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Alcolismo, piaga sociale troppo spesso nascosta e sottovalutata

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Nella trappola dell'alcool
Una piaga sociale troppo spesso nascosta e sottovalutata
di Elio Blancato

In Italia, e in buona parte del mondo occidentale, l'uso di bevande alcoliche è un'abitudine alimentare e culturale largamente diffusa, integrata nella vita quotidiana della quasi totalità della popolazione. Che poi l'alcol sia uno dei principali fattori di rischio per la salute del singolo individuo e della comunità, è una realtà che molti di sconoscono o fingono d'ignorare per interesse o tornaconto personale. È poiché "l'attacco è sempre la miglior difesa", i "signori dell'alcol" hanno pensato bene di adottare un ingegnoso stratagemma che consiste nel ribaltare la verità e costruirne una a propria misura, in modo da poter sostenere non solo che l'alcol non fa male, ma che fa addirittura bene, perché previene diverse malattie.


Peccato che l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il National Institute of Health (NIH) degli USA e numerosi altri autorevoli istituti scientifici internazionali sostengano esattamente il contrario, affermando che l'alcol è sempre e comunque dannoso, e che ha diretta responsabilità nell'insorgenza di numerose gravi patologie, comprese quelle tumorali. Sulla scorta di studi e ricerche documentate, hanno più volte ribadito che "nessun individuo può essere sollecitato a consumare, anche moderatamente, bevande alcoliche", in considerazione dei rischi che l'uso dell'alcol comporta per l'organismo umano. Non esiste, infatti, in base alle attuali conoscenze scientifiche, né un limite, né una quantità e neppure una frequenza di assunzione di alcol che possano essere considerati raccomandabili e sicuri: l'alcol è sempre pericoloso perché può esporre a forti rischi anche in seguito a un singolo episodio di consumo, evento che molte persone ritengono erroneamente non pregiudizievole per la salute. Ma procediamo con ordine. Perché l'alcol fa male?

 

I danni da etanolo
In tutte le bevande alcoliche (vino e birra compresi) è presente l'etanolo (o alcol etilico) - una sostanza estranea all'organismo umano, altamente tossica e dagli effetti cancerogeni - in grado non solo d'indurre dipendenza, ma anche di causare gravi danni alle cellule di svariati organi, e più in particolare: ulcerazioni e tumori (a carico di bocca, lingua ed esofago); gastriti, emorragie e ulcere (all'apparato gastrico); lipidosi, steatosi, fibrosi e cirrosi (al fegato); polinevriti, patologie muscolari e osteoporosi, (all'apparato locomotore). Inoltre, avendo l'etanolo un assorbimento molto rapido e un impatto globale, produce numerose altre alterazioni e disfunzionalità in tutti gli organi del corpo.


A livello cutaneo l'alcol provoca: vasodilatazione; aumento del flusso sanguigno periferico; perdita di calore, con conseguente rischio d'ipotermia. A livello cardiocircolatorio: determina un aumento della pressione sanguigna; diminuisce l'aggregazione piastrinica, rendendo il sangue più fluido (effetto solo parzialmente positivo perché può favorire la formazione di emorragie); altera la produzione di eritrociti; provoca aritmie; deprime la contrattilità del muscolo cardiaco; favorisce l'insorgenza di cardiomiopatie e, dulcis in fundo, abbassa le difese immunitarie.


Altrettanto numerosi e importanti i danni al sistema nervoso centrale: rallentamento dei riflessi e del pensiero; difficoltà di articolazione del linguaggio; appannamento della vista; perdita di coordinazione motoria, di equilibrio e di controllo; sonnolenza; tremori; compromissione della memoria; disturbi sessuali (impotenza, sterilità, aborti spontanei); depersonalizzazione, allucinazioni, ansia; paranoia; depressione. Anche sotto l'aspetto oncologico il rischio è elevato, tanto che l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha confermato già da diversi anni l'esistenza di un preciso nesso causale fra alcol e i tumori di bocca, laringe, faringe, esofago, intestino e seno.


L'etanolo - ottenuto dalla fermentazione di amidi o zuccheri semplici (vino, birra) oppure per distillazione del mostro fermentato (grappe, whisky...) - è, insieme all'acqua, il principale costituente di tutte le bevande alcoliche che, per la ridotta presenza di principi nutritivi (vitamine, sali minerali, proteine), non vengono considerate alimenti. In compenso, però, avendo tutte un elevato valore calorico (7 Kcal per grammo, inferiore solo a quello dei grassi), fanno ingrassare più di molti alimenti. Una volta ingerito, l'alcol etilico viene assorbito in minima parte (78%) dai vasi sanguigni presenti nelle pareti dello stomaco, per il 90% dai vasi sanguigni dell'intestino tenue e per la parte residua (2-3%) da reni, muscoli e polmoni. In pochi minuti raggiunge il cervello e lì produce i primi suoi effetti, rallentando immediatamente l'attività delle cellule neuronali, mentre nel frattempo una parte variabile tra il 2-6% viene eliminata attraverso l'urina, le feci, il latte materno, il sudore e l'aria espirata.


Oltre a far ingrassare e a creare dipendenza (compulsione a bere, perdita di controllo, assuefazione e sintomi di astinenza), l'alcol ha anche effetti cancerogeni rilevanti. Durante il processo organico di degradazione e di smaltimento dell'etanolo ad opera dell'alcol-deidrogenasi - un enzima presente nello stomaco e nel fegato - si forma un composto intermedio altamente cancerogeno, l'acetaldeide (ACD), detta anche etanale o aldeide acetica, che, se prodotta in quantità limitata, è neutralizzata da specifici gruppi enzimatici antagonisti e trasformata in acetato. Tuttavia, quando l'ingestione di alcol supera il livello personale di guardia, il fegato non riesce più a smaltire l'eccesso di etanolo e così riversa nel sangue l'acetaldeide che, accumulandosi nell'organismo, inizia a intossicarlo, alterandolo nelle sue strutture cellulari.


Un ulteriore effetto negativo delle bevande alcoliche, derivante sempre dal ciclo metabolico di demolizione dell'etanolo, è rappresentato dalla produzione di notevoli quantità di radicali liberi che l'organismo deve neutralizzare con l'intervento di particolari gruppi enzimatici ad azione antiossidante (superossidodismutasi (SOD), catalasi, glutatione, perossidasi), supportati nella loro attività di bonifica da altre sostanze antiossidanti introdotte con l'alimentazione: le vitamine A, C, E e i composti fenolici. Se, però, la produzione di radicali liberi è assai elevata a causa di un'eccessiva ingestione di alcol, anche questo meccanismo di compensazione e autodifesa dell'organismo risulta inadeguato e, di conseguenza, si avvia un processo degenerativo organico che, mediante ripetuti stati infiammatori e mutazioni cellulari, determina l'insorgenza delle più svariate patologie.


Tale rischio risulta ancor più' elevato dopo i 40 anni di età, quando la produzione organica di enzimi antiossidanti - in particolare di SOD, uno dei principali antagonisti dei radicali liberi - si riduce significativamente, determinando danni biologici sempre più gravi. Il quadro dei "rischi da etanolo" non sarebbe completo se si tralasciasse di ricordare i danni che l'alcol produce alle famiglie dei bevitori, al gruppo sociale di appartenenza e a tutta la collettività. Molti comportamenti violenti, omicidi, suicidi, aggressioni, abusi, abbandoni, perdite di opportunità professionali, legami affettivi spezzati, incidenti stradali e sul lavoro, invalidità varie, compromissioni del tenore di vita, riduzioni in povertà e altro ancora, sono direttamente imputabili o correlati al consumo di alcol.

 

Una trappola per i giovani
Nel nostro Paese avvengono in media 28mila decessi l'anno causati da situazioni alcol-correlate, e tale mortalità rappresenta il 6,3% del totale di tutte le morti maschili e i12,5% di quelle femminili.
In particolare, nella fascia d'età fino ai 24 anni l'alcol è da tempo la prima causa di morte, per colpa soprattutto degli incidenti stradali. L'alcol è, infatti, nemico dichiarato di chi si mette alla guida di un veicolo a motore perché: ha effetto sedativo; riduce attenzione e vigilanza; crea distorsioni visive e perturbamento mentale; abbassa la sensazione di pericolo; esagera la fiducia nelle proprie abilità; rende più temeraria la guida; rallenta la prontezza dei riflessi e falsa la percezione di distanze e velocità. I dati statistici sono impietosi e descrivono una realtà preoccupante. Tra i nove milioni e mezzo di italiani che hanno problemi con l'alcol, 860.000 (quasi il 10%) sono minorenni, tanto che un ra gazzo su cinque - nella fascia di età compresa tra 12 e 17 anni - è a rischio dipendenza. Queste cifre sembrano contraddire il fatto che negli ultimi vent'anni il consumo di alcolici in Italia è in continua, seppur lieve, discesa. In realtà, mentre si sono ridotti il consumo di vino e il numero di "grandi bevitori" tra i maschi adulti, è invece aumentato il consumo di superalcolici, soft drink, aperitivi e soprattutto di birra tra i giovani e le donne, le quali, a parità di quantità alcolica assunta, subiscono danni maggiori per via di una minor presenza di enzimi antagonisti.


Un dato chiarisce meglio di altri la situazione allarmante dei giovani: nel 2010 il numero degli under 14 ricoverati per intossicazione d'alcol è aumentato del 28%, mentre si è ulteriormente abbassata l'età d'incontro con le bevande alcoliche. E', infatti, cresciuto sensibilmente il numero di giovani che cercano lo sballo prima con l'alcol, poi anche con sesso, gioco, cibo e droga, nel tentativo di fuggire da se stessi e dalla realtà che li circonda, per esorcizzare paure e insicurezze, credendo in tal modo di potersi sentire più vivi, più liberi e più forti. In realtà, le loro anime giovani e confuse non sanno dove andare. Vagando sperse senza riferimenti, orfane anche del filtro della coscienza, finiscono inevitabilmente col cadere nell'abbraccio soffocante di quelle stesse angosce da cui speravano di sottrarsi con sciagurati rituali, prigioniere di abitudini mortifere che le segneranno per tutta la vita.
Un comportamento giovanile particolarmente pericoloso - concernente proprio l'abuso d'alcol e la voglia di verificare il limite della propria capacità di reggerlo - è il "binge drinking", che consiste nel bere almeno 5 bevande alcoliche, a stomaco vuoto, in meno di 2 ore. È, in pratica, il volersi ubriacarsi fino allo stordimento, fenomeno assai diffuso nei Paesi del nord Europa - soprattutto nei fine settimana o in occasione di feste in locali pubblici e privati - e ora importato anche in Italia, dove ha fatto subito molti proseliti soprattutto tra i giovani di età compresa tra i 15 e i 20 anni.


Ma come e perché si inizia a bere alcol? Di solito per consuetudine famigliare - sovente sono proprio i genitori a dare il primo "goccerò di vino" ai figli - poi perché piace, perché rende euforici, allegri, disinvolti, ma anche - e questo vale soprattutto per i più giovani - per essere accettati dal gruppo dei pari, per essere più estroversi, per convivialità, per dimenticare i problemi quotidiani, per superare tensioni e stress, per vincere solitudine, tristezza o noia. In un primo momento l'alcol gratifica perché esplica un'azione euforizzante, sollevando il tono dell'umore; poi, se si continua a bere - basta anche soltanto un bicchiere in più -l'alcol mostra il suo vero volto: deprime, intristisce, rende aggressivi e violenti, alterando gli equilibri ormonali e la trasmissione delle informazioni nei distretti cerebrali, con conseguenti deficit cognitivi e repentini cambiamenti di umore e di comportamento.

 

Conflitti d'interesse e molte ipocrisie
Pur con tali e tante evidenze, sono in molti in Italia a sottostimare questo pericolo. Tra costoro c'è anche il professor Umberto Veronesi che, tra le diverse cariche, ricopre anche quella di presidente onorario dell'Osservatorio permanente sui giovani e l'alcol, un'organizzazione che ha come obiettivo "la promozione di un consumo d'alcol responsabile", e che conta tra i propri soci l'Associazione degli Industriali della Birra e del Malto, la Confederazione Italiana della Vite e del Vino e l'Unione Italiana Vini. Situazione paradossale, e per certi aspetti anche inquietante, che conferma l'esistenza di strane alleanze e improprie commistioni tra medicina e industria. In numerosi altri Paesi del mondo, soprattutto quando si parla di prevenzione dei tumori, viene ribadito con fermezza di non fumare e di non bere alcolici per ridurre il rischio oncologico. In Italia, invece, si consiglia di non fumare, ma si invita "a bere moderatamente" perché non fa male, mentre è stato dimostrato, da ricerche condotte dall'Organizzazione Mondiale della Sanità e da numerosi altri istituti scientifici internazionali, che l'alcol è sempre e comunque dannoso, e che ha diretta responsabilità nell'insorgenza di almeno una dozzina di tumori.


Le conferme in tal senso si sprecano. Tra tutte, ne citiamo due. L'Institut National du Cancer, massima autorità francese nel campo della prevenzione tumo, i, ha denunciato come anche un solo bicchiere di vino (120 ml) al giorno possa triplicare il rischio di cancro della bocca e della gola. Il National Cancer Institute di Bethesda, Maryland (USA), dopo aver analizzato le abitudini alimentari di 197.000 donne per un periodo di otto anni, ha invece constatato che consumare un paio di bicchieri al giorno di una qualunque bevanda a medio-bassa gradazione alcolica aumenta del 32% la probabilità di sviluppare un cancro al seno, e che tale percentuale sale al 51 % se i bicchieri sono
più di tre. Il tipo di tumore indagato è il più diffuso fra i tumori al seno e colpisce soprattutto le donne in menopausa. Tuttavia, già nelle ragazzine le bevande alcoliche espongono a una maggiore vulnerabilità riguardo alle lesioni benigne delle ghiandole mammarie che, com'è noto, possono poi avere evoluzione cancerosa.


Illuminanti a questo proposito le osservazioni di uno degli esperti più accreditati del settore, il professor Gianni Testino - epatologo e direttore del Centro Regionale di Alcologia e Patologie Alcol-correlate dell'Ospedale San Martino di Genova - che da anni si batte per far conoscere a giovani e adulti i pericoli dell'alcol. "Per contrarre una cirrosi epaticaspiega Testino - bisogna bere tanto, mentre per ammalarsi di tumore basta il cosiddetto "consumo sociale" che, fissato nell'unità alcolica, è pari a 1 bicchiere di vino per la donna e a 2 per l'uomo". "Infatti - prosegue, chiarendo il punto nodale del problema - in un bicchiere di vino ci sono 12 grammi di etanolo che il nostro corpo trasforma in acetaldeide, una sostanza altamente cancerogena che si lega al nostro DNA, lo modifica e apre la strada all'insorgere delle cellule neoplastiche".


Il fatto è che intorno all'alcol si muovono interessi enormi (di produttori, cooperative, cantine sociali, distributori, ristoratori, venditori, gestori locali di mescita pubblici e privati) che determinano condizionamenti e manipolazioni ad ogni livello sociale e politico. Si potrà mai cambiare questa situazione? Ora, se i giovani sono quelli che rischiano di più perché non sanno porsi un limite e capire quando devono smettere di bere, la colpa non è loro, ma delle le istituzioni - famiglia, scuola, società - che non hanno saputo arginare il fenomeno, permettendo che le bevande alcoliche girino incustodite per casa, vengano liberamente pubblicizzate per strada, in televisione, sui giornali, e che siano facilmente acquistabili da chiunque nei negozi e nei supermercati. Prima di puntare il dito contro i giovani e colpevolizzarli per le loro poco salutari abitudini, battiamoci il petto e pensiamo alla nostra ipocrisia, ai nostri comportamenti ambigui, agli esempi che abbiamo dato, e a tutto ciò che avremmo dovuto fare e che non abbiamo mai fatto.


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)