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Allarme giovani e alcol: intervista alla d.ssa Simona Pichini (ISS)

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Allarme giovani e alcol, parla l'esperto: niente panico, basta l'esempio
Nella relazione annuale al Parlamento sull'alcol e i problemi correlati, il ministero della Salute rende pubblici dati definiti allarmanti

sul consumo di alcol tra i giovani. Tra le altre cose è più che raddoppiata negli ultimi 15 anni la percentuale di ragazze tra i 14 e i 17

anni che consumano alcolici: sono passate dal 6% al 14,6%. Esiste quindi un allarme alcol tra giovani e giovanissimi? Qual è il ruolo che la

famgilia può giocare? Lo abbiamo chiesto a Simona Pichini, ricercatrice dell'Istituto Superiore di Sanità e National Counterpart per le

politiche sull'alcol presso l'Organizzazione mondiale della Sanità.
Quello presentato in Parlamento è un quadro che deve preoccupare?
Vale la pena fare chiarezza: il rapporto contiene notizie buone e cattive.
Diciamo subito che l'Italia rimane fra i paesi europei a più basso consumo di alcol e a più alto numero di astemi, forse solo Malta ci

supera. Negli ultimi 10 anni il consumo pro-capite di alcol è sempre diminuito. Per fortuna ancora resiste il modello mediterraneo di bere a

pasto bevande a bassa gradazione alcolica, come il vino e la birra. Ma, come è già successo con le sostanze da abuso, si diffonde tra i

giovani il fenomeno dello sballo con qualsiasi cosa, dalle droghe sintetiche all'alcol, passando per lo sniffare benzina.
Quali sono allora i comportamenti in aumento tra i giovani? E di che età stiamo parlando?
Quello che va di moda non è bere più alcol ma sballarsi in generale, l'alcol quindi è solo un mezzo. Parliamo di giovanissimi, tra i 14 e i

17 anni, e dei giovani adulti, tra 18 e 24 anni. Sono le categorie per le quali nell'ultimo decennio è aumentata l'abitudine a bere fuori

pasto, passando rispettivamente dal 14 al 17% e dal 34 al 42%.
Come bevono i giovani?
Quello che preoccupa maggiormente è il fenomeno del binge drinking, bere fino a essere ubriachi, bere per stordirsi. Si tratta di un consumo

ricreazionale, alle feste, nei fine settimana quando si esce. Un modo di bere al di fuori del modello familiare. Ma il vero problema non è

tanto l'alcol, quanto semmai lo stile di vita da sballo che comporta l'esagerazione in tutte le sue forme, anche nel mangiare, dal mangiare

troppo al non mangiare affatto.
Da cosa dipende questa tendenza?
Si tratta di moda, del cambiamento dei costumi globali. I modelli presentati in maniera sensazionalistica fanno presa. Se vanno forte la

velina, il Grande Fratello, i comportamenti eccessivi rispetto alla norma, se i comportamenti trasgressivi fanno notizia i giovani assumono

quei modelli e li fanno propri.
Che ruolo ha e cosa può fare la famiglia?
La famiglia italiana, mediterranea, sempre deve farsi testimone di comportamenti sani. Prima di tutto non si incita il giovane a bere, non si

fa fare il brindisi ai bambini e cose del genere. Poi il modello familiare deve essere un modello di bere mediterraneo, che rispetta le linee

guida dell'Inran, Istituto nazionale di ricerca sulla nutrizione, che dicono: due bicchieri di vino al giorno per l'uomo, uno per la donna,

uno per l'anziano (qui il pdf). Noi italiani beviamo sostanzialmente vino e quasi sempre a pasto, non siamo bevitori di superalcolici.
Come si parla di alcol a un ragazzino di 14 anni, che si sospetta abbia l'abitudine di bere fuori casa?
La prima cosa è il modello, sempre. Padre e madre che fumano non possono predicare sui mali del tabacco e lo stesso vale per l'alcol. Il

modello offerto in famiglia viene sicuramente rifiutato nell'età adolescenziale, ma poi è ripreso dal giovane adulto. Prendiamo il fumo:

nelle famiglie di non fumatori, con uno stile di vita sano, il giovane adulto che ha finito la sua fase di ribellione di solito non fuma.

Tutti provano da giovanissimi, anche a bere. E' inutile negare che il proprio figlio di 14 anni prima o poi si prenderà una sbronza, per

provare com'è. Quel che conta è che una volta cresciuto abbia degli esempi positivi.
Come si riconosce e come si affronta un comportamento patologico in un ragazzo?
Il comportamente patologico si vede. Io lavoro all'Osservatorio fumo alcol e droga dell'Istituto superiore di Sanità e sono a contatto con i

giovani: non riescono a nascondere il comportamento patologico, che può diventare violento, e si manifesta nel mancato rispetto delle regole della famiglia, della scuola, di tutte le regole. Non è sempre detto che i genitori lo possano correggere, e non è sempre responsabilità loro. A volte è un comportamento fine a se stesso, proprio del carattere della persona. Non tutti i drogati sono figli di genitori assenti né è vero il contrario.
Esiste un rischio dipendenza nel consumo di alcol?
Direi che questo dipende in larga misura dal carattere del ragazzo. E' importante distinguere tra comportamenti a rischio e dipendenza. Io

posso avere un comportamento a rischio per tutta la vita (ubriacarmi tutti i sabati sera) senza mai diventare dipendente, senza mai essere

alcolizzato. Il comportamento a rischio è pericoloso per la mia salute e per chi mi sta intorno, ma ha una radice e dei contorni diversi

dalla dipendenza, che è un meccanismo dovuto alla psiche della persone più che alla sostanza. Il giovane che non riesce a crescere o ha

problemi irrisolti è più facile preda della dipendenza. La ricerca non ha ancora finito di chiedersi se nasca prima la psicosi o la

dipendenza dalla sostanza. E' il problema psichico che ci richiede la dipendenza o è la dipendenza che ci crea un problema psichico? Si tende

a pensare che la problematica psichica non risolta sia alla base della dipendenza. Se non divento alcolista avrò magari problemi di

alimentazione o altro.
L'adolescenza è un'età critica...
L'età adolescenziale è quella del comportamento provocatorio, in tutti i sensi, dal sesso alle droge, dall'alcol ad altri comportamenti

rischiosi. Il giovane sano poi li interrompe; quando è finita la ribellione, non è più necessario rinnegare i modelli. Il comportamento a

rischio continua dove la crescita non è stata sana, e non riguarda certo il 50% dei giovani adulti semmai un 5%. La stessa percentuale che

incontra difficoltà nel normale normale sviluppo psichico per problemi epigenetici, ovvero un mix di genetica e ambiente. Di fronte a un

comportamento sbagliato la famiglia deve interrogarsi al suo interno, insieme al ragazzo, e non esitare a ricorrere all'aiuto di personale

specializato (il medico, lo psicologo) per la soluzione della probematica neuro-comportamentale.
marta.buonadonna


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)