Aumenta l'Italia gioco-dipendente: mezzo milione di malati, 6mila già in cura
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Aumenta l'Italia gioco-dipendente: mezzo milione di malati, 6mila già in cura
Il ministro annuncia cure gratuite, in realtà sono già migliaia i giocatori compulsivi seguiti dai Serd pubblici e dalle associazioni di volontariato. perché il nostro è l'unico paese dove la crisi ha fatto crescere il fenomeno. Casalinghe disperate e giovani i più colpiti
di CATERINA PASOLINI
ROMA - Luca ha 13 anni ed è in cura a Pavia. È malato, malato di azzardo, di gioco, capace di rubare a casa per raccimolare i soldi che gli servono per le macchinette al bar che non potrebbe, per legge, neanche toccare. Sono
100mila, secondo le stime di Alea, associazione per lo studio del gioco, i minorenni come lui che non riescono a stare lontani dalle slot machine, da partite on line, schedine e numeri. L'avanguardia di un esercito drammaticamente in crescita nel nostro paese, dove un teenager su quattro compra un gratta e vinci a settimana e l'11% è a rischio di gioco compulsivo.
Mezzo milione di giocatori patologici - Sono infatti più di 500mila i giocatori patologici in Italia (dati Cnr), un paese dove in azzardo tra schedine e on line, macchinette e gratta e vinci, ogni anno si spendono 80 miliardi di euro, duemila euro a persona in media. Un record che mette l'Italia tra i prini posti al mondo, unica ad aumentare il numero delle giocate da quando è scoppiata la crisi: più 25% ogni anno, mentre nel resto del mondo cala del 5%.
Più vittime nelle fasce deboli - Quasi la metà degli "schiavi" del rischio (40%) sono pensionati, casalinghe, disoccupati, fasce deboli della popolazione che cercano emozione, compensazioni affettive e soldi per arrivare alla fine mese. Tra loro Fabio, Maria, Stefano fanno parte di quelli che hanno deciso di curarsi, di chiedere aiuto dopo che il loro castello di bugie, mezze verità e soldi spariti si è dissolto. E ce la stanno facendo, tra timori e ricadute. "È un anno che ci sto lontano - racconta Fabio, minorenne - , che cambio strada per non entrare nel bar e non vederla. Se tocco quella maledetta macchinetta sono fregato, ho paura mi torni la voglia di giocare come prima e tutta questa fatica finisca in niente. Come un drogato in astinenza di eroina, mi sto curando".
Seimila in cura nei 197 centri delle Asl - Nei giorni scorsi il ministro Renato Balduzzi, rilevata la gravità della situazione, ha dichiarato che in futuro i giocatori patologici devono essere curati gratuitamente dalle Asl, mentre le proposte per limitare il fenomeno, tassare il gioco e trovare fondi, arrivano dal Pd al terzo polo alla commissione affari sociali. La realtà è che da più di un anno già seimila malati sono in terapia nei 197 centri per le dipendenze pubblici (Serd) che, con zero soldi dallo stato in più, si occupano anche dei gamblers oltre che di alcolisti, tossicomani o dipendenti dallo shopping. Altri ancora si appoggiano ad associazioni di volontariato come il gruppo Abele di don Ciotti a Torino che solo in un quartiere cittadino ha decine di giocatori in cura.
Scommettere come una droga - Affrontano uno, due anni di terapia, di incontri settimanali singoli e con
la famiglia, come racconta il professor Maurizio Fea, psichiatra che segue il progetto "Gioco responsabile" e coordina il servizio per tutti i Serd italiani. Lottano per ricominciare a sperare, per non sentirsi in balia di una carta, un numero, un pulsante, col pensiero fisso sulla scommessa. Gli esperti, psicologi, medici, applicano tecniche cognitivo-comportamentali che puntano a cambiare le abitudini, cercando di capire qual è l'occasione che scatena il desiderio. "Il brivido di emozione della scommessa o che da là vincita - spiega Fea - scatena un meccanismo neurobiologico uguale a quello della droga: rilascio di una fortissima dose di dopamina, la sostanza che trasmette una sensazione di piacere, di benessere". E così, ricercando quel piacere, ci si lega alla ripetizione del gesto, della scommessa sperando ogni volta di rifarsi delle perdite. Una discesa che rischia di portare nelle mani degli usurai o, come quell'operaio di Rovereto, a fingere una rapina per giustificare alla moglie i soldi bruciati alle macchinette.
Casalinghe disperate, minori, insospettabili - Chi sono io malati del gioco? Maria è una desperate housewife, una casalinga troppo sola, tradita. Lo butta lì, mentre racconta come in quell'oretta alle macchinette del bar dopo aver accompagnato la figlia a scuola cercava "un momento tutto per me prima delle faccende, una distrazione, un modo per occuparmi di me stessa visto che nessuno lo faceva". All'inizio è una giocata dopo il caffè, poi diventano 50 euro al giorno bruciati alle slot o cancellando i tagliandi della fortuna. "E così comincio a mentire, a fare la cresta sulla spesa, sui soldi che mi dà mio marito per giocare. Fa l'impiegato, si fida o è distratto da altre storie per cui non se ne accorge". Passa un anno, poi i soldi della spesa non bastano più e Maria finisce per svuotare il conto comune. Quando arriva la telefonata della banca è l'inizio della fine. "O forse un nuovo inizio. Adesso ci provo, col gruppo Abele, a capire perché, a cercare di limitarmi, ma è dura, tanto".
Centomila minorenni come Fabio - Secondo alcuni dati, sono centomila i minorenni giocatori compulsivi, a un' età in cui sarebbe vietato anche solo farli giocare una volta. La Casa del Giovane di Pavia ha distribuito a 300 ragazzi di terza media un questionario: è emerso che il 25% ha giocato nell'ultima settimana, il 53% nell'ultimo mese. Il motore è la ricerca di sensazioni estreme. "Sono come in preda a un raptus. Se chiedi loro quanto hanno scommesso non te lo sanno dire", spiega lo psicologo. "Era iniziata bene - racconta Fabio - , 150 euro vinti con la macchinetta, la soddisfazione, il brivido dei soldi facili, gli amici che ti guardano come un vero figo. Poi però non è più succcesso, ma io sono convinto che il mio momento tornerà e continuo a giocare. I soldi non li ho, li prendo dai portafogli dei miei, sono separati. A mia nonna ho arraffato un po' di soldi della pensione. E' un prestito, mi dico, poi glieli rendo, domani vinco, mi ripeto". Ma quel domani vittorioso non arriva mai e Fabio continua tra furtarelli e macchinette fino al giorno in cui il padre lo scopre. Ora sono tutti in cura, sedute singole e familiari da più di un anno. "Passo davanti al bar e tiro dritto, ma è come se fossi un drogato in astinenza, come uno che cerca di smettere di fumare. Troppi tabaccai in giro".
Chi si gioca la liquidazione - Tra quei seimila in cura nei Serd il 40% sono precari, disoccupati, pensionati, casalinghe, che ai medici raccontano di essere capaci di spendere dai 100 ai 1000 euro a settimana. Ma anche cifre più grosse che non hanno, impegnandosi passato e futuro. Come Stefano, impiegato torinese sulla soglia
della pensione. Prima al massimo aveva giocato la schedina. Poi gli anni sono passati, sono cresciute le delusioni, il senso di insoddisfazione, poca voglia di tornare in famiglia, mentre le soste al bar o alla sala giochi diventano sempre più lunghe. "Non so cosa cercavo - spiega - , l'emozione che non trovavo a casa, quel momento in cui ti senti vivo, vincente. Ho sempre pensato adesso gira giusta, adesso riguadagno quello che ho perduto. Niente. Mi sono bruciato la liquidazione, a mia moglie ho detto che l 'avevo investita. E quando ha scoperto il mio ammasso di bugie, mi è andata bene: è rimasta al mio fianco, anche se il giorno prima stavo per vendere la casa dove abitavamo pur di continuare a giocare. Adesso siamo tutti in cura. Sperando di farcela, insieme". Anche questa è una scommessa.
(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)