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Alcolismo giovanile: osservazioni su un fenomeno in crescita

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Alcolismo giovanile
"Voglio una vita spericolata e maleducata, una vita che se ne frega di tutto, sì... Una vita esagerata piena di guai... ognuno col suo viaggio,

ognuno diverso, ma in fondo perso dentro i fatti suoi", cantava Vasco Rossi, portandolo al successo, diventando l'inno e il mito dei giovani

di ieri.
Oggi sembra che le sue parole si diffondano come un'eco dalla voce ancora prepotente tra i nostri ragazzi. Tanti, forse troppi giovani,

ragazzini di appena quattordici anni, acerbi uomini che si affacciano alla vita, affrontandola con la spavalderia di un finto coraggio,

trovano nell'alcol, nel fumo e nella droga il mezzo necessario per vivere la ribellione dei loro anni. Incitato dal gruppo, il ragazzo appena

adolescente si avvicina all'alcol per dimostrare a se stesso e agli altri d'essere un tipo tosto, uno di loro, uno "che se ne frega di tutto,

sì!"
I giovani si sentono più forti quando sono nel gruppo e per sentirsi accettati sono disposti a trasgredire qualunque regola sia stata loro

insegnata. Anzi, più trascendono, più s'alza la propria autostima. Si riuniscono in branchi e trascorrono il loro tempo ad ascoltare musica a

tutto volume con una bottiglia di birra in mano. Per loro il bere ha un valore simbolico e psicologico, così come portarsi alle labbra la

prima sigaretta. E' la sensazione di sentirsi più liberi e indipendenti e quel gusto amarognolo della birra, ritenendola innocua, acquista il

sapore di una "pozione magica" che dà il super potere necessario per trovare quel coraggio che spesso manca.
E' facile abituarsi a bere, più difficile smettere. L'alcol si deve ritenere una vera e propria droga: crea assuefazione, distrugge l'

organismo e rende schiavi proprio come le altre. Vino bianco frizzante, birra, Bacardi profumato ai sapori fruttati, addolcito da innocenti

colori pastello, sono tutti tipi di alcol facilmente reperibili e quotidianamente pubblicizzati, sottovalutando il fatto che essendo a base

alcolica, distruggono, cellula dopo cellula, la vita di giovani, e non, riempiendo prigioni e ospedali, uccidendo su strade e autostrade.
Insomma, i ragazzi bevono per sentirsi grandi, per evadere dalla società che li circonda, dalle incomprensioni della famiglia, per liberarsi

dalle responsabilità scolastiche, per essere accettati dal gruppo. Tentando, così facendo, di costruire una propria identità. Si ubriacano

per essere trasgressivi, compiendo "bravate" in condizioni di estrema pericolosità e muoiono da imbecilli, perché non sono più padroni di se

stessi.
Convinti del proprio "super potere", imbevuti di "pozione magica", annebbiati dal suo effimero effetto, i giovani gareggiano in vere e

proprie maratone alcoliche: una forma di bulimia che li porta a bere fino al vomito, per poi ricominciare. L'alcol procura stordimento,

allenta i freni inibitori, offusca la vista, rallenta i riflessi, ma per l'adolescente tutto ciò è benessere, uno stato di grazia e

onnipotenza nei quali dimenticare la propria solitudine, "... ognuno perso dentro ai fatti suoi".
In queste condizioni i giovani non sanno di andare incontro a conseguenze terrificanti, "... una vita piena di guai". Con il consumo dell'alcol

sono aumentate le gravidanze involontarie, gli stupri e ora anche l'AIDS. Con l'alcol ogni precauzione scivola via, ogni paura viene

esorcizzata. Ecco allora ragazzini che, abituati ad ottenere tutto e subito, dove i desideri sono legge e l'imperativo è la libertà di auto-

determinazione, bruciano la propria adolescenza arrivando precocemente all'auto-distruzione.
Nell'illusione del benessere e galvanizzati da una irreale euforia, alcuni giovani sfidano la vita correndo su auto spingendo al massimo l'

acceleratore, registrandosi con il videotelefonino per immortalare le loro "prodezze" in condizioni di stordimento totale e provocando,

inevitabilmente, incidenti mortali senza neppure accorgersi di ciò che stanno facendo.
L'abbinata droga-alcol consumata nelle discoteche è responsabile delle cosiddette "stragi del sabato sera", riempiendo le pagine dei giornali

e svuotando di lacrime il cuore delle famiglie delle vittime. Nel nostro paese il fenomeno dell'uso dell'alcol ha dimensioni rilevanti: nella

fascia di età tra i 14 e i 24 anni il 62% dei maschi e il 34% delle femmine beve vino e circa 400.000 giovani fanno uso di alcolici. L'alcol

è responsabile di circa 1/3 degli incidenti stradali.
Lo Stato ha tentato di porre un freno ponendo un limite al tasso d'alcol nel sangue: 0,05 g/l, facilmente raggiungibile con due bicchieri di

vino. Ma non è sufficiente. Il problema deve essere risolto "a monte". I ragazzini sono per lo più fragili, privi di regole e molto spesso si

sentono abbandonati dalle rispettive famiglie.
In genere lavorano ambedue i genitori, lasciando l'adolescente solo per molte ore al giorno. Il ragazzo si sente, pertanto, libero di crearsi

la propria indipendenza, ma troppo solo per poterla affrontare al meglio. In un'età già di per sé difficile da oltrepassare, i giovani, senza

l'appoggio dei genitori, cercano altrove quello che darà loro la forza di "cavalcare l'onda", senza accorgersi che sarà proprio quella

ingenua scelta che li sommergerà, travolgendoli in un vortice di solitudine, aggressività e menefreghismo nei confronti della famiglia e

della società, prima di accusare di scelleratezza i propri figli, sarebbe bene che siano gli stessi genitori a farsi degli esami di

coscienza, cominciando a chiedersi quanta responsabilità c'è in casi del genere, quanto tempo viene dedicato ai propri ragazzi e quanto

dialogo si è riuscito ad instaurare con loro.
L'atteggiamento ribelle dei giovani è un segnale troppo importante perché passi inosservato, ma molto spesso gli adulti si nascondono dietro alla giustificazione del lavoro e della mancanza di tempo da poter dedicare, addossando l'intera colpa al figlio per scarsa responsabilità e immaturità, lasciandolo da solo a risolvere i propri problemi. Ecco quindi la fuga nell'alcol, in quel bicchiere dove ritrovare forza, coraggio e sogni, cercando nell'irreale ciò che la vita non riesce loro dare.
La sfida, dunque, è cercare di recuperare quell'educazione alla vita cui ogni ragazzo ha diritto, rafforzandolo, comunicando con lui,

seguendolo nei suoi successi, confortandolo, sostenendolo e indirizzandolo verso il valore della propria libertà, indipendenza e piena

responsabilità per un sano diritto alla propria dignità di uomo.
Patrizia Targani Iachino


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)