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Allarme giovani e alcol: il 50% a caccia di "sballo"

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Allarme giovani e alcol: il 50% a caccia di "sballo"
Lo studio dell'Astat sull'abuso di alcolici. Maiolo: «I modelli familiari contano». La moda di almeno sei bicchieri in una sera. Tre su quattro scelgono il vino


di Riccardo Valletti


BOLZANO. L'ultima moda in campo di "sballo giovanile" si chiama binge-drinking che dalle nostre parti corrisponderebbe più o meno a «abbuffata alcolica». Si bevono almeno cinque o sei bicchieri di sostanze alcoliche in un lasso di tempo molto corto, in modo da arrivare direttamente all'ubriachezza e alla perdita di controllo. Il fenomeno è talmente grave che alcuni studi scientifici lo inseriscono tra i principali problemi di salute di questo tempo. E a lanciare l'allarme in Alto Adige è proprio l'istituto di statistica della Provincia, l'Astat, che ha pubblicato il rapporto sul "Consumo e abuso di alcol nel 2012".


I dati sono inquietanti, un giovane su due (età compresa tra i 14 e i 29 anni) afferma di aver fatto l'esperienza dello sballo alcolico almeno una volta nel corso dell'anno. La satatistica scende a uno su tre in caso di ragazze. E se crescendo le cose cambiano, nella fascia di età successiva (oltre i 30 anni) sembra che siano le donne le uniche ad aver imparato la lezione: il 25% dei maschi continua a seguire la moda della bevuta massiccia, contro solo il 6% delle femmine.


Più in generale, quella che si dipana è una questione alcol, in una provincia il cui Pil dipende in larga parte dalla produzione di bevande alcoliche. E a farne le spese sono i giovani e i giovanissimi: dai 14 anni in su, un altoatesino su due afferma di consumare più o meno abitualmente alcol al di fuori dei pasti, e scendendo nel dettaglio, si scopre che tre su quattro scelgono il vino al posto della birra. La questione è seria, l'intossicazione da alcol, soprattutto con questo metodo, procura danni gravi all'organismo e può avere effetti anche a distanza di giorni dalla "sbornia", e in ogni caso, gli effetti nefasti sono a lungo termine. Se finora la questione alcol era stata sollevata attraverso gli appelli delle istituzioni locali sotto i suoi molteplici aspetti, anche legati alla sicurezza, dopo la fotografia dell'istituto provinciale di statistica il problema diventa di salute.


«Si tratta di un fenomeno molto grave - afferma il professor Giuseppe Maiolo, specialista in problemi dell'età evolutiva e formazione dei genitori - con effetti devastanti sia per il corpo che per il grado di dipendenza che genera».


E il primo ring dove combatterlo è la famiglia, attraverso una corretta educazione «fatta di buoni modelli - specifica il medico - e non solo di parole: troppo spesso abituiamo in nostri figli a festeggiare con allegre bevute, facendo in modo che associno la socialità e il divertimento all'uso di alcolici, per poi puntare il dito dicendo che non si deve fare».


A confondere ancora di più i ragazzi e le ragazze in fase di sviluppo ci sono le campagne pubblicitarie pro e contro, «è un bombardamento di informazioni contrastanti - spiega lo specialista - da un lato si esalta un modello di bevitore e dopo poco lo si demonizza con le pubblicità terrorismo». I giovani finiscono così per non avere punti di riferimento se non quelli famigliari, «per questo motivo le dinamiche genitori-figli sono le più significative». Serve una maggiore educazione, e una diversa e più efficace comunicazione istituzionale, la diagnosi di Maiolo.


«Che l'Alto Adige sia ache soggetto a un problema culturale è un fatto accertato: già anni fa eravamo in cima alle statistiche italiane per l'assunzione di alcolici; nel frattempo però è mancata l'edcazione». E modelli positivi che dicano "si sta bene anche senza" più che "se lo fai stai male". «Le campagne di sensibilizzazione tendono a fare leva sul terrore, ma alla luce dei risultati direi che è arrivato il momento di cambiare strategia». E poi c'è anche una questione di opportunità nei luoghi pubblici, «se ne vedono troppi di brindisi tra politici, che ad ogni occasione stanno sempre col bicchiere in mano, sarebbe buona abitudine trovare delle alternative».


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)