Alcolismo, nelle strutture riabilitative sempre più giovani: i dati di una ricerca dell'Università Bicocca
Alcolismo, nelle strutture riabilitative sempre più giovani: i dati di una ricerca dell'Università Bicocca
ANCONA - Chi è l'alcolista? Bando all'immagine stereotipata del vecchio barbone con il whisky nel sacchetto di carta. Sono
sempre più i giovani (a volte giovanissimi) che arrivano alle strutture di residenza riabilitativa censite dal Corral
(Coordinamento delle riabilitazioni residenziali alcologiche). Tra i 25 e i 37 anni (ma con una crescita molto forte dei
minorenni), maschi, soggetti a più dipendenze (alcool, ma anche droghe pesanti, gioco d'azzardo). Una ricerca della facoltà
di Scienze Statistiche dell'Università Bicocca di Milano - di cui una parziale presentazione si terrà durante il convegno "La
residenzialità alcologica: creatività nella cura e nella riabilitazione" previsto a Senigallia - permette per la prima volta
di individuare le caratteristiche socio-demografiche, clinico-psicologiche e la condizione alcologica della popolazione di
alcolisti in degenza presso un Servizio residenziale alcologico. Circa due terzi dei pazienti (un migliaio) sono maschi. Nel
60% dei casi si tratta di dipendenze di lunga data, superiori ai dieci anni. E un terzo del totale associa all'alcolismo
altri abusi, dipendenze o comportamenti patologici. Oltre la metà di coloro i quali si rivolgono alle strutture riabilitative
sono al loro primo ricovero, a testimoniare la difficoltà di diagnosticare la dipendenza ma soprattutto la difficoltà per i
potenziali pazienti di accedere ad una struttura che possa indirizzarli o aiutarli.
I percorsi riabilitativi seguiti presso i Servizi residenziali (sono possibili più percorsi in parallelo) consistono
innanzitutto in terapie farmacologiche contro l'astinenza, poi interventi informativo-educativi, terapie psico-
farmacologiche, interventi psicologici di gruppo e individuali; con minore frequenza vengono impiegate altre terapie
farmacologiche e attività espressive (filmoterapia, danzaterapia, art-therapy, gruppi di narrazione). Lo standard di successo
di queste strutture sfiora l'87,6% di percorsi ultimati, con una minoranza ristretta di auto-dimissioni, complicanze o altro.
Nel 44,3% dei casi la struttura cui il paziente viene indirizzato per il prosieguo del programma è il Sert (il servizio per
le tossicodipendenze interno alle singole Asl). In media ci si resta meno di un mese, in questi centri, che sono
completamente alcol-free e si configurano come un nodo di un percorso più lungo. Nelle residenze si smette di bere, poi
bisogna evitare di ricaderci e (ri)costruirsi un proprio posto nel mondo.
E in effetti è proprio l'assenza di sbocchi, la difficoltà di integrarsi nella società o la distanza di realtà una volta
quasi scontate come avere un lavoro, una casa, costruire una famiglia, sono i motivi più profondi e sempre più incisivi per
cui molti giovani cadono preda delle molte dipendenze. Come spiega Paola Ranalletti, segretaria generale del Corral, "manca a
queste persone la possibilità di legittimare i propri sogni". Una difficoltà che spesso si collega all'assenza di riferimenti
adulti, e in particolare della figura paterna, quella legata alla propria idea di sé nella società. L'alcool diventa dunque
"uno strumento per raggiungere un fine, spesso di integrazione sociale, senza il quale non si è più in grado di immaginare
una qualunque relazione". Non una malattia da reietti, ma un disagio figlio dei tempi. (cl.ma.)