Anoressia e bulimia: quando il bisogno di amore supera il bisogno di cibo
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Anoressia, bulimia e fame d'amore
di Francesca Greco
"L'origine del disturbo non nasce né dal peso né dall'aspetto fisico"Anoressia e bulimia: due termini ormai entrati non solo nelle pagine di
cronaca, ma anche negli ambiti sociali e, soprattutto, nelle famiglie. Con l'aiuto di diversi esperti forniamo alcune informazioni semplici e
di immediato utilizzo sottolineando, comunque, che qualora si percepiscano segni di disagio nei propri figli è bene affrontare il problema
con l'immediato ausilio degli specialisti.
Anoressia Nervosa e Bulimia Nervosa sono disturbi del comportamento alimentare che rientrano in quelle forme di disagio psicologico che si
manifestano attraverso l'alterazione del rapporto con il cibo. Si tratta di disturbi complessi in cui, come afferma la presidente di ABA
(Associazione per lo studio e la ricerca sull'Anoressia e la Bulimia), Fabiola De Clercq, il bisogno d'amore supera il bisogno del cibo. Le
cause sono numerose, complesse e spesso coinvolgono vicende relazionali, personali e familiari.
Malgrado le apparenze, l'origine del disturbo non nasce né dal peso né dall'aspetto fisico. "In particolare - spiega Elisabetta Borghi,
psicologa - per molte adolescenti l'aspetto emaciato rappresenta una conquista di libertà, bellezza, intelligenza e moralità. Nel rifiuto del
cibo le ragazze anoressiche esprimono la loro capacità decisionale autonoma rispetto all'ambiente. Spesso le giovani anoressiche sono
ragazzine iperattive, ambiziose, testarde e ipersensibili, con ottimi profitti scolastici e appartengono a classi sociali medio-alte -
continua Elisabetta Borghi, delineando il profilo dell'adolescente potenziale anoressica. - L'anoressia può iniziare con una dieta che ben
presto si trasforma in un rifiuto totale del cibo nonché punto centrale ed ossessivo della vita quotidiana. Spesso, inoltre, si riscontra la
presenza di un ambiente familiare che disturba la giovane: conflittualità con la madre o con il padre, padre autoritario di basse qualità
mentali, disidentificazione dal modello femminile materno e così via".
"Quei figli che ricevono dalle proprie madri messaggi del tipo 'impara a cavartela da solo' tenderanno a sviluppare comportamenti bulimici e
obesità", continua Elvira Larosa, psicologa esperta di disturbi del comportamento alimentare. "In questo tipo di legame il consumo esagerato di cibo assume dunque il significato compensatorio di soddisfazione dei bisogni affettivi. Al contrario - conclude l'esperta - lo stile anoressico può presentarsi nei figli di madre sollecite e attente solo nel caso in cui il figlio è ammalato o non mangia. L'anoressia, infatti, si sviluppa più facilmente in famiglie in cui molta attenzione viene posta al cibo; tale stile relazionale tende pertanto a stimolare nel figlio l'intuizione del potere che egli potrà avere sulla madre mediante la minaccia che lui possa morire di fame".
Nell'anoressia, la riduzione della quantità e della qualità degli alimenti assunti può arrivare fino all'abolizione dei pasti.
"Quando diventa difficile tollerare la fame prolungata causata dai comportamenti anoressici - afferma Chiara Cimbro, psicologa e
psicoterapeuta - si verificano le prime 'abbuffate' che generano comportamenti bulimici prontamente compensati dall'induzione del vomito
oppure dall'assunzione di farmaci lassativi e diuretici nel tentativo di continuare a controllare il peso nonostante l'ingestione di elevate
quantità di alimenti".
Il rifiuto del cibo, la perdita di peso, l'intenso esercizio fisico per compensare le "abbuffate" bulimiche e la capacità di sopportare il
progressivo esaurimento fisico diventano, dunque, delle vere metafore culturali rispetto alla capacità di autodeterminazione e di gestione
della volontà.
ELEMENTI TIPICI DELL'ANORESSIA
- Il rifiuto di mantenere il proprio peso corporeo al di sopra di quello minimo normale rispetto all'età e alla statura;
- una intensa paura di acquisire peso o di diventare grasse anche quando si è in sottopeso;
- il peso influisce sui livelli di autostima;
- il rifiuto ad ammettere la gravità della condizione che si vive;
- amenorrea (assenza del ciclo mestruale) per almeno tre mesi consecutivi.
COME INTERVENIRE
L'approccio terapeutico multidisciplinare è un tentativo di risposta alla complessità e alla multifattorialità dei Disturbi del Comportamento
Alimentare e prevede una équipe di lavoro in cui siano presenti diverse professionalità quali lo psicologo, lo psicoterapeuta, il dietista,
il medico internista e lo psichiatra. L'esistenza stessa di una équipe multidisciplinare induce la persona affetta da disturbi
dell'alimentazione a riflettere sui vari aspetti del proprio disagio.
CONSIGLI PER LA FAMIGLIA
Un intervento tempestivo sul significato del sintomo alimentare nel contesto evolutivo e relazionale può ridurre i rischi di una
cronicizzazione dell'accentuarsi delle dinamiche conflittuali o di incomprensione tra genitori e figli.
Ad esempio:
- i genitori possono migliorare la comunicazione fra tutti i componenti della famiglia, specie con i propri figli;
- i genitori devono evitare di colpevolizzare la famiglia per i suoi cambiamenti di comportamento nei confronti del cibo;
- non è utile che la famiglia si autocolpevolizzi per prima, ma piuttosto che divenga una risorsa costruttiva per i disagi e le sofferenze
della figlia;
- i genitori devono ricordare che il problema alimentare può indicare un disagio psicologico più profondo che necessita di tempo per essere
raccontato, riconosciuto e accolto;
- i genitori non devono insistere e non devono discutere a tavola se la figlia rifiuta il cibo;
- non si dovrebbe accentrare l'attenzione solo sulla figlia e sul suo disturbo alimentare, specie se in famiglia ci sono altri figli;
- non si deve rinunciare alla vita sociale e di relazione della famiglia isolandosi da amici e parenti per nascondere il problema, ma
continuare a proporre il proprio appoggio alla figlia che soffre in ogni possibile situazione critica;
- se la famiglia ha l'abitudine di mangiare riunita è bene cercare di stimolare la ragazza a restare a tavola con gli altri;
- se la ragazza mostra preferenze per particolari cibi si può accontentarla e coinvolgerla nella preparazione in cucina e negli acquisti;
- nessuno, in famiglia, deve assumere il ruolo di controllore del peso della ragazza;
- quando si presenta l'occasione propizia, cercare di entrare in argomento (cibo e salute) con la giovane e semmai demandare un primo
approccio al proprio medico di famiglia che potrà consigliare altri specialisti adatti.
Realizzato con il contributo di
Elisabetta Borghi, psicologa A.M.I.A.
Chiara Cimbro, psicologa e psicoterapeuta A.M.I.A.
Elvira Larosa, psicologa A.M.I.A. esperta di disturbi del comportamento alimentare
(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)