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Auto-aiuto, una strada per uscire dall'alcolismo

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Auto-aiuto, una strada per uscire dall'alcolismo
Le dipendenze coinvolgono oltre al malato anche chi gli è vicino. Parlano i membri del gruppo Alanon che raccoglie i familiari di etilisti
Una porticina seminascosta tra i palazzi che circondano piazzale Anna Frank. E' da qui che si accede alla sede perugina di Alcolisti Anonimi,

l'associazione che da 30 anni, in Umbria, aiuta chi ha problemi di dipendenza da alcol ad uscire da un tunnel, considerato da molti senza

uscita. E' qui che ogni settimana si riuniscono persone che hanno conosciuto quel pozzo senza fondo che è la dipendenza e che dandosi una

mano a vicenda sono riusciti a risalire.
Tra i membri del gruppo ce ne sono molti che non toccano una goccia d'alcol da anni, eppure tornano qui ad ogni appuntamento, per tendere la mano, gratuitamente, a chi ancora è sospeso sull'orlo del baratro.
Si riuniscono in una sala bianca, semplice e armoniosa allo stesso tempo. Sulle pareti le foto dei fondatori dell'associazione e i Dodici

Passi, i pilastri del programma di recupero che sorreggono la loro ritrovata serenità, la loro rinascita.
Qui non esistono feste comandate. A Natale,come a Ferragosto, nei giorni delle riunioni, c'è sempre qualcuno a tendere la mano a chi ne ha

bisogno, così come è stato fatto con lui quando era disperato.
Il martedì, il giovedì e il sabato, alle 18, una dopo l'altra varcano la porta della sede una trentina di persone. Ad un certo punto, il

gruppo si divide. Parte entra nella stanza bianca, altri si dirigono invece nella stanza attigua: sono i familiari e gli amici degli

alcolisti, nome in "codice" Alanon.
E già, perché l'alcolismo è una malattia che non si limita ad aggredire chi ha problemi di dipendenza da alcol, ma investe tutte le persone

legate in maniera, più o meno diretta, al malato. Quando è l'alcol a comandare tutti precipitano e risollevarsi non è scontato per nessuno.
Dopo aver trattato, molte volte nel corso degli anni, il problema dell'alcolismo attraverso il racconto di chi è stato dipendente dalla

sostanza, questa volta il Giornale dell'Umbria ha deciso di sondare la realtà di questa malattia, purtroppo molto diffusa, attraverso l'

esperienza di chi a sua volta si è ammalato stando vicino all'alcolista, familiari e amici, appunto.
Con grande disponibilità gli Alanon hanno accettato di rispondere ad alcune semplici domande, nella speranza di poter essere, in questo modo, di aiuto a chi vive lo stesso problema che è stato il loro. Nel gruppo ci sono uomini e donne di tutte le età. Sono madri, padri, figli e figlie, mariti o moglie di alcolisti, amici.
Partiamo da una domanda che forse può sembrare scontata, che cos'è l'alcolismo?
"La domanda non è per nulla scontata. Molti di noi, prima che il nostro familiare iniziasse il cammino di recupero erano convinti che il

problema fosse solo ed esclusivamente legato alla sostanza. In altri termini erano persone che si erano fatte sopraffare dall'alcol e che non

smettevano perché non volevano o perché non avevano forza di volontà.
Qui abbiamo scoperto che l'alcolismo è una malattia a tutti gli effetti. L'Organizzazione mondiale della Sanità riconosce l'alcolismo come

una malattia che può essere fermata, ma non guarita. Uno dei sintomi è il desiderio incontrollabile di bere. Non solo. L'alcolismo è una

malattia progressiva. Finché gli alcolisti continuano a bere, il loro bisogno di bere peggiora via via. Se la malattia non viene fermata può

condurre alla pazzia o alla morte".
Esiste una cura?
"L'unico modo per fermarla è l'astinenza totale. L'alcolismo è infatti una patologia che dura tutta la vita. Ormai le voci più autorevoli nel

campo sono concordi nell'affermare che, anche dopo anni di sobrietà, gli alcolisti non potranno più controllarsi di fronte all'acol se

ricominciano a bere. Detto questo, oggi per l'alcolismo vi sono varie cure che possono avere successo. L'associazione degli Alcolisti

Anonimi è la più conosciuta ed è considerata tra le più efficaci. L'alcolismo non è più una malattia senza speranza, purché sia riconosciuta

e curata".
Ma in cosa consiste la cura?
"L'alcolismo è una malattia che mina l'equilibrio del malato dal punto di vista fisico, psicologico e relazionale. Il programma di recupero

di A.A. è volto a riconoscere le problematiche comportamentali e le loro ripercussioni sul benessere relazionale.
Qui dentro non ci sono medici e esperti. Chi vuole, chi lo ritiene opportuno, si affida per le cure specialistiche a degli specialisti. Un

percorso non esclude l'altro, anzi, le cure mediche e l'aiuto-aiuto spesso si completano. Qui noi condividiamo le nostre esperienze positive

e negative. Parliamo dell'inferno dell'alcol, ma anche della normalità che, per chi in passato l'ha persa e poi la ritrova, diventa un

piccolo paradiso".
Si può tracciare un identikit del malato?
"Qualunque tipo di persona può diventare alcolista: giovani e vecchi, ricchi e poveri, colti e ignoranti, professionisti e operai, casalinghe

e donne in carriera. Solo una minima percentuale degli alcolisti sono dei barboni o dei vagabondi. Gli altri hanno famiglia, amici, lavorano

e vanno avanti abbastanza bene, ma la loro vita viene in qualche modo influenzata dal bere. La loro vita in famiglia, i loro rapporti sociali

o il loro lavoro possono soffrirne.
L'alcolismo può compromettere tutte e tre le cose. L'alcolista è una persona il cui consumo di alcol provoca problemi continui e sempre

crescenti, che rovinano tutta la sua vita".
Come si manifesta l'alcolismo?
"Qui in Alanon non generalizziamo. Ogni storia è una storia a sé. E ognuno racconta solo la sua di storia e si astiene dal dare consigli agli

altri. All'interno degli infiniti universi che ogni individualità presenta, ci sono però dei tratti comuni. Gli alcolisti bevono perché

credono di non poterne fare a meno. Usano l'alcol come una stampella e una scappatoia.
Sono emotivamente angosciati e usano l'alcol per superare l'angoscia. A volte dipendono talmente tanto dalla sostanza che finiscono per

convincersi di non poter vivere senza. In altri termini, l'alcol è per loro un'ossessione".
Voi dite che l'alcolismo è una malattia della famiglia, in che senso?
"In Alanon, quando si dice che l'alcolismo è una malattia della famiglia si intende dire che l'alcolismo di un membro coinvolge tutti e tutti

si ammalano. Perché succede questo? Succede perché, a differenza del diabete l'alcolismo non si manifesta solo nel corpo dell'alcolista, ma è

anche una malattia delle relazioni.
Molti sintomi dell'alcolismo si riscontrano nel comportamento dell'alcolista. Le persone coinvolte con l'alcolista reagiscono al suo

comportamento. Cercano di controllare, accomodare o nascondere. Spesso si sentono in colpa e questo li ferisce. Infine cominciano essi stessi a soffrire di disturbi emotivi".
Che l'alcolismo sia una malattia della famiglia è stato dimostrato scientificamente?
"In parte. I medici hanno spesso osservato che spesso in una famiglia esiste più di un alcolista; per questo hanno stabilito che esiste una

tendenza familiare allo sviluppo dell'alcolismo, così come esiste una tendenza familiare allo sviluppo del diabete. Negli ultimi anni gli

studi di genetica hanno individuato una correlazione tra alcuni tipi di geni e lo sviluppo della malattia. Anche se al momento non si è

arrivati ad individuare un gene direttamente e univocamente responsabile dell'alcolismo".
Trattando l'identikit dell'alcolista, abbiamo detto che per lui l'alcol è un'ossessione, una dipendenza e una compulsione. Quali sono i

sintomi della famiglia malata di alcolismo?
"Partiamo dall'ossessione. La famiglia spesso finisce per essere ossessionata dal comportamento dell'alcolista proprio come lo è lui, solo

che i familiari cercano di trovare una soluzione per farlo smettere, mentre l'alcolista cerca di trovare il modo per continuare.
Il risultato della loro ossessione è che i familiari finiscono per dimenticare ogni altra cosa. I figli vengono trascurati, si lasciano

perdere gli amici, gli interessi esterni vengono ridotti e le responsabilità vengono dimenticate. I non alcolisti impiegano gran parte del

loro tempo a cercare la maniera di cambiare l'alcolista, ma non c'è niente che funzioni".
Quindi i familiari di un alcolista vivono in una situazione di ansia perenne?
"Quando l'alcolista si mette nei guai a causa del suo bere, la famiglia si preoccupa. I familiari sono così spaventati dalle possibili

conseguenze, che fanno di tutto pur di proteggerlo. Fanno il suo lavoro, pagano i suoi conti, lo tolgono dai pasticci, accomodano i suoi

sbagli, dicono bugie per lui. Senza accorgersene fanno sì che possa continuare a bere. Non sanno che, cercando di rimuovere tutti gli

spiacevoli risultati causati dal bere, non fanno altro che riaffermare la convinzione dell'alcolista che per quanto lui possa bere non

accadrà mai nulla di spiacevole".
Se la famiglia è costantemente impegnata nel tentativo di separare il parente dalla bottiglia e non ci riesce, in queste case regnerà sovrana la rabbia, suppongo?
"Frustrati dal comportamento dell'alcolista e dalla propria incapacità di controllarlo, pensando che l'alcolista beva di proposito perché non

li ama, i familiari si rivolgono a lui con rabbia. Essi discutono e litigano, si insultano a vicenda, cercano di rendere la pariglia per

tutto il male che hanno sofferto. La casa diventa un campo di battaglia. Non capiscono che l'alcolista beve perché non può farne a meno, e

che si odia per questo. Punendolo per il suo comportamento, lo convincono che nessuno lo può amare. Questo scaccia da lui i sensi di colpa

per il fatto che ha bevuto, poiché, essendo già punito per il suo bere dal disprezzo dei familiari, gli sembra che la lavagna sia stata

cancellata. Pensa di aver pagato per il suo comportamento, così può continuare a bere".
Un vero e proprio inferno...
"Un inferno tale che altra caratteristica dell'alcolista e della sua famiglia e il rifiuto della realtà. L'alcolista nega di avere un problema. Nega di avere bisogno di aiuto. Promette di non bere mai più. Accettando le sue promesse, anche la famiglia nega il suo problema.

E' come dire che pensano che l'alcolista si comporti in quel modo di proposito. Non accetterebbero le sue promesse se capissero che è malato e che non può farci nulla. Negano il problema quando lo nascondono agli altri e pretendono che non esista. Negano il problema quando fanno minacce e non le mantengono.
I familiari dell'alcolista spesso dicono una cosa e ne fanno un'altra. Non si rendono conto che lui recepisce quello che fanno e non quello che dicono".
Se questo stato di cose è duro per un genitore o per un coniuge ancora più devastante deve essere per un figlio, che in questo clima si trova a crescere?

"Come figli di alcolisti noi siamo coinvolti in molti modi. Possiamo essere offesi direttamente dal comportamento dell'alcolista,

specialmente se c'è violenza. Quando beve, l'alcolista, spesso, fa promesse che non può mantenere o non ricorda di averle fatte. Possiamo

avere difficoltà ad accettare tutto questo prima di capire la malattia. Oppure ci possono essere problemi economici. Forse ci vergogniamo

del nostro ambiente familiare o temiamo di trovarci in imbarazzo di fronte ai nostri amici. Possiamo perfino incolparci per il bere dell'

alcolista. Anche il genitore non alcolista può dare dei problemi, come risultato della sua preoccupazione per il problema del bere, forse ci

trascura, è irritabile, incoerente, insistente, confuso. Potrebbe cercare di indurci ad aiutarlo a controllare l'alcolista, sorvegliandolo,

restando in silenzio per non disturbarlo, andando a prenderlo al bar, dicendo bugie per nascondere il problema ai vicini. E' facile capire

che anche noi abbiamo bisogno di aiuto. Quando l'alcolista smette di bere anche noi dobbiamo resettare la nostra vita, imparare quello che

non abbiamo imparato: vivere in maniera sana, in un ambiente sano".


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)