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Alcoltest: farmaci, alcol e diritto alla prova

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Alcoltest: farmaci, alcol e diritto alla prova

Diego Modesti


Premessa

Non è nuova, in questa rubrica, la questione attinente all'interazione tra farmaci e alcol in tema di guida in stato di ebbrezza. Possiamo senz'altro partire da un dato di fatto: la giurisprudenza della Cassazione non considera benevolmente la difesa di chi sostiene di non conoscere i meccanismi d'interazione tra alcol e farmaci.


Una vicenda, recentemente risolta dalla Cassazione, è ritornata sulla disputa. Stavolta, i giudici di primo e secondo grado avevano condannato l'imputato, ritenendo superflue le eventuali prove che egli potesse offrire. Vediamo com'è andata.


Il caso


Il Tribunale di Monza dichiarava l'imputato colpevole del reato previsto dall'art. 186, comma 2, del Codice della Strada, condannandolo alla pena ritenuta equa. La prova della responsabilità veniva tratta dalle risultanze dell'alcoltest, le cui misurazioni venivano ritenute non compromesse dall'assunzione di farmaci cui l'imputato era costretto da una patologia cronica. AI riguardo, il Tribunale osservava che alla deposizione del teste della difesa, soggetto qualificato, risultava smentita senza residui di ragionevole dubbio scientifico l'ipotesi che l'imputato presentasse, al momento delle rilevazioni del tasso alcolimetrico, un'inconsapevole alterazione del metabolismo conseguente all'assunzione dì farmaci.


Avverso tale decisione proponeva appello l'imputato. La Corte di appello dl Milano, con ordinanza del febbraio 2012, dichiarava inammissibilità dell'atto di gravame, ritenendo che lo stesso riproponesse gli argomenti difensivi già utilizzati in primo grado. Ricorre per cassazione l'imputato, rappresentando che la valutazione del giudice di primo grado relativa alla decisività della deposizione del teste era stata contestata nell'atto di impugnazione con rilievo del carente valore scientifico della stessa.


La decisione


La Corte di Cassazione, Sezione Quarta Penale, con sentenza n.28388, depositata il 13 luglio 2012, accoglie il ricorso.


Le censure mosse alla sentenza di primo grado - esordisce la Suprema Corte - investivano la decisiva considerazione avuta dai giudice di prime cure della deposizione del teste della difesa (ancorché lo stesso si fosse detto non esperto di alcoltest; la mancata audizione degli altri testi della difesa; la mancata considerazione dei documenti prodotti e relativi alla inaffidabilità dell'etilometro). In tal modo si operava una critica argomentata alla sentenza impugnata, della quale si censurava la focalizzazione su un elemento la cui decisività era posta in dubbio dai contenuti stessi della deposizione del teste ‘qualificato', mentre altri dati disponibili, ma non ammessi dai giudice di prime cure, avrebbero potuto concorrere a dare dimostrazione della necessità di approfondire l'indagine sulla attendibilità delle misurazioni strumentali.


Invero - prosegue la Corte -, se gli esiti dei test alcometrici possono in generale essere valutati positivamente dal decidente, ciò non implica la strutturazione di una prova legale al riguardo; rimane fermo l`obbligo del giudice di valutare ogni circostanza pertinente e rilevante. E' principio statuito da questa Corte che, allorquando I'alcoltest risulti positivo, costituisce onere della difesa dell'imputato fornire una prova contraria a detto accertamento quale, ad esempio, la sussistenza di vizi dello strumento utilizzato, oppure l'utilizzo di una errata metodologia nell'esecuzione dell'aspirazione, non essendo sufficiente che ci si limiti a richiedere il deposito della documentazione attestante la regolarità dell'etilometro.


Nel caso di specie - conclude la Cassazione -, l'atto di appello si compendia nella denuncia della indebita contrazione del diritto alla prova, avendo il primo giudice immotivatamente escluso le ulteriori prove richieste dall'imputato, afferenti l'eventuale formazione di una letteratura tecnica in ordine ai limiti della strumentazione, l'esistenza di una patologia cronica dell'imputato in grado di incidere sui risultati del test, l'assenza di assunzioni di alcolici nell'arco temporale interessante il giudizio. Sul punto specifico, l'imputato avrebbe avuto il diritto ad una risposta della Corte di appello.


Il commento


Provvedimento annullato senza rinvio, con trasmissione degli atti alla Corte d'appello di Milano per il giudizio di secondo grado.


Questa, in estrema sintesi, la decisione della Corte che, va immediatamente sottolineato, non entra in alcun modo nel merito della questione relativa all'interazione alcool e farmaci, ma si limita, molto correttamente, a puntualizzare che, se la difesa ha l'onere di contestare la valutazione dell'alcotest, il giudice non può aprioristicamente negare il diritto alla prova. Per tale ragione, appunto, dovrà ora rifarsi il giudizio d'appello, anche se la decisione, almeno sul punto, sembra già scritta: la giurisprudenza della Cassazione è, quantomeno statisticamente, sfavorevolmente orientata a giustificare l'assuntore di farmaci che ha consapevolmente alzato il gomito.


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)