffuso. Per citare alcuni dei più importanti: la sindrome da debolezza identitaria degli adolescenti e di molti giovani, legata a carenze nella trasmissione intergenerazionale dei valori, che spinge verso la ricerca di riscatto e di identità in forme di sfida e trasgressione; le forme di isolamento sociale e lavorativo, che colpiscono in particolare casalinghe, pensionati, lavoratori prematuramente espulsi, disoccupati; il disagio di molti immigrati, dovuto all'abbandono forzato dei propri contesti di origine; la precarietà sociale e lavorativa; la amplificazione, ad opera dei mezzi di comunicazione di massa, di stili di vita e di comportamenti di consumo a rischio; l'indebolimento dei fattori di protezione spontanea che la società italiana possiede, e cioè della famiglia, della scuola, del controllo sociale diffuso, dei modelli positivi di riferimento, della cultura della qualità degli alimenti e delle bevande. Occorrerebbe quindi aumentare la consapevolezza del rischio connesso al consumo delle bevande alcoliche nella popolazione generale e in alcune fasce di popolazione particolarmente esposte (anziani, giovani, donne), nonchè il sostegno a favore delle politiche di salute pubblica finalizzate alla prevenzione del danno alcol correlato.