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Alcolisti, sempre più giovani e donne: il fenomeno osservato dagli Alcolisti Anonimi

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Alcolisti, sempre più giovani e donne
Cambia in modo preoccupante l'identikit di chi bussa alla porta dell'associazione di recupero A.A. per chiedere aiuto

di Miriam Figliuolo

NOVELLARA. «Se vuoi continuare a bere è affar tuo, se desideri smettere di bere e non ce la fai, allora è affar nostro». La scritta campeggia sulle pareti della piccola stanza, tappezzata di tante targhe, comprese quelle che riportano i "Dodici passi" e le "Dodici tradizioni di A.A." alla base della filosofia che anima l'associazione; sono tutti messaggi rivolti agli alcolisti - e non solo - che in quella piccola stanza entrano per partecipare alle riunioni dei gruppi, sia che si avvicinino per la prima volta all'associazione, sia che vi facciano già parte da tempo.

Siamo nella sede reggiana di via Racchetta degli Alcolisti Anonimi, che opera nella nostra provincia dal 1984; 28 anni (il 25esimo nel 2009 è stato celebrato con una grande festa al centro Don Bosco di Reggio in presenza del vescovo Adriano Caprioli e delle autorità) in cui l'associazione, che a livello nazionale compie quest'anno 40 anni, ha fondato e trovato sede per sette gruppi d'incontro.

Prima di tutto in città dove oggi i gruppi sono tre, ma poi anche negli altri comuni: un gruppo a Rubiera, uno a Castelnovo Monti, uno a Montecchio e uno a Guastalla. Ma l'affluenza agli incontri, dicono gli Alcolisti Anonimi, è sempre più alta e sempre più numerose le persone che si avvicinano all'associazione, in aumento giovani e donne. Pochi e spesso piccoli gli spazi a disposizione (per il 75% forniti da parrocchie a cui A.A. versa un piccolo affitto). Ne servono altri e ora il progetto è di potere aprire almeno un'altra sede: a Novellara. Poi servirebbe anche a Bagnolo.

L'aumento degli alcolisti che bussano alla porta di A.A. fornisce l'occasione anche per valutare se e come sia cambiato l'identikit di chi cade nella trappola devastante della dipendenza dall'alcol. E il dato che emerge dall'esperienza diretta dell'associazione è allarmante: arrivano infatti ad A.A. sempre più giovani e donne. La maggioranza distrutti, senza più patente, lavoro e famiglia. I gruppi non tengono registri, anche perché il numero dei presenti varia ogni volta. Si può però calcolare che nella nostra provincia un centinaio di persone frequentino gli incontri, dei quali il 70% maschi e il resto donne: queste negli ultimi 10 anni dal 15% sono passate al 30%. Il 50% di chi partecipa agli incontri è tra i 38-45 anni, il 30% fra i 30 e i 38 anni e il 20%, che è in aumento, al di sotto dei 30 anni. Se nel 1984 la media di età di chi si avvicinava ai gruppi era di 45 anni, oggi è di 35, molti i giovani che già a 23-24 anni si rivolgono ad A.A., spesso indirizzati dal Sert. Perché non è raro che convivano drammaticamente dipendenze diverse.

«Potrebbero essere di più - spiegano da A.A. - ma dopo poche partecipazioni alle riunioni, si dileguano pensando di riuscire da soli, o di aver capito tutto, ma inevitabilmente spesso tornano a bere; molti li rivediamo anni dopo in condizioni disperate. Certamente è più facile fermarsi e frequentare A.A. per chi ha bevuto per diversi anni, che un giovane di 23 anni, con pochi anni di bevute alle spalle; molti non hanno toccato il cosiddetto fondo. Le statistiche europee rilevano che siamo il paese dove si inizia a bere prima di tutti gli altri (9-11 anni): ma crediamo che l'età in cui l'alcol diventa incontrollabile, si abbassi ulteriormente con il passare del tempo».

«Per i giovani l'alcol è come un lubrificante sociale, abbatte la timidezza e li aiuta nelle relazioni - è l'allarme lanciato alla fine di marzo da Emanuele Scafato dell'Osservatorio nazionale sull'alcol in un'intervista a Repubblica - Ma i ragazzi rischiano grosso».

Il danno è prima di tutto cerebrale, oltre che epatico (relativo al fegato): un 20% di deficit cognitivo irreversibile per quello che riguarda le capacità di orientamento e di memorizzare; a venire distrutte dall'alcol, in un sistema metabolico giovane e incapace di contrastarlo, sono cellule specializzate che il cervello non è più in grado di riformare.

Per quello che riguarda le donne - le giovanissime ancora più vulnerabili dei maschi perché esposte ancora di più per il consumo eccessivo di alcol al rischio di tumore al seno - ad allarmare oltre all'aumento di chi è dipendente dall'alcol è la tipologia: casalinghe, il cui primo approccio avviene con i vini in scatola più facili da nascondere una volta consumati oltre che più economici, e, dato in ulteriore aumento, le straniere, spesso badanti, lontanissime da casa e catturate dalla falsa illusione consolatoria del bicchiere.


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)