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News di Alcologia

Alcolismo: una malattia che può colpire chiunque

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Una malattia che può colpire chiunque
I costi sociali dell'alcolismo giovanile. La testimonianza di chi ne è uscito
di M.Vittoria De Matteis
[email protected]
L'alcolismo in sé non è una questione di moralità o di costume, anche se tocca entrambi. E' un problema sanitario: una malattia, definita

come tale sia dall'American Medical Association, sia dalla British Medical Association. Alcolisti Anonimi - associazione internazionale

gratuita e capillare che come il Coda (dipendenze affettive), Alanon (co-alcolisti, cioè familiari di), Oaa (mangiatori compulsivi) ed altri

centri pubblici specializzati nel trattamento delle dipendenze (dal gioco d'azzardo al tabagismo all'Internet addiction) - propone i ‘12

passi', un programma che ha una provata valenza di recupero attraverso la formula dell'auto-aiuto. Gratis e con successi in tutti i Paesi del

mondo.
In Italia, ancora non è così nota. I giovani membri di A.A. hanno trovato il modo di evitare un futuro fatto di una schiavitù miserabile e

disperata. E, insieme, di vivere un'avventura entusiasmante, come quella di potere trasformare una tra le più pesanti dipendenze in una

totale libertà per loro e per altri come loro. L'unico requisito per entrare a far parte dell'associazione e farsi aiutare, è voler smettere

di bere.
Queste le frasi tipiche di ragazzi, già alcolisti inconsapevoli: "Ho bisogno di tirarmi su, ho un sacco di problemi" (Francesca, 16 anni).

"Sono stanco, teso, sento il bisogno di rilassarmi" (Alessandro, 23 anni). "Se andiamo a divertirci, un goccetto mi darà una carica in più,

sennò sarà un mortorio" (Federico, 18 anni). "Prima di un appuntamento, un'interrogazione, devo liberarmi di questa timidezza, l'alcol mi dà

fiducia in me stesso" (Marco, 17 anni). "Stavolta i miei genitori mi hanno fatto proprio arrabbiare, si ostinano a non capirmi" (Samantha, 19

anni). "Ballare, studiare, giocare, discutere, fare l'amore: quando bevo mi riesce tutto meglio" (Andrea, 20 anni).
Questi adolescenti hanno cominciato a perdere le migliori amicizie, ad avere problemi a scuola, ad avere perdite di memoria e problemi vari

di salute, ad avere guai con la giustizia, e hanno provato a smettere senza riuscirci. E tutti, indistintamente, pensavano di poterci

riuscire.
"Le ricerche sull'alcolismo hanno riconoscimenti diversi a seconda dei Paesi in cui si effettuano; in Italia abbiamo assistito ad un'

egemonizzazione dell'approccio medico per la rilevanza delle conseguenze psico-fisiche ed epidemiologiche finalizzato a quantificare l'entità

del fenomeno. Gli aspetti invece riguardanti le motivazioni o le condizioni socio-culturali dei soggetti sono stati trattati con marginalità,

e solo negli ultimi anni si è giunti alla conclusione che occorre un approccio multidisciplinare e multilaterale per arrivare alla

comprensione di un fenomeno complesso, che deve combinare nell'analisi gli elementi appartenenti alla cultura e alla coscienza sociale, con

le condizioni materiali relative alla vita delle persone" (Donatella Frullano direttore Unità Funzionali di Alta Integrazione, SERT - USL 8

di Arezzo).
Nel definire i costi sociali dell'alcolismo, significativa è la classificazione dei problemi sociali che ha effettuato l'OMS nel 1990

distinguendoli in: 1. problemi sociali da intossicazione acuta; 2. problemi sociali da intossicazione cronica. Appartengono alla prima

categoria i comportamenti violenti in famiglia e non, l'abuso di minori, l'assenteismo e l'inefficienza nel lavoro, incidenti sul lavoro,

incidenti stradali e domestici, atti di devianza sessuale, tentativi di suicidio. Alla seconda categoria appartengono invece i problemi

familiari, vagabondaggio, disoccupazione, accattonaggio, frodi /debiti, ripetute condanne, tentativi di suicidio. Si è tentato di rilevare in

termini economici i costi sociali derivati dall'abuso di alcolici analizzandoli secondo questi aspetti: in venti anni cala il consumo degli

alcolici, gli italiani si confermano bevitori moderati, ma si conferma l'allarme per alcuni eccessi giovanili.
La soglia di assunzione si è abbassata, ma si riscontra una propensione all'abuso da parte dei più giovani. E' quanto emerge dai dati

elaborati dal Censis in serie storica sulle sei indagini Osservatorio Permanente Giovani e Alcol/Doxa realizzate dal 1991 al 2010. Pertanto i

costi sono stati suddivisi in: Costi Primari di tipo diretto: trattamento degli alcolisti e supporto al trattamento; di tipo indiretto:

morbilità, assenza dal lavoro e mortalità degli alcolisti. Costi Secondari di tipo diretto: criminalità degli alcolisti, incidenti provocati

dagli alcolisti, politiche sociali di prevenzione; di tipo indiretto: morbilità e mortalità delle vittime degli incidenti provocati dagli

alcolisti, dalla criminalità e dalla detenzione. I costi diretti sono determinati dai ricoveri ospedalieri, le prestazioni mediche, il

trattamento per il recupero, le assicurazioni, le spese legali, etc. I costi indiretti sono invece determinati dalla perdita di lavoro, l'

assenteismo, l'impegno dei familiari nella cura e nel recupero dell'alcolista. Risulterebbe perciò che i costi primari, concernenti la

popolazione degli alcolisti, rappresentano tra il 64,4% e il 63% dei costi complessivi indotti dall'abuso di alcol, mentre i costi secondari

(danni provocati alle persone e cose) pesano per il 35% e 37% dei costi totali.
L'intervista ad un membro dell'Associazione A.A che sta facendo una campagna di informazione nelle scuole dell'obbligo della Capitale in

collaborazione con Villa Maraini:
Emilio (nome di fantasia), che platea trova?
"I giovani sono ricettivi perché curiosi per natura. Spesso lasciano una dipendenza per entrare in un'altra: noi andiamo a dire loro che l'

alcol è ‘lento, progressivo e mortale', più di altre droghe. Un buon deterrente per i ragazzi è ripetere che l'alcol non dà scelta: è morte

certa, se si continua a bere. Bisogna avere consapevolezza di riprendersi in mano la propria vita. Insieme al Coda (dipendenze affettive),

Alanon (co-alcolisti, cioè familiari di), Oaa (mangiatori compulsivi) e dipendenze che vanno dal gioco d'azzardo al tabagismo all'Internet

addiction, l'A.A. propone il programma (non regole!) dei ‘12 passi', che ha una provata valenza di recupero attraverso la formula dell'auto-

aiuto. Gratis e con successi in tutti i Paesi del mondo. In Italia ancora non è così nota.
Uno dei ‘passi' parla di fede: e chi non fosse credente?
Usiamo anche la fede come esercizio di speranza di uscirne, ma più come cammino spirituale: non chiediamo di essere cattolici ai nuovi. L'

unica cosa che ci interessa è il desiderio genuino, sincero di smettere di bere dei nuovi partecipanti, la voglia di cambiare stile di vita.
Com' è, in genere, l'impatto iniziale di chi si rivolge a voi?
I neofiti si presentano come aventi il ‘vizio' di bere, non lo vedono ancora come malattia. Il nostro è un programma che dura tutta la vita

perché in ogni momento ci si può trovare di fronte a difficoltà emotive: l'alcol è sì una stampella, ma illusoria. ‘Quando voglio smetto'  dicono tutti, all'inizio...Oppure: ‘Non ho tempo di partecipare agli incontri': tutti alibi. Il primo passo è l'ammissione che la mia vita è

controllata dall'alcol e non sono capace di intendere e volere. La soglia di assunzione si è abbassata con una propensione all'abuso.
Qual è la sua storia?
Cominciai con un Negroni in un locale alla moda per vincere l'insicurezza con le ragazze, poi un Negroni e mezzo, e così via, perché la dose

iniziale non mi faceva più effetto. Quando sono entrato in A.A. nessuno mi ha detto di non bere più, ero libero di andare al bar dopo le

riunioni. Non si può gestire l'alcol, è meglio smettere di colpo perché, a differenza del ‘bevitore sociale' (uno o due bicchieri ai pasti)

l'alcolista non si sa fermare. E io non potevo dire ‘basta'. La mia testimonianza è servita a tanti che, con me, ne sono usciti e ora sono

liberi. Nè serve il proibizionismo, meglio più sensibilizzazione. E' vitale che la rete d'informazione sia completa: ci vorrebbero molte più

campagne sociali e pubblicità istituzionali televisive".
A volte neanche i genitori non sanno a chi rivolgersi per chiedere aiuto, venendo a conoscenza di casi di ‘policonsumi' (alcol e droga) fra i

conoscenti dei figli e temendo per loro. Perché l'alcol può essere anche usato in modo "terapeutico" dai tossicodipendenti quando, di propria

iniziativa, tentano di abbandonare l'uso di sostanze stupefacenti sostituendole con una sostanza accettata socialmente, economica ed

accessibile.
Come Veronica, 21enne ex alcol-droga dipendente ospite di una comunità di recupero: "A 16 anni, quando ho iniziato, non sapevo che a livello psicologico mi distruggesse a tal punto, non pensavo di dover aver bisogno di una comunità di recupero. Né mi sentivo tossicodipendente: io sniffavo, mica mi bucavo...Il mio bere era per ‘coprire' difficoltà emotive. Fra noi si beveva alcol per spegnere l'agitazione da cocaina. Poi cominciai a farlo anche da sola...In comunità impari a non aver paura di chi ti sta intorno, della gente".
SOS ALCOLISMO A ROMA:
ASSOCIAZIONE ALCOLISTI ANONIMI 06 6636620
ALANON (per familiari alcolisti) 800087897
SERT (roma centro) 06 41436151
CENTRO ALCOLOGIA H .S. CAMILLO-FORLANINI: (solo mattina) 06 58702410
CENTRO ALCOLOGIA POLICLINICO UMBERTO I°: (solo mattina) 06 49972095-3-7
CENTRO ALCOLOGIA POLICNICO GEMELLI: (solo mattina) 06 30154122
RIABILITAZIONE DA DIPENDENZE PATOLOGICHE: 06 39739106-46
PRONTO INTERVENTO SOCIALE: servizio di emergenza per persone in condizioni di emarginazione, abbandono, isolamento. 24 h su 24: (orario
diurno) 06 77200200
CARITAS (orario notturno) 06 4469456


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)